Ohm scoprì la legge fondamentale dei circuiti elettrici per analogia con il fenomeno
della propagazione del calore per conduzione.
Come il flusso di calore Q/t = KS(T1-T2)/L
(calorie/secondo) che passa attraverso uno strato di materiale conduttore di lunghezza L, tra le cui sezioni estreme, di area S,esista
una data differenza di temperatura T1-T2(con T1>T2),
è direttamente proporzionale al salto termico T1-T2,
analogamente l'intensità di corrente I=Q/t (carica
elettrica/unità di tempo) che passa attraverso un filo conduttore di lunghezza L e sezione S, è direttamente
proporzionale alla differenza di potenziale
V1-V2
applicata al conduttore: I=k S (V1-V2 )/L,
dove k è una costante (conduttività specifica), che dipende
dal materiale conduttore.
Il verso convenzionale dell'intensità di corrente I è lo
stesso del flusso termico,dai punti a potenziale maggiore (V1)
ai punti a potenziale minore (V2).
In realtà, pur valendo tuttora tale convenzione,stabilita prima della scoperta
dell'elettrone, oggi sappiamo che il verso effettivo dell'intensità di corrente in un
conduttore coincide con il verso del moto degli elettroni, che, essendo dotati di carica
elettrica negativa, si muovono dai punti a potenziale minore verso quelli a potenziale
maggiore.
Riscrivendo la legge di Ohm nella forma
V1-V2
= I [L/(Sk)] = I R , si evidenzia la costante di proporzionalità diretta R tra I e la differenza di potenziale V1
-V2.
La resistenza elettrica del conduttore
R=L/(Sk) è a sua volta direttamente proporzionale alla
lunghezza del conduttore ed inversamente proporzionale alla sua sezione.
Il passaggio della corrente elettrica in un conduttore implica un lavoro fatto dal
campo elettrico che accelera le cariche che costituiscono la corrente.
Questo lavoro,a causa della resistenza R, si trasforma in
calore per effetto Joule.
Infatti uno dei tanti metodi utilizzati per determinare sperimentalmente l'equivalente
meccanico del calore (numero di joule corrispondenti ad una piccola caloria) o
l'equivalente termico del lavoro (numero di piccole calorie corrispondenti ad un joule)
consiste nel misurare con un voltmetro, un amperometro ed un cronometro l' energia
elettrica
W = V I t = R I t = V2t/R (effetto Joule) che si
converte in calore in un resistore R nel tempo t, e contemporaneamente nel misurare con un calorimetro, attraverso
l'incremento di temperatura (T2-T1)
subito nel tempo t da una data massa M di
liquido calorimetrico (acqua o olio minerale) con calore specifico c
[calorie/(grammo °C)], la quantità di calore Q = M c (T2-T1)
sviluppata dal resistore per effetto Joule.
Il rapporto tra le due misure fornisce il rapporto di equivalenza tra joule e calorie :
4,18 Joule/caloria (0,24 calorie/joule).
Già nell'antica Grecia (VI secolo a. C.) si conosceva la proprietà della magnetite
(pietra di Magnesia), che è un minerale di ferro (ossido ferroso-ferrico, FeO.Fe2O3) , di
attrarre la limatura di ferro comportandosi da calamita (o magnete) naturale.
Un ago magnetico è una sottilissima barretta di acciaio che è stata magnetizzata
avvicinandole un pezzo di magnetite, ed è imperniata in modo tale da potere ruotare senza
attrito in un piano orizzontale, fino a raggiungere, dopo una serie di oscillazioni, la
posizione di equilibrio coincidente con la direzione ed il verso del campo magnetico
terrestre.
Tenendo presente che la Terra si comporta come un magnete il cui asse forma con l'asse
terrestre un angolo intorno a 11° ed attraversa la superficie terrestre in due punti, i
poli magnetici Nord e Sud,vicini ai rispettivi poli geografici, per convenzione si
denomina polo Nord dell' ago quello rivolto verso il polo Nord magnetico nella posizione
di equilibrio, mentre il polo Sud dell'ago è quello rivolto al polo Sud magnetico.
La bussola, la cui invenzione viene fatta risalire addirittura ai Cinesi, e che fu
introdotta nel mondo occidentale intorno al XII secolo fornisce un chiaro esempio dell'
azione del campo magnetico terrestre su un ago magnetico.
Un ago magnetico è inoltre un sensibilissimo rivelatore di campi magnetici: ricordiamo in
proposito le celebri esperienze del fisico danese Oersted,
che nel 1820 scoprì che un circuito percorso dalla corrente elettrica continua
generata da una batteria di pile, posto in prossimità di un ago magnetico, lo fa deviare
dalla sua posizione di equilibrio nel campo magnetico terrestre.
Poichè lo stesso effetto si osserva se all'ago magnetico viene avvicinata una calamita,
si deduce che un circuito elettrico genera nello spazio circostante un campo magnetico, ed
è pertanto equivalente ad un magnete ,come fu dimostrato dal fisico francese Ampere
(teorema di equivalenza), poco tempo dopo la scoperta di Oersted.
