R. Lo spazio-tempo è formato dall'intima unione dell'ordinario spazio tridimensionale
con il tempo, che rappresenta la quarta dimensione della realtà.
Si potrebbe assimilare lo spazio-tempo ad un immenso rotolo di nastro, che al momento
della creazione dell'universo era tutto arrotolato: con l'evolversi dell'universo il
nastro, che rappresenta lo spazio, si è srotolato nel passato, si srotola nel presente e
continuerà a srotolarsi nel futuro, finchè l'universo esisterà.
Anche se il nastro ha due sole dimensioni , lunghezza e larghezza, questo modello rende
bene l'immagine del tempo che passa, mentre il nastro si srotola .
Per rappresentare più efficacemente l'evolversi dell'universo nello spazio-tempo, si può
immaginare una sfera di materiale elastico, puntiforme al momento della creazione (big
bang - grande scoppio) , che si sia espansa uniformemente, fino a rappresentare il cosmo
come ci appare attualmente, con centinaia di miliardi di galassie le cui distanze
aumentano continuamente, rendendolo sempre meno denso di materia e sempre meno luminoso
(l' espansione dell'universo fu scoperta dall'astronomo Hubble negli anni '20).
L'evoluzione cosmica sta scritta nello spazio-tempo, che ha la stessa età dell'universo
(stimata attualmente in 15 miliardi di anni).
R. Perchè la misura della durata di qualsiasi fenomeno fisico, per
esempio quella di un flash emesso da una sorgente luminosa, se viene eseguita,
indipendentemente, da un osservatore in quiete rispetto alla sorgente e da un osservatore
in movimento rispetto ad essa (per esempio da un osservatore a bordo di un aereo),
fornisce valori tanto più diversi quanto maggiore è la velocità dell'osservatore in
movimento.
In particolare, l'intervallo di tempo misurato dall'osservatore in moto rispetto alla
sorgente risulta maggiore dell'intervallo di tempo misurato dall'osservatore in quiete
rispetto ad essa.
Questo si verifica perchè, mentre per Galilei e Newton la misura di un intervallo di
tempo è assoluta, cioè indipendente dal moto di chi osserva un fenomeno fisico,
nell'ambito della Teoria della Relatività di Einstein la misura di un intervallo di tempo
dipende dalla velocità dell'osservatore.
Pertanto si parla di tempo proprio (o locale) Dtp , misurato da un osservatore in quiete rispetto
al sistema di riferimento nel quale ha luogo un fenomeno fisico e di tempo non locale Dtnl
, misurato da un osservatore in moto rispetto al predetto sistema di
riferimento.
Ovviamente le differenze tra i valori misurati dai due osservatori risultano, in pratica,
significative soltanto se la velocità v dell'osservatore non
è troppo piccola rispetto quella della luce nel vuoto (c = 300000
km/s): Dtnl = Dtp : radice quadrata di (1 - v2/c2).
Poichè la misura di un intervallo tempo dipende dal sistema di riferimento nel quale si
trova l'osservatore, nella fisica relativistica (einsteiniana), a differenza di quanto si
verifica nell'ambito della fisica newtoniana, non si può considerare assoluta una misura
di tempo, e si introducono pertanto i concetti di spazio-tempo (cronotopo) e di evento
spazio-temporale (punto-evento dello spazio-tempo individuato da 4 parametri , che
rapprentano le 3 coordinate spaziali e la coordinata temporale) .
Le misure di lunghezza e di tempo relative ad un esperimento (per esempio, quelle relative
alla lunghezza ed al periodo di oscillazione di un pendolo), che programmiamo di eseguire
all'interno di una carrozza ferroviaria, sono valide rispetto al treno, che rappresenta il
nostro sistema di riferimento.
Un altro osservatore, a bordo di un' auto, potrebbe osservare a distanza l'esperimento
attraverso un binocolo e misurare la lunghezza ed il periodo del pendolo rispetto al
proprio sistema di riferimento, l'auto, in moto rispetto al treno.
L'osservatore sull' auto rileverebbe una lunghezza lievemente minore (contrazione delle
lunghezze) ed un periodo lievemente maggiore (dilatazione del tempo) rispetto ai valori
rilevati dall'osservatore a bordo del treno.
Infatti l'osservatore a bordo dell'auto, per effettuare le misure utilizza la luce
proveniente dal pendolo, ed il ritardo, sia pure piccolissimo, associato al cammino dei
raggi luminosi , che si propagano con velocità c, influenza
sia la valutazione della lunghezza che quella del periodo di oscillazione.
La dipendenza delle misure di tempo e di lunghezza dal sistema di riferimento verrebbe
meno se la velocità della luce fosse infinita, cioè se le onde elettromagnetiche (e la
luce, che è costituita da onde elettromagnetiche) si propagassero istantaneamente.
In tal caso un osservatore in quiete ed uno in moto rileverebbero gli stessi valori.
R. Un oggetto o un essere vivente sono fatti di materia, e la materia è fatta di
microsistemi, gli atomi dei 92 elementi chimici esistenti in natura, dal più leggero,
l'idrogeno, al più pesante , l'uranio.
Gli atomi dei vari elementi si aggregano tra loro secondo le leggi della chimica per
formare i cristalli e le molecole di tutti i composti chimici di cui sono fatti tutti
gli oggetti e tutti gli esseri viventi.
Le molecole dei metalli (rame,argento,zinco...ecc.) sono monoatomiche, quelle dei
metalloidi (carbonio,fosforo, ossigeno,zolfo... ecc.) biatomiche o pluriatomiche a seconda
dell'elemento chimico che si considera; per esempio le molecole di molti elementi chimici
gassosi (idrogeno,cloro, azoto, ecc.) sono formate da due atomi.
Gli atomi sono costituiti da un nucleo centrale, fatto di protoni con carica elementare
positiva e di neutroni privi di carica elettrica, e da una nuvola di elettroni con carica
elementare negativa, distribuiti attorno al nucleo con una densità che dipende dall'
elemento chimico considerato.
Dal numero degli elettroni (numero atomico Z) ,che negli atomi elettricamente neutri (non
ionizzati) coincide con quello dei protoni del nucleo, dipendono le proprietà chimiche
che caratterizzano l'elemento.
La quantità di materia che forma un oggetto inerte o un essere vivente è associata ad
una proprietà fisica fondamentale: la massa o inerzia.
Un camion o un elefante possiedono una massa molto maggiore di quella di una pallina da
tennis, e questo implica risposte (accelerazioni) molto diverse ad una forza della stessa
intensità.
Infatti la seconda legge fondamentale della meccanica (scoperta da Galileo Galilei ed
inclusa da Isacco Newton nei suoi "Principia mathematica philosophiae naturalis")
afferma che l'accelerazione (variazione di velocità per unità di tempo) impressa da una
forza ad un corpo , inizialmente in quiete o in moto rettilineo uniforme con una data
velocità iniziale, è direttamente proporzionale all'intensità della forza applicata.
D'altra parte, applicando la stessa forza a corpi di massa diversa, si ottengono
accelerazioni inversamente proporzionali alla massa del corpo.
Applicando la stessa forza di 200 kg-peso ad un corpo avente una massa di 1000 kg, e
successivamente ad un corpo di massa doppia, si ottiene nel secondo caso un' accelerazione
dimezzata.
La massa di un corpo, detta più precisamente massa inerziale, rappresenta l'attitudine di
un corpo a resistere all'accelerazione prodotta da una forza.
Quanto minore è la massa di un corpo,tanto più il corpo viene accelerato (o decelerato)
da una data forza.
La seconda legge fondamentale della meccanica si può esprimere con la seguente formula
(approssimata, in quanto si considera, per semplicità, l'accelerazione media del corpo
invece di quella istantanea):
F = M a = M (Vfin - Vin)/(Tfin - Tin),
dove a è l'accelerazione media , espressa
dal rapporto tra la variazione (aumento o diminuzione di velocità = velocità finale -
velocità iniziale) e l'intervallo di tempo corrispondente (Tfin - Tin).
Dalla formula si deduce che, mantenendo costante la forza F applicata ad un corpo, se raddoppia la massa M del corpo, l'accelerazione a
si dimezza e che, viceversa, se M si dimezza, a raddoppia.
Per avere un primo esempio applicativo di questa legge, possiamo considerare la forza
frenante F necessaria per arrestare il moto di un
veicolo: a parità di velocità e di tempo di frenata, la forza d'attrito (forza
resistente) che devono esercitare i freni è direttamente proporzionale alla massa M del veicolo.
Analogamente, la forza motrice F necessaria
per accelerare un veicolo dalla quiete fino ad una data velocità in un intervallo di
tempo assegnato, è direttamente proporzionale alla massa M
del veicolo.
Così anche la forza impulsiva che si sviluppa in caso di collisione del veicolo contro un
ostacolo o contro un altro veicolo, è direttamente proporzionale a M, a parità di velocità del veicolo e di durata dell'impatto.
Infatti il veicolo, in fase di accelerazione o di decelerazione, è soggetto ad una forza F = M a = M DV/Dt , proporzionale alla
massa (inerzia) M ed avente rispettivamente lo
stesso verso della velocità o il verso opposto.
Se si richiedono un tempo ed uno spazio di frenata minori, bisogna aumentare
proporzionalmente la forza frenante F per ottenere
la stessa variazione di velocità DV (e di quantità di moto M
DV)
in un intervallo di tempo Dt
minore.
Con le stesse considerazioni si spiega la protezione assicurata da un corpo elastico
interposto nell'urto tra un corpo in moto ed un ostacolo rigido (si pensi ad un materasso
pneumatico utilizzato per attutire gli effetti dell'urto prodotto dalla caduta libera di
una persona da un' altezza di qualche metro).
Pur essendo notevole la velocità prima dell'urto, l'elasticità e la cedevolezza del
mezzo elastico interposto determinano un aumento dell'intervallo di tempo necessario per
ridurre a zero la velocità durante l'urto; pertanto diminuiscono notevolmente la
decelerazione a = DV/Dt (accelerazione negativa durante l'urto) e con essa la
forza impulsiva F = Ma, proporzionale ad a.
R. Quando eseguiamo un lavoro manuale, per esempio per sollevare un oggetto molto
pesante, avvertiamo la fatica ed abbiamo la sensazione che il nostro corpo abbia speso
"qualcosa" per svolgere quel lavoro; è stata spesa una certa quantità di
energia.
In questo caso il lavoro manuale è stato eseguito impegnando i muscoli del nostro corpo,
che non sono altro che veri e propri motori biologici che convertono in lavoro meccanico
le riserve di energia accumulate attraverso i complessi processi biochimici che
intervengono tutte le volte che ingeriamo del cibo per alimentarci.
Svolgendo lavoro meccanico su un oggetto, non facciamo altro che applicare ad esso delle
forze (motrici) che ne aumentano la velocità, contrastando l'azione di altre forze
(resistenti) che si oppongono al movimento.
Nel caso del corpo sollevato ad una certa altezza, la forza che si oppone al movimento
(forza resistente) è la forza di gravità, cioè il peso.
Affinchè il corpo possa essere sollevato ad una data altezza h,
è necessario applicare ad esso una forza motrice che superi il peso.
Quanto maggiore è l'altezza (spostamento verticale subito dal corpo), tanto maggiori
risultano l'energia spesa ed il lavoro meccanico eseguito
L= Fh , che in questo caso particolare deve superare il prodotto del peso P dell'oggetto per lo spostamento verticale h.
Se per esempio solleviamo a 2 metri dal suolo un oggetto del peso di 50 kg , eseguiamo un
lavoro maggiore di 50 kg-peso x 2 metro = 100 kgm (chilogrammetri - kgm), spendendo
un'energia maggiore di 100 kgm.
Quindi un corpo o un sistema (nel nostro caso il sistema è il nostro corpo) possiedono
energia se sono in grado di compiere lavoro su uno o più corpi o su un altro sistema.
Viceversa, se su un corpo o su un sistema viene eseguito del lavoro meccanico da uno o
più corpi o da un altro sistema, viene accumulata energia, che potrà essere utilizzata
successivamente.
R. Il modo più semplice per accumulare energia consiste nel fare acquisire velocità
ad un corpo; si parla in questo caso di energia cinetica o di moto, in quanto una massa M qualsiasi, accelerata da una forza fino a raggiungere
una certa velocità V , se urta contro uno o più
corpi ,è in grado di compiere lavoro su di essi accelerandoli durante l'urto e cedendo
una parte più o meno grande dell'energia cinetica accumulata, a seconda delle masse in
gioco nell' urto e del tipo d'urto.
L'energia cinetica di un corpo è direttamente proporzionale al quadrato della velocità
ed è data dalla formula
Ec = (1/2) M V2.
Se la velocità di un corpo raddoppia, l'energia cinetica quadruplica.
Questo che spiega l'esigenza di moderare la velocità di un veicolo per limitare i danni
conseguenti ad urti contro altri veicoli.
Gli urti si definiscono elastici, se si conserva l'energia cinetica totale accumulata dai
corpi prima dell'urto, cioè se l'energia cinetica totale dopo l'urto risulta uguale a
quella iniziale.
In pratica gli urti non sono mai completamente elastici, in quanto una parte più o meno
grande dell'energia cinetica totale dei corpi prima dell'urto, viene spesa per deformare
la struttura di essi in modo irreversibile, come si verifica nei violentissimi urti
frontali tra due veicoli o nell'urto di un veicolo contro un muro.
Il lavoro che viene compiuto dalle intense forze impulsive che agiscono durante un urto
anelastico (non elastico) si converte in calore per il primo principio della termodinamica
, in modo analogo a quanto si verifica battendo un chiodo con un martello o piegando più
volte un pezzo di metallo; il lavoro di deformazione si trasforma in calore.
Urti approssimativamente elastici si possono considerare quelli che avvengono tra palle da
biliardo o tra le molecole di un gas.
Ricordiamo che, oltre all'energia muscolare animale ed umana, l'energia cinetica dei venti
e delle masse d'acqua è stata l'unica fonte energetica naturale largamente sfruttata nei
secoli scorsi per produrre forza motrice, prima dell' utilizzazione industriale dei motori
termici ed elettrici.
Tuttora, una percentuale piccola, ma non trascurabile, dell'energia elettrica prodotta, è
di origine idrica o eolica.
L'energia si può accumulare sotto altre forme:
Viene accumulata come energia potenziale (o di posizione) in tutti i sistemi costituiti da masse distanziate nello spazio (sistemi di corpi, masse solide e liquide situate ad una data altezza rispetto al suolo).
Viene accumulata come energia potenziale in un corpo elastico, per esempio in una molla, oppure comprimendo un gas in una bombola.
Si libera nelle reazioni chimiche in virtù dell' energia di legame tra gli atomi che interagiscono per formare le molecole ed i cristalli degli elementi naturali e dei composti chimici.
Corrisponde all'energia cinetica delle molecole che costituiscono la materia.
Entra in gioco negli scambi energetici che si verificano tra solidi, liquidi,gas e vapori
per effetto di differenze di temperatura, che corrispondono a differenze di velocità e di
energia cinetica delle molecole.
In particolare l'energia termica accumulata in un fluido (liquido, gas o vapore), che si
comporta da accumulatore termico, può essere trasformata in energia meccanica nelle
macchine termiche (a vapore ed a combustione interna), sfruttando la differenza di
temperatura esistente tra la sorgente termica che riscalda il fluido e l'ambiente esterno.
Nelle macchine frigorifere e negli impianti di climatizzazione si sfrutta il principio
della pompa di calore, che consiste nel trasferire calore da un ambiente ad un altro a
temperatura maggiore, attraverso la compressione di un gas o di un vapore, ottenuta a
spese di energia meccanica (elettrica).
Nella prima fase del ciclo termodinamico, l'ambiente a temperatura minore, attraverso i
serpentini dell'evaporatore, cede calore ad un gas o ad un vapore liquefatti, provocandone
il passaggio allo stato gassoso; successivamente il gas o il vapore vengono liquefatti per
compressione, a spese dell'energia elettrica assorbita per far funzionare il compressore,
cedendo calore all'ambiente a temperatura maggiore, attraverso i serpentini del
condensatore.
Il calore trasferito all' ambiente a temperatura maggiore uguaglia la somma del calore
ceduto dall' ambiente a temperatura inferiore e dell' energia elettrica trasformata in
lavoro meccanico, trascurando le perdite del sistema causate dalle forze d'attrito e dalla
resistenza elettrica degli avvolgimenti del motore (energia elettrica non convertita in
energia meccanica).
Viene prodotta dai generatori elettrici sfruttando varie forme di energia primaria
(cinetica, gravitazionale, termica,chimica, nucleare, solare).
Viene immagazzinata come energia elettrostatica nei condensatori (mediante il campo
elettrico stazionario esistente tra le armature) e sotto forma di energia chimica negli
accumulatori (pile secondarie).
Viene accumulata nel campo magnetico generato dai magneti permanenti (calamite naturali o artificiali) e dagli elettromagneti (elettrocalamite con avvolgimento di filo di rame o di lega superconduttrice).
Si libera nelle reazioni nucleari di fissione e fusione.
Nei nuclei instabili degli elementi più pesanti (uranio,plutonio,torio) le forze
elettriche con cui i protoni (nuclei degli atomi d'idrogeno dotati di carica elementare
positiva) si respingono tendendo a disgregare il nucleo, sono equilibrate in modo alquanto
precario dalle forze nucleari attrattive che si esercitano tra tutti i nucleoni (protoni e
neutroni) ,mantenendo compatto il sistema di nucleoni.
Pertanto basta che il nucleo venga urtato da un neutrone lento, perchè le forze
elettriche repulsive prevalgano su quelle nucleari attrattive, causando la fissione
(scissione) del nucleo in due frammenti (nuclei di elementi più leggeri dell'uranio) più
1 o 2 neutroni , con emissione di una notevole quantità di energia cinetica, che si
trasforma in calore.
I nuclei degli elementi leggeri (idrogeno,deuterio,trizio) possono invece subire, a
temperature elevatissime (almeno decine di milioni di °C), la fusione termonucleare per
formare neutroni e nuclei di elio, liberando una grandissima quantità di energia,
corrispondente all'energia di legame dei nuclei di elio che si formano.
R. Prima della formulazione della teoria einsteiniana , si consideravano separatamente
i fondamentali principi di conservazione della massa e dell'energia.
Il principio di conservazione della massa, formulato nel diciottesimo secolo dal chimico
Lavoisier e già espresso da Lucrezio nel poema
"De rerum natura", consiste nel considerare costante ed indistruttibile
la quantità di materia presente in natura: in un sistema qualsiasi e, per estensione,
nell'universo la quantità totale di materia è sempre la stessa; la materia può subire
trasformazioni fisico-chimiche, ma non si distrugge ("in natura nulla si distrugge
, tutto si trasforma").
Il principio di conservazione dell'energia , formulato nel diciannovesimo secolo, afferma
che, qualunque sia la forma di energia che si considera (meccanica, termica, elettrica,
...), in un sistema qualsiasi e, per estensione, nell'universo, la quantità totale di
energia è costante.
Einstein dimostrò che i due principi non sono altro che due facce della stessa medaglia, il
principio di conservazione della massa e dell'energia, che afferma che in un sistema
qualsiasi e, per estensione, nell'universo, la massa si può trasformare in energia e,
viceversa, l'energia si può trasformare in massa, come in pratica si verifica nelle
reazioni nucleari ed in quelle tra particelle subnucleari .
In sostanza, nel bilancio energetico di qualsiasi sistema bisogna includere il termine M c2 , dove M
rappresenta la somma delle masse di tutti i corpi che formano il sistema, valutate come
"masse in quiete o a riposo".
Il termine di massa in quiete (o a riposo) deriva dal fatto che Einstein dimostrò che la
massa di un corpo dipende dalla sua velocità rispetto ad un particolare sistema di
riferimento.
Se si considera la massa di un oggetto mantenuto fermo all'interno di un'auto in moto,
la massa del corpo misurata a bordo dell'auto è la massa in quiete mo
, essendo il corpo fermo rispetto all'auto; se invece si considera la massa del corpo
rispetto alla strada, si parla di massa del corpo in moto m(v)
, che è tanto più grande della massa in quiete quanto maggiore è la velocità v del corpo, che in questo caso coincide con la velocità
dell'auto.
In pratica ,la differenza tra le due masse è così piccola da risultare insignificante
per un oggetto macroscopico, la cui velocità sia molto minore della velocità della luce
nel vuoto ( c = 300000 km/s), a meno che non si
considerino oggetti microscopici ,come le particelle elementari (elettroni, protoni,
neutroni), che possono raggiungere, data la loro piccolissima massa in quiete, velocità
molto vicine a c,in corrispondenza delle quali gli effetti
relativistici sono molto significativi.
