Galileo, considerando la proporzionalità diretta tra la forza applicata ad un corpo e
l'accelerazione da questo acquisita, ed il caso limite del principio d'inerzia, che
afferma la persistenza di un corpo nello stato di quiete o di moto rettilineo ed uniforme
nel caso in cui si annulli la forza risultante che agisce sul corpo, si convinse che il
moto rettilineo ed uniforme del sistema di riferimento non modifica le leggi della
meccanica.
Infatti, se si eseguono esperimenti di meccanica (per es.
caduta libera di gravi, misura del periodo di oscillazione di un pendolo, ecc.) a bordo di
un veicolo, di una nave o di un aereo che si muovano in linea retta con velocità
costante, in assenza di irregolarità del moto, quali oscillazioni o brusche deviazioni
dalla traiettoria rettilinea, non si riscontra alcuna differenza rispetto agli esperimenti
eseguiti in un sistema di riferimento in quiete rispetto al suolo.
Ciò equivale a dire che eseguendo esperimenti di meccanica non è possibile per un
osservatore mettere in evidenza il moto rettilineo ed uniforme del proprio sistema di
riferimento (veicolo, nave o aereo).
Se invece il moto del sistema di riferimento è accelerato, mediante esperimenti di
meccanica è possibile misurarne l'accelerazione.
Per esempio, se si misurasse il periodo di oscillazione di un pendolo ideale (semplice),
costituito da una piccola massa appesa ad un sottile filo di lunghezza L, all'interno di un ascensore in salita con accelerazione a, si troverebbe il valore Ts = 2p radice quadrata di [L/(g + a)] ,
inferiore al valore
To = 2p radice quadrata di (L /g) che si
otterrebbe se l'ascensore fosse fermo o si muovesse di moto rettilineo ed uniforme.
Dalla formula a = (4 p2 L / Ts2)
- g si potrebbe ottenere il valore dell'accelerazione a
del sistema di riferimento non inerziale (l'ascensore).
Infatti, per il principio di equivalenza, il moto accelerato dell'ascensore modificherebbe
il moto del pendolo, come se si verificasse un aumento dell'accelerazione di gravità dal
valore g al valore g + a.
Se invece l'ascensore scendesse con accelerazione a, si
misurerebbe un periodo
Td = 2p radice quadrata di
[L /(g - a)],
maggiore del valore To misurato con l'ascensore
fermo.
Il principio di relatività di Galileo afferma pertanto che le leggi della meccanica
rimangono invariate nel passaggio da un sistema di riferimento fisso rispetto al suolo ad
un altro in moto rettilineo ed uniforme rispetto al primo, oppure , in generale, nel
passaggio da un sistema inerziale ad un altro, dove per sistema inerziale si intende un
sistema di riferimento nel quale un corpo, non sottoposto a forze, se è in quiete rimane
in quiete, oppure, se si muove in linea retta con velocità costante, mantiene
indefinitamente il suo stato di moto, finchè non venga applicata ad esso una forza che,
accelerandolo, ne modifichi il moto.
Il fatto che i tempi di caduta libera dei corpi nel vuoto, per effetto della forza di
gravità, siano indipendenti dalla massa (legge di Galilei), indusse Albert Einstein, nel
contesto della sua teoria della relatività generale (teoria della gravitazione), a
pensare che l' accelerazione g acquisita da un corpo
sottoposto ad un campo gravitazionale sia fisicamente indistinguibile dall'accelerazione a acquisita dal corpo per effetto di un moto accelerato del sistema
di riferimento.
Il principio einsteiniano di equivalenza consiste appunto nel considerare l'impossibilità
di distinguere, mediante
esperimenti fisici di qualsiasi tipo, gli effetti prodotti dalla gravità da
quelli prodotti da un moto accelerato del sistema rispetto al quale si rileva il moto di
un corpo.
Il principio di equivalenza può essere verificato in un modo molto semplice disponendo di
una bilancia a molla del tipo di quelle utilizzate per pesare gli alimenti per scopi
dietetici.
Basta osservare che un incremento dello spostamento dell' indice sulla scala graduata, o
del valore visualizzato dal display, se si tratta di una bilancia elettronica, possono
essere determinati sia da un aumento del peso posto sul piatto della bilancia, sia da un
opportuno moto accelerato impresso ad essa.
Per esempio, un aumento di n grammi del peso indicato dalla bilancia, può essere ottenuto
sia ponendo un ulteriore pesodi n grammi sul piatto, sia lasciando invariato il peso ed
imprimendo alla bilancia uno spostamento verso l'alto con accelerazione a, che equivalga ad un peso aggiuntivo di n grammi.
In questo esempio la deformazione della molla della bilancia, oppure, se questa è
elettronica, la deformazione subita dal sensore di forza, sono identiche nelle due
situazioni sperimentali, indicando appunto che l'accelerazione verso l'alto impressa alla
bilancia, che rappresenta il sistema di riferimento accelerato, produce lo stesso effetto
(deformazione) di un incremento di peso sul piatto.
L' equivalenza delle due situazioni sperimentali dipende dal fatto che sia la forza di
gravità (forza -peso) P = Mg , sia la forza d'inerzia
F = - Mia
che agisce sulla massa posta sul piatto della bilancia, determinando un aumento
"virtuale" del peso,
sono entrambe direttamente proporzionali alla massa, cioè,
rispettivamente, alla massa gravitazionale M o alla massa
inerziale Mi.
Il segno negativo della forza d'inerzia dipende dal fatto che l'accelerazione impressa
verso l'alto alla bilancia, ha verso opposto rispetto alla forza di gravità.
Viene pertanto applicata alla molla (o al sensore) una forza aggiuntiva (di reazione)
uguale e contraria a F, per effetto del moto accelerato del
sistema di riferimento (bilancia).
Una conseguenza fondamentale del principio di equivalenza è l'uguaglianza della massa
gravitazionale M, cioè della "carica
gravitazionale" di un corpo, e della massa inerziale Mi
,cioè dell'attitudine di un corpo ad opporsi all'azione acceleratrice di una forza, come
è stato sempre dimostrato sperimentalmente attraverso parecchie delicatissime misure ,la
prima delle quali fu eseguita da Newton.
Newton potè osservare che, utilizzando uno speciale pendolo avente come massa pendolare
una piccola sfera cava nella quale egli inseriva volta per volta un materiale diverso, si
otteneva sempre lo stesso periodo a parità di peso del materiale introdotto, il che
significava che l'identità delle masse gravitazionali dei vari materiali implicava
l'identità delle rispettive masse inerziali.
L' identità di valore tra massa inerziale e massa gravitazionale fu verificata da
Eötvös nel 1909 (con la precisione di una parte su un miliardo), utilizzando una
speciale bilancia di torsione, e da H. Dicke negli anni '70, con una precisione di una
parte su 100 miliardi.
La verifica sperimentale dell'identità tra massa inerziale massa gravitazionale fornì ad
Einstein la base su cui costruire la teoria della relatività generale, nell'ambito della
quale, in un sistema di riferimento qualsiasi, un campo gravitazionale è indistinguibile
da un moto accelerato del sistema di riferimento, oppure può essere sempre compensato da
un opportuno moto accelerato del sistema di riferimento, in modo tale che un osservatore
che faccia parte del sistema di riferimento considerato non si accorga dell'esistenza di
un campo gravitazionale.
Un ulteriore esempio di applicazione del principio di equivalenza si ottiene considerando
un astronauta all'interno di una navicella spaziale orbitante attorno alla Terra, alla
Luna o ad un altro corpo celeste.
In questo caso il sistema di riferimento per l'astronauta è costituito dalla navicella
spaziale, che possiede un' accelerazione centripeta uguale all'accelerazione di gravità,
in ogni punto dell'orbita.
Si dice comunemente che l'astronauta opera in assenza di gravità, mentre in realtà la
forza gravitazionale esercitata sull'astronauta dal corpo celeste è esattamente
compensata, in ogni punto dell'orbita, dalla reazione centrifuga (forza d'inerzia) dovuta
al moto orbitale, per cui, essendo nulla la forza risultante che agisce sull'astronauta,
vale la prima legge della dinamica (principio d'inerzia).
In modo equivalente si può dire che, poichè sia l' astronauta che la navicella spaziale
sono sottoposti alla stessa accelerazione di gravità, risulta nulla la loro accelerazione
relativa (cioè la differenza tra le loro accelerazioni rispetto alla Terra); di
conseguenza tra astronauta e navicella spaziale non si esercita alcuna forza, come quando
un ascensore, per la rottura della fune portante, precipita in caduta libera determinando
una temporanea "assenza di gravità" per le malcapitate persone a bordo .
Pertanto l'astronauta, se non sapesse di trovarsi in orbita attorno ad un corpo celeste,
potrebbe pensare di trovarsi in una regione dello spazio priva di campi gravitazionali.
Il principio di equivalenza evidenzia che la forza di gravità si distingue dalle altre
forze universali (elettromagnetica, debole e forte) proprio perchè essa è intimamente
legata alla curvatura dello spazio-tempo, che a sua volta è determinata dalla
distribuzione e dal moto della materia esistente in una data regione dell' universo , in
base alla teoria della relatività generale.
Quando applichiamo una forza F ad un corpo di massa M in quiete o in moto con velocità Vo,
per esempio quando spingiamo un' auto ferma, con il cambio in folle, su un tratto stradale
orizzontale, il corpo acquista un' accelerazione
a = F/M ,
per effetto della quale la velocità aumenta con continuità dal valore iniziale Vo al valore finale V, per tutto il
tempo durante il quale viene applicata la forza F.
Durante la fase di accelerazione viene compiuto sul corpo un lavoro a spese della
diminuzione dell' energia biochimica immagazzinata nei nostri muscoli.
Se, per esempio, spingiamo un'auto di massa M per un tratto
di strada di lunghezza s, applicando una forza F di intensità costante , eseguiamo un lavoro L = F x s .
Se la forza F vale 50 Kg-peso = 50* 9,8 N (newton) = 49 N e
l'auto si sposta di 10 metri, il lavoro compiuto è
50 x 10 kgm (chilogrammetri) = 500 kgm , equivalenti a
9,8 *500 J (joule) = 4900 J.
Il lavoro fatto dalla forza F equivale alla variazione
dell'energia cinetica (o di moto) del corpo, avendo definito come energia cinetica K ( o forza viva) di un corpo di massa M
che si muove con velocità V il semiprodotto della massa per
il quadrato della velocità:
K = (1/2) M V2 .
Il teorema delle forze vive (o teorema lavoro-energia) afferma appunto che il lavoro fatto
da una o più forze agenti su un corpo uguaglia la variazione (aumento o diminuzione)
dell'energia cinetica del corpo:
L (lavoro) = F (forza) x s (spostamento) = K (energia cinetica
finale) - Ko (energia cinetica iniziale).
Se la forza o le forze applicate favoriscono il moto, vengono definite motrici, in quanto
determinano un aumento della velocità e dell'energia cinetica del corpo. Se invece la
forza o le forze ostacolano il moto, come la resistenza dell'aria, che rallenta il moto di
un veicolo, o come le forze d'attrito esercitate dai freni, che si oppongono al moto del
veicolo trasformandone l'energia cinetica in calore, si parla di forze resistenti, in
quanto determinano una diminuzione della velocità e dell'energia cinetica del corpo.
Il terzo principio della dinamica implica che nei sistemi costituiti da due o più
corpi valga la legge di conservazione della quantità di moto, se è nulla la risultante
delle forze esterne che agiscono sul sistema.
Se F (risultante delle forze esterne) = 0, risulta nulla la
variazione della quantità di moto totale (dPtotale ) del
sistema per unità di tempo: d(Ptotale )/dt = F = 0 ;
pertanto si mantiene costante la quantità di moto totale P = P1
+ P2+ Pn del sistema, mentre possono variare, per effetto
delle forze interne al sistema, le quantità di moto dei singoli corpi, che si compensano
a due a due.
Se consideriamo, per esempio, i fenomeni dinamici che si verificano in un'arma da fuoco
durante l'espulsione del proiettile, ci rendiamo conto che le uniche forze agenti sono le
forze interne dovute alla pressione dei gas in espansione, generati dallo sparo.
Si tratta di forze di azione e reazione, aventi la stessa intensità e versi contrari: se
definiamo forza di azione quella che lancia il proiettile attraverso la canna dell'arma,
la forza di reazione è quella che il proiettile espulso esercita sull'arma, causandone il
rinculo.
L' unica forza esterna che agisce sul sistema è la gravità, che tuttavia non influenza
sensibilmente il fenomeno durante l'espulsione del proiettile , in quanto le forze
impulsive generate dallo sparo sono molto più intense di quelle gravitazionali.
Durante e subito dopo lo sparo, il moto del proiettile, se ci limitiamo a considerare la
parte iniziale della sua traiettoria parabolica, ha una velocità tale che risulta
trascurabile l'effetto simultaneo della sua caduta libera, ed acquista una quantità di
moto in avanti pari all'impulso delle forze di espansione dei gas nella canna dell'arma,
mentre questa, per effetto della forza di reazione esercitata dal proiettile, acquista una
quantità di moto uguale e contraria a quella del proiettile. Pertanto la somma delle due
quantità di moto, nulla prima dello sparo, rimane tale durante lo sparo,cioè si
conserva.
Si tenga presente che neppure le forze interne d'attrito tra proiettile e canna alterano
la quantità di moto totale del sistema, poichè, essendo forze di azione e reazione,
determinano variazioni uguali e contrarie della quantità di moto del proiettile e
dell'arma.
In un sistema formato da due o più corpi, per esempio nel sistema solare, bisogna
considerare come forze interne le forze di attrazione reciproche tra tutte le possibili
coppie di corpi: Sole-pianeta, pianeta-pianeta, pianeta-satellite, Sole-satellite e
satellite-satellite.
Poichè tutte queste forze, uguali e contrarie a due a due, determinano variazioni uguali
e contrarie della quantità di moto,ci rendiamo conto che la somma delle quantità di moto
di tutti i corpi del sistema si mantiene costante.
Pertanto il sistema solare si muove nello spazio come se fosse un corpo puntiforme, con
una massa pari alla massa complessiva del Sole,dei pianeti e dei satelliti, sottoposto a
tutte le possibili forze interne attrattive,di azione e reazione, che si annullano a due a
due dando una forza risultante nulla, ed a tutte le forze di attrazione gravitazionale
esercitate sul sole,sui pianeti e sui satelliti dai corpi celesti esterni al sistema
solare.
Poichè dalle misure astronomiche risulta che il sistema solare si muove di moto
rettilineo uniforme verso la costellazione di Ercole,con la velocità di circa 20Km/sec,
bisogna ammettere che sia praticamente nulla, in media, la risultante delle forze
gravitazionali esercitate da tutti gli altri corpi celesti esterni ad esso (galassie,
quasar e buchi neri), che si possono considerare, in prima approssimazione, disposti
simmetricamente rispetto al sistema solare.
Dall'annullamento della risultante delle forze esterne al sistema solare deriva la
conservazione della sua quantità di moto totale.
La posizione del suddetto corpo puntiforme si identifica con quella del centro di massa
del sistema solare, che a sua volta si può considerare coincidente, in prima
approssimazione,con il centro del Sole, essendo la massa solare oltre 700 volte maggiore
di quella di tutti gli altri corpi del sistema solare messi insieme.
Teniamo presente che il centro di massa di un sistema di corpi è quel particolare punto
il cui moto è determinato soltanto dalle forze esterne applicate al sistema,e nel quale
si può immaginare che sia concentrata tutta la massa del sistema.
La posizione del centro di massa dipende dalla massa e dalla posizione di ciascun
corpo,cioè dal modo in cui la massa dei corpi è distribuita nello spazio.
Per esempio,se consideriamo una sbarra metallica ai cui estremi siano fissate due masse
uguali, il centro di massa, per simmetria,si trova nel punto medio della sbarra.
Se invece una delle due masse è doppia dell' altra, il centro di massa si trova dalla
parte della massa doppia, ad una distanza da essa pari ad un terzo della lunghezza della
sbarra.
Se, in particolare,consideriamo il moto della Terra nella sua orbita ellittica intorno al
Sole, la quantità di moto della Terra,cioè il prodotto della sua massa per la velocità,
che è sempre tangente all'orbita, aumenta quando la Terra, avvicinandosi al Sole,viene
accelerata verso di esso (tende a cadere verso il Sole) per effetto della forza di
attrazione gravitazionale, nello stesso modo in cui viene accelerato un corpo in caduta
libera sulla Terra, ed invece diminuisce quando la Terra, allontanandosi dal Sole, viene
decelerata dalla forza di attrazione gravitazionale, nello stesso modo in cui, sulla
Terra, viene decelerato un corpo lanciato verticalmente.
Per il terzo principio della dinamica, anche il Sole viene accelerato o decelerato da
forze di attrazione gravitazionale uguali e contrarie a quelle che esso esercita sulla
Terra; pertanto anche le variazioni di quantità di moto della Terra e del Sole risultano
uguali e contrarie, senza che venga alterata la quantità di moto totale del sistema
solare.
Tuttavia,essendo la massa del Sole oltre 300.000 volte maggiore di quella terrestre, le
variazioni di velocità subite dal Sole per effetto della Terra sono oltre 300.000 volte
minori di quelle subite dalla Terra per effetto del Sole, cosicchè l'orbita descritta dal
centro della sfera solare intorno al centro di massa del sistema solare,che è interno al
Sole, si riduce ad un'ellisse il cui asse maggiore (circa 1.000 km) è oltre 300.000 volte
minore di quello dellorbita terrestre (circa 300.000.000 di km).
Pertanto,avendo il Sole un diametro di circa 1.400.000 km, il suo centro, per effetto
della sola attrazione terrestre,cioè non considerando, per semplicità,le masse e le
forze attrattive di tutti gli altri corpi del sistema solare, si muove descrivendo
un'orbita ellittica, assimilabile,in prima approssimazione,ad una circonferenza del raggio
di circa 500 km, attorno al centro di massa del sistema Sole-Terra, che è interno alla
sfera solare.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per tutti gli altri pianeti del sistema
solare.
Se consideriamo infine l'universo,che è il più grande sistema isolato concepibile,in
quanto non si può ammettere, per la stessa definizione di universo,che esso sia soggetto
a forze esterne,si deduce che la sua quantità di moto totale è costante, in quanto tutte
le forze sono forze interne al sistema.