Nel 1964, nell'ambito della ricerca di uno schema di classificazione delle nuove
particelle elementari, mesoni e barioni, che erano state scoperte a partire dal 1947,
propose uno schema unitario di classificazione, basato su ottetti di particelle , che
venivano considerate non più elementari, ma costituite dall'unione di due o tre
particelle veramente elementari, con carica frazionaria (2/3 o 1/3 di quella
dell'elettrone) e spin 1/2, cui diede il misterioso nome di "quark".
I tre quark indicati con i simboli u (up), d (down) ed s (strange) si associano tra
loro a gruppi di 3 per formare i barioni (protone, neutrone e particelle con massa
maggiore di quella protonica), mentre per formare i mesoni si considerano coppie
quark-antiquark , essendo gli antiquark /u, /d, /s le antiparticelle dei quark u,d,s.
Nell'ambito del suo schema unitario, Gell-Mann riuscì inoltre a prevedere l'esistenza e
la massa di un nuovo barione, W-, che fu scoperto poco dopo,
fornendo una brillante conferma della validità del modello a 3 quark, che costituì la
base per lo sviluppo dell'attuale "modello standard".
Gli fu conferito il premio Nobel nel 1969.
Sin dai primi anni '60, indipendentemente l'uno dall'altro, nel contesto di un lavoro
di unificazione, il cui primo esempio risale a Maxwell, che trattò unitariamente i
fenomeni elettrici e magnetici, elaborarono la teoria unificata delle forze
elettromagnetiche e deboli (teoria elettrodebole), utilizzando ed estendendo le tecniche
di calcolo introdotte da Feynmann e Schwinger per il perfezionamento dell'elettrodinamica
quantistica , ed ipotizzando, analogamente a quanto fece il fisico giapponese Yukawa nel
1935 per la teoria delle interazioni forti, lo scambio di tre particelle virtuali pesanti,
mediatrici della forza elettrodebole.
Le suddette particelle, indicate con i simboli W+, W- e Z°, sono dei bosoni vettoriali
intermedi con spin unitario e masse molto maggiori di quella del protone, intorno a 100
masse protoniche.
Un valore così elevato della massa-energia dei tre bosoni vettoriali virtuali, mediatori
dell'interazione, rende conto, per analogia con le stime fatte da Yukawa relativamente
alla massa del mesone p (pione), del cortissimo raggio d'azione
della forza debole (10-15 cm, un milionesimo di miliardesimo di centimetro),
imposto dai principi di indeterminazione e di conservazione dell'energia.
Con lo scambio dei bosoni carichi W+ e W- si spiega anche il decadimento b, la cui prima teoria fu sviluppata da Enrico Fermi nel 1934.
Per esempio, in un nucleo atomico, la trasformazione di un neutrone in un protone con
l'emissione di un elettrone e di un antineutrino, si spiega con lo scambio tra neutrone e
protone, di un bosone virtuale W-, che decade in una coppia elettrone-antineutrino;
analogamente si spiega, con lo scambio di un bosone virtuale W+, il decadimento b con emissione di positroni (interazioni con corrente debole
carica).
Il bosone neutro Z° serve invece a mediare la forza debole nei casi in cui non vi sia
trasferimento di carica elettrica (interazione con corrente debole neutra), per esempio
nell'interazione tra un elettrone ed un positrone che scompaiono dando origine ad un
bosone Z°, che subito dopo decade in una coppia muone-antimuone.
Dimostrarono che le forze elettromagnetiche e le forze deboli derivano da un'unica forza,
detta forza elettrodebole, che , per rottura di simmetria alle basse energie, si
differenzia in esse.
Si verifica infatti sperimentalmente che la forza debole aumenta al crescere dell'energia,
fino ad assumere a circa 100 Gev la stessa intensità della forza elettromagnetica.
Fu conferito loro il premio Nobel nel 1979.
Carlo Rubbia ,che già nei primi anni '70 aveva contribuito presso il CERN (Ginevra) ad
importanti esperimenti di rivelazione delle correnti deboli neutre prodotte da intensi
fasci di neutrini, programmò tutta una serie di importanti esperimenti finalizzati alla
rivelazione dei bosoni vettoriali intermedi previsti dalla teoria elettrodebole.
Le eccezionali capacità di ricercatore e di manager di Carlo Rubbia, che si avvalse della
preziosa esperienza di Van Der Meer nel riutilizzare, potenziandoli, i rivelatori e gli
acceleratori di particelle esistenti, consentirono di realizzare in tempi brevi l'intero
progetto di ricerca e di ottenere nel 1983 abbondanti ed evidenti prove dell'esistenza dei
bosoni W e Z° e della validità della teoria elettrodebole.
Fu conferito loro il premio Nobel nel 1984.