Se durante una trasformazione di un sistema fisico, si verifica una diminuzione della
massa totale degli oggetti che costituiscono il sistema, significa che la differenza
(difetto di massa) si è trasformata in energia secondo la legge E = Dm c2, dove D
m
rappresenta in questo caso la differenza tra la massa iniziale e quella finale.
Il grandissimo valore di c comporta che sia grandissima la
quantità di energia che si libera da una sia pur piccolissima quantità di materia che
scompare, come si verifica nei reattori nucleari a fissione e nelle reazioni termonucleari
di fusione che avvengono nel sole e nelle stelle.
R. Perchè la massa m(v) di un corpo in moto cresce al
crescere della velocità v, tendendo a diventare grandissima
oltre ogni limite, teoricamente infinita, quanto più la velocità si avvicina a c.
La formula che rappresenta la dipendenza della massa relativistica dalla velocità è la
seguente:
m(v) = mo : radice quadrata di (1 - v2/c2).
Poichè massa ed energia sono equivalenti, bisognerebbe fornire al corpo un'energia
infinita, il che risulta fisicamente impossibile.
R. La carica elettrica, la carica subnucleare debole e la carica subnucleare forte.
Esse corrispondono ad altrettante forze (interazioni) fondamentali della natura,
considerando a parte la forza (interazione) gravitazionale, che agisce sulla massa di
qualsiasi corpo, indipendentemente dal tipo di carica che esso possiede.
E' facile parlare delle forze elettriche, le quali, assieme a quelle gravitazionali , sono
ben note a tutti, poichè ad esse si devono le reazioni chimiche e biochimiche,
l'esistenza di qualsiasi forma di vita, i fenomeni elettrici naturali, e le innumerevoli
applicazioni dell'elettromagnetismo che hanno consentito di realizzare le meraviglie
tecnologiche del mondo contemporaneo.
Meno note sono le forze subnucleari deboli (forze di Fermi),alle quali sono dovuti i
fenomeni di decadimento b degli elementi radioattivi naturali
ed artificiali, e da cui dipende la velocità delle reazioni di fusione termonucleare che
avvengono nel sole e nelle stelle.
Citiamo infine le forze subnucleari forti, dalle quali dipendono il funzionamento dei
reattori nucleari a fissione e fusione e la stabilità dei nuclei atomici, che altrimenti
si disintegrerebbero, se le intense forze elettriche repulsive tra i protoni non fossero
controbilanciate dalle più intense forze nucleari attrattive tra i nucleoni (protoni e
neutroni) .
R. La diffusione capillare dei telefoni cellulari ha comportato l'uso frequente del
termine "campo" nel linguaggio corrente, in quanto spesso si sente dire "in
questa zona non c'è campo", per riferirsi all'impossibilità di ricevere segnali
elettromagnetici di intensità sufficiente al buon funzionamento del telefono cellulare.
Inoltre, per quanto riguarda i telefonini ed i sistemi di radio e telediffusione, si parla
spesso di intensità dei campi elettromagnetici, con riferimento alla vigente normativa di
prevenzione ambientale. Ma che cos'è un campo ?
Partendo dall'esempio relativo ai telefoni cellulari, si è portati ad associare al campo
elettromagnetico qualcosa di invisibile che si sposta dal trasmettitore al ricevitore ,
"impregnando" lo spazio.
Così è in realtà. Infatti un campo è una grandezza fisica (temperatura, pressione,
forza di gravità, velocità) il cui valore varia con continuità in una data regione
dello spazio.
Un campo di forza (elettrico ,magnetico, subnucleare o gravitazionale) , esercita forze
sui corpi sensibili ad esso, cioè dotati di cariche che evidenziano le forze dovute al
campo.
La "carica fondamentale" sensibile al campo elettromagnetico è la carica
elettrica, che nel mondo macroscopico equivale sempre ad un multiplo della carica
elettrica elementare, la carica elettrica negativa dell'elettrone.
Analogamente, i nucleoni (protoni e neutroni) sono portatori di una "carica
subnucleare forte" che li rende sensibili al campo della cosiddetta "forza
forte", espressione poco elegante usata per indicare la forza subnucleare forte, che
è la più intensa tra tutte le forze naturali.
In modo analogo si parla della "carica subnucleare debole" delle particelle
subnucleari (elettroni,positroni,muoni e neutrini) sensibili al campo della forza
subnucleare debole, che è molto meno intensa delle forze elettromagnetiche e subnucleari
forti, ma più intensa della forza gravitazionale, che infatti è la più debole delle
forze della natura e diventa molto importante soltanto su vasta scala, quando si
considerano le grandissime quantità di materia che formano i corpi celesti (asteroidi,
pianeti,satelliti,stelle e galassie).
Sulla Terra la forza di gravità è molto intensa per la notevole massa del nostro pianeta
e per la distanza relativamente piccola (~ 6400 km) tra i corpi che subiscono la
forza-peso ed il centro della Terra, punto nel quale si può considerare concentrata tutta
la massa del pianeta,come si dimostra nell'ambito della teoria newtoniana della
gravitazione.
R. Nei primi tre decenni del ventesimo secolo i fisici riuscirono ad elaborare una
teoria molto sofisticata, la "meccanica quantistica o meccanica ondulatoria ",
che servì a spiegare completamente tutti i fenomeni atomici che la fisica classica,
basata sulle leggi della meccanica classica di Galilei e Newton e sull' elettromagnetismo
classico di Maxwell, non consentiva di spiegare.
Il microcosmo atomico-molecolare evidenzia che tutte le particelle elementari si
comportano come onde aventi una lunghezza (di De Broglie) l
= h /(MV), inversamente proporzionale alla quantità
di moto (MV = prodotto della massa per la
velocità), ed obbediscono al principio di indeterminazione di Heisenberg (1927), in base
al quale si può affermare che, quando una particella viene confinata in una regione di
spazio di dimensioni comparabili con la lunghezza d'onda associata ad essa, l'
indeterminazione (errore o incertezza) che caratterizza la misura della quantità di moto
è inversamente proporzionale all' indeterminazione con cui è nota la sua posizione
all'interno della regione di confinamento.
Questo equivale ad affermare che le particelle elementari, a causa del loro comportamento
ondulatorio, sono tanto meno localizzabili nello spazio, quanto meglio conosciamo la loro
velocità , quindi anche la loro quantità di moto.
Perde pertanto significato il concetto di traiettoria di una particella, fondamentale
invece nella fisica classica, nell'ambito della quale di un corpo in moto possiamo
determinare contemporaneamente posizione e velocità,con tutta la precisione richiesta .
L'impossibilità di definire la traiettoria di una particella viene sostituita dalla
possibilità di definire in ogni punto dello spazio la probabilità di trovarvi la
particella.
D'altra parte si può dimostrare teoricamente che, se una particella è confinata in una
ben delimitata regione dello spazio, come nel caso di un elettrone atomico, l'esigenza di
assicurare una probabilità praticamente nulla di trovare una particella all'esterno della
zona di confinamento, implica l'impossibilità di assegnare all'energia della particella
qualsiasi valore, ma soltanto determinati valori:
ne risulta la quantizzazione dell'energia, già introdotta nella primitiva versione della
fisica quantistica da Max Planck (1900 - teoria dei quanta) e Niels Bohr (1913 - teoria
dell'atomo d'idrogeno).
Per effetto della quantizzazione non tutti i valori dell'energia sono permessi ad un
elettrone in un atomo, ma soltanto ben determinati valori (autovalori) che rappresentano i
livelli energetici dell'atomo.
Analogamente si parla di quantizzazione della quantità di moto di una particella
costretta a muoversi in una regione ben delimitata dello spazio.
E le masse e le cariche elettriche delle particelle elementari più comuni
(elettroni,protoni e neutroni), come vengono spiegate ?
Anch' esse hanno valori ben determinati, ma tuttora non sappiamo perchè.
Possiamo solo dire che le masse e le cariche elettriche delle particelle dipendono dalla
struttura dell'universo , e precisamente dai valori delle tre costanti fondamentali che
determinano le caratteristiche del mondo fisico: la costante G
della legge di gravitazione universale di Newton, la velocità della luce nel vuoto c e la costante di Planck h.
In questo contesto, anche i campi di probabilità che descrivono le particelle elementari
e le loro interazioni sono quantizzati , essendo sempre quantizzate le grandezze fisiche
(energia, quantità di moto,momento angolare) associate ad essi.
Einstein formulò l'ipotesi dei fotoni (quanti di luce) per spiegare l'effetto
fotoelettrico.
Tenendo presente che un fotone è un quanto del campo elettromagnetico che trasporta
l'energia E = h f, dove f è la
frequenza delle onde elettromagnetiche, si osserva che l' energia della radiazione
elettromagnetica, nell'interazione con le particelle del microcosmo, si fraziona in un
flusso di pacchetti di energia tutti uguali, denominati quanti o fotoni.
I quanti del campo elettromagnetico si possono considerare come speciali
"particelle" che, avendo massa a riposo nulla,viaggiano sempre alla velocità
della luce nel vuoto.
Nell'ambito dell'elettrodinamica quantistica (Q.E.D., Quantum Electro-Dynamics), che è
stata sviluppata successivamente alla formulazione della meccanica quantistica
relativistica da parte di Paul Dirac (1928) , la forza attrattiva o repulsiva tra due
particelle cariche è dovuta al fatto che una particella carica è completamente schermata
da una nuvola di fotoni virtuali, cioè non rilevabili sperimentalmente, che vengono
continuamente scambiati tra una particella e l'altra.
La forza attrattiva o repulsiva è tanto più intensa quanto più le particelle sono
vicine (legge di Coulomb).
Una spiegazione molto elementare dell'aumento della forza coulombiana al diminuire della
distanza R tra le cariche, può essere fornita, soltanto a
livello intuitivo, se si considera che al diminuire di R = c
D t,
diminuisce il tempo di transito D t impiegato dai fotoni per passare, con la velocità della luce c, da una particella all'altra.
Pertanto, per la II legge fondamentale della dinamica
F = D P/D t , la diminuzione di D t aumenta la variazione
della quantità di moto P per unità di tempo;quindi la forza
coulombiana, attrattiva o repulsiva, aumenta.
Nel 1935 il fisico giapponese Yukawa pensò di estendere questo meccanismo ad una
coppia di nucleoni (protoni e neutroni), facendo l'ipotesi che le forze subnucleari forti,
attrattive, tra due nucleoni, cioè tra protone e protone, tra neutrone e neutrone e tra
protone e neutrone (forze di Heisenberg-Maiorana), fossero dovute al continuo scambio di
particelle virtuali, i mesoni, carichi positivamente, negativamente o neutri e dotati di
massa a riposo intermedia tra quella del protone e quella dell'elettrone (~270 volte la
massa elettronica).
La conferma definitiva della validità della teoria di Yukawa fu ottenuta nel 1947, quando
Occhialini e Powell scoprirono nella radiazione cosmica particelle cariche con massa pari
a 270 volte quella dell'elettrone, che furono identificate con i mesoni p(pioni).
Lo scambio di un pione virtuale tra due nucleoni implica una temporanea violazione del
principio di conservazione dell'energia, in quanto, durante il transito del pione, la
massa-energia complessiva del sistema costituito dai due nucleoni e dal pione virtuale è
superiore alla massa-energia complessiva del sistema sia prima che dopo il transito,
quando sono presenti soltanto i due nucleoni.
Tuttavia la natura tollera questa violazione, purchè essa sia compatibile con il
principio di indeterminazione di Heisenberg, che impone che il tempo di transito sia tanto
più breve quanto maggiore sia la massa-energia della particella scambiata.
Dovendo essere brevissimo (10-23 secondi, tempo caratteristico delle
interazioni subnucleari forti) il tempo di transito t
del pione, la cui massa a riposo, a differenza di quella del fotone, è diversa da zero,
risulta piccolissima la distanza R = c t che
deve esserci tra due nucleoni perchè essi siano soggetti alla forza subnucleare forte: R = 3 .1010cm/s x 10-23 s =
= 3 . 10-13cm = 3 fermi .
La forza subnucleare forte ha infatti un raggio d'azione cortissimo ed è 1000 volte più
intensa della forza elettromagnetica, la quale invece si estende a distanza grandissima,
teoricamente all' infinito; ad essa sono sensibili non solo il protone ed il neutrone,ma
tutti gli altri adroni (particelle pesanti), che sin dagli anni '50 furono scoperti nei
raggi cosmici e successivamente prodotti artificialmente negli acceleratori di particelle.
I quanti del campo subnucleare forte sono proprio i mesoni, che svolgono un ruolo analogo
a quello dei fotoni nel caso del campo elettromagnetico.
Nel 1968 il modello basato sul "ping pong" di particelle virtuali fu esteso
da Salam, Weinberg e Glashow alle forze subnucleari deboli,che determinano i fenomeni di
decadimento radioattivo (decadimento beta), per i quali Fermi formulò negli anni '30 una
prima,
validissima teoria, basandosi sull'ipotesi dell'esistenza del neutrino, avanzata da Pauli.
Salam, Weinberg e Glashow formularono una teoria delle interazioni deboli basata sulle
particelle W (bosone positivo e negativo) e Zo (bosone neutro) ,
caratterizzate da masse ancora più grandi di quella dei pioni (mesoni) e da distanze
d'interazione ancora più piccole.
Inoltre riuscirono a dimostrare che i campi quantistici subnucleare debole ed
elettromagnetico, studiati ad alte energie, tendono ad identificarsi in un unico tipo di
campo quantistico, il campo "elettrodebole" , per effetto del quale le
particelle W+, W- e Zo, denominate bosoni vettoriali
intermedi, producono una forza debole avente la stessa intensità di quella
elettromagnetica.
R. Le particelle elementari che costituiscono la materia si possono rappresentare come
sferette di dimensioni ultramicroscopiche, con un raggio dell'ordine di decimi di
milionesimi di milionesimi di centimetro, e possono essere neutre oppure dotate di carica
elettrica positiva o negativa.
Ma esiste un'altra proprietà , tipica del microcosmo, che distingue una particella da
un'altra: lo spin.
Una particella può avere spin diverso da zero o nullo, a seconda che sia dotata o meno di
un moto di rotazione intorno al proprio asse; se una particella è dotata di spin (momento
angolare intrinseco), si comporta come una microscopica trottola.
Una particella elettricamente carica come l'elettrone o il protone, o neutra come il
neutrone, può essere considerata come una microscopica trottola contenente particelle
virtuali che ruotano al suo interno, ed equivale, per il teorema di equivalenza di Ampere
tra spira e magnete, ad un magnete di dimensioni infinitesime.
Le particelle si comportano in modo diverso, a seconda del valore dello spin: se le
particelle hanno spin 0 , come i pioni (mesoni p) , o spin
intero ,come per es. il fotone, che ha spin 1, si definiscono bosoni, dal nome del fisico
indiano Bose che ne studiò la statistica (statistica di Bose-Einstein) ; se invece hanno
spin frazionario (1/2, 3/2 ...), come l'elettrone, il positrone,il protone ed il
neutrone,che hanno spin 1/2, si definiscono fermioni, dal nome di Enrico Fermi che ne
studiò la statistica.
La differenza di comportamento tra bosoni e fermioni sta nel fatto che, mentre due o più
bosoni, anche in numero grandissimo, possono occupare lo stesso stato quantico,
individuato per ogni particella da una combinazione di numeri quantici, relativi
all'energia ed al momento angolare, due fermioni invece, per il principio di esclusione di
Pauli, non possono avere gli stessi numeri quantici.
Un notevole esempio del comportamento dei bosoni (condensazione in un unico stato
quantico) ci è offerto dall' elio liquido, che a temperature minori o uguali a quattro
gradi al di sopra dello zero assoluto (-273,16 °C o 0° K), evidenzia un comportamento
molto singolare: la superfluidità, che consiste nella capacità di risalire nei tubi
capillari e nei contenitori , contro la gravità, per dar luogo al cosiddetto
"effetto fontana".
Infatti i nuclei di elio, formati da 2 protoni e 2 neutroni , il cui spin totale si
annulla, si comportano come bosoni scalari (con spin zero).
I fermioni invece, non potendo trovarsi nello stesso stato quantico, disperdono la loro
energia ed il loro momento angolare in un intervallo di valori quantizzati, che è tanto
più ampio quanto più numerose sono le particelle del sistema.
Se per gli elettroni atomici, che hanno spin 1/2, non valesse il principio di Pauli,
essi si condenserebbero in un unico stato quantico in prossimità del nucleo atomico, con
una conseguente compressione di tutta la materia .
La densità della materia aumenterebbe enormemente , raggiungendo valori molto vicini a
quelli della materia nucleare (collasso della struttura atomica).
R. Tutti gli oggetti e gli esseri viventi del Creato,che hanno origine e si evolvono nello spazio-tempo, sono fatti di:
E' la massa-energia dei protoni, dei neutroni e degli elettroni che formano gli atomi della materia.
Le cariche fondamentali delle particelle che formano gli atomi sono di tre tipi e
determinano la stabilità della materia nei confronti della conversione della massa in
energia:
1) Cariche elettriche :
I leptoni (elettrone,muone,tauone) ,i barioni (protone, iperone ed altre particelle con massa superprotonica),
i mesoni (pioni,kaoni, ecc...) e le rispettive antiparticelle, hanno una carica elettrica pari, in valore assoluto,
a 1,6*10-19C (carica fondamentale e).
Ai quark ed agli antiquark si assegna invece una carica elettrica frazionaria pari, a seconda del tipo di quark,
a +/- (2/3) e o a +/- (1/3) e.
Le cariche elettriche sono le sorgenti delle forze elettromagnetiche, dalle quali dipendono
la struttura atomica, l'energia di legame tra gli atomi che formano le molecole ed i cristalli, ed i
fenomeni di assorbimento e di emissione dell'energia elettromagnetica (sotto forma di
fotoni) da parte di atomi, molecole e cristalli.
2) Cariche subnucleari deboli (sapori):
- 6 dei quark su (up) , giù (down),strano (strange),incanto (charm), basso (bottom), alto (top);
- 6 dei leptoni (elettrone, neutrino elettronico, muone, neutrino muonico, tauone , neutrino tauonico).
Sono le sorgenti delle forze subnucleari deboli (forze di Fermi) ed elettrodeboli
(di Salam,Weinberg,Glashow),
da cui dipendono sia i cambiamenti di sapore dei quark (per es. da incanto a strano o da giù a su)
e dei leptoni (per es. da elettrone a neutrino elettronico attraverso lo scambio di un bosone W), sia
i fenomeni di decadimento radioattivo b che si
verificano nel nucleo atomico e che consistono nella trasformazione di un protone in un
neutrone, con l'emissione di un positrone (elettrone positivo) e di un neutrino, oppure in
quella di un neutrone in un protone, con l'emissione di un elettrone e di un antineutrino.
3) Cariche subnucleari forti
Sono le sorgenti delle forze subnucleari forti da cui dipendono l'energia che lega protoni
e neutroni nel nucleo atomico e le interazioni forti dei quark , degli antiquark e di tutti gli adroni (mesoni e barioni).
Nell'ambito del modello standard ( cromodinamica quantistica - Q.C.D) le cariche subnucleari forti
sono le cariche di colore dei quark , dei rispettivi antiquark e dei gluoni (quanti del campo
gluonico che determina le forze subnucleari forti cui sono soggetti i quark e gli antiquark) .
I campi quantistici associati alle forze agenti tra le particelle che formano gli
atomi, sono di tre tipi:
1) Campo elettromagnetico, mediato dallo scambio di fotoni virtuali (non rilevabili
sperimentalmente) tra particelle dotate di carica elettrica.
Poichè i fotoni che determinano la forza elettromagnetica (privi di carica elettrica e
con massa a riposo nulla), hanno spin unitario, si tratta di un campo quantistico
bosonico.
2) Campo elettrodebole (di Salam, Weinberg,Glashow) ,
associato allo scambio di bosoni virtuali (W+, W- carichi e Z°
neutri), con massa a riposo diversa da zero, tra i leptoni e tra i quark e gli antiquark che costituiscono gli adroni.
Poichè i bosoni che determinano la forza debole hanno spin unitario, si tratta di un
campo quantistico bosonico.
3) Campo gluonico (dal latino glus = colla) ,
mediato dallo scambio di otto tipi di gluoni virtuali.
I gluoni, che determinano la forza subnucleare forte alla quale sono soggetti i quark e gli antiquark,
hanno massa nulla, sono privi di carica elettrica, ma sei di essi sono dotati di 2 cariche di colore.
Anche in questo caso, poichè i gluoni scambiati hanno spin unitario, si tratta di un
campo quantistico bosonico.