Per visualizzare un campo magnetico basta della limatura di ferro:
se una calamita viene posta sotto un foglio di cartoncino sul quale sia stata distribuita
della limatura di ferro, questa si dispone secondo tante linee curve chiuse,le cosiddette
linee di forza del campo magnetico,che si addensano in corrispondenza delle estremità
della calamita(poli); si ottiene così uno spettro magnetico,che visualizza l'andamento
del campo magnetico nello spazio circostante la calamita.
In modo analogo possono essere visualizzate le linee di forza magnetiche associate ad un
circuito elettrico qualsiasi:un circuito rettilineo,una spira conduttrice oppure un
avvolgimento ad elica (detto solenoide o bobina) composto da tante spire collegate in
serie e percorse dalla stessa corrente.
La differenza fondamentale tra le linee di forza del campo magnetico e quelle del campo
elettrico consiste nel fatto che le linee di forza magnetiche sono sempre chiuse, non
hanno cioè nè inizio nè fine, come dimostra la classica esperienza della calamita
spezzata.
Spezzando in più parti una calamita è impossibile separare il polo Nord da quello
Sud, il che dimostra che, a differenza di quanto si verifica con le cariche elettriche,
non esistono poli magnetici isolati.
Nel caso del campo elettrico, invece, le linee di forza del campo generato da una carica
puntiforme sono, per convenzione, uscenti radialmente dalla carica, se essa è positiva,
convergenti nella carica ,se essa è negativa.
In pratica lo spettro magnetico relativo a ciascuno dei suddetti circuiti si può ottenere
disponendo della limatura di ferro su un cartoncino attraversato dal conduttore o dalle
spire conduttrici.
In particolare, l'intensità H del campo magnetico
generato dalla corrente elettrica che passa in un filo rettilineo molto lungo rispetto
alla distanza tra di esso ed il punto in cui si misura il campo magnetico, è direttamente
proporzionale all'intensità di corrente I (in ampere) ed
inversamente proporzionale alla distanza d (in metri)del
punto dal filo: H = k I /d (legge di Biot e Savart), (in
amperspire per metro, Asp/m) dove k = 0,1592 amperspire/ampere
è una costante di proporzionalità che dipende dalle unità di misura adottate nel
sistema internazionale delle unità di misura; in questo caso le linee di forza del campo
magnetico sono delle circonferenze concentriche giacenti in piani perpendicolari al filo e
centrate su di esso.
Nel caso di una spira circolare di raggio R (in metri),il
campo magnetico al centro della spira è diretto perpendicolarmente al piano di essa,e la
sua intensità H (in Asp/m) è direttamente proporzionale
all'intensità di corrente I (in ampere) ed inversamente
proporzionale al raggio R (K =
0,5 amperspire/ampere): H = K I / R.
Nel caso di un solenoide rettilineo composto da N spire di
raggio molto minore della lunghezza L percorse da una
corrente di intensità I, il campo magnetico è diretto lungo
l'asse del solenoide e la sua intensità H (in Asp/m) è data
da: H = N I/L.
Il campo magnetico generato dal solenoide è uniforme,ha cioè lo stesso valore
all'interno di esso,e le sue linee di forza sono parallele all'asse di simmetria.
Le formule riportate derivano dall'applicazione della legge di Ampere, nota anche come
teorema della circuitazione del campo magnetico,che afferma che un circuito elettrico
genera un campo magnetico le cui linee di forza sono percorsi chiusi, tali che, se si
calcola la somma di tanti prodotti elementari infinitesimi, del tipo Hi
x dli, dove dli è uno spostamento infinitesimo
tangente alla linea di forza e Hi è il relativo valore
dell'intensità del campo magnetico,facendo tendere all'infinito il numero di tali
prodotti, si trova un valore (integrale di linea o circuitazione) pari all'intensità di
corrente I che passa nel circuito.
Se, in casi particolari, le linee di forza magnetiche evidenziano una simmetria rispetto
al circuito, come avviene nel caso molto semplice del filo rettilineo che genera il campo
magnetico H = K I / R, le cui linee di forza sono
circonferenze concentriche di raggio R, si ottiene:
H x 2pR = I ;
H = I/(2p R ) = 0,1592 x I /R.
Tutti i campi magnetici, sia macroscopici, cioè generati da circuiti elettrici e magneti
permanenti (calamite), sia microscopici, cioè generati dai moti orbitali degli elettroni
negli atomi e dal momento angolare intrinseco delle particelle subatomiche (spin), sono
sempre generati da cariche elettriche in moto rispetto all' osservatore che rileva
sperimentalmente la presenza del campo, e quindi da correnti elettriche macroscopiche o
microscopiche.
L' ipotesi che anche il campo generato dai magneti permanenti sia dovuto a correnti
microscopiche, formulata da Ampere, ha trovato brillante conferma dopo la scoperta dello
spin dell'elettrone e dell' associato momento magnetico elementare (magnetone di Bohr).
1)il pennello elettronico che produce l' immagine sullo schermo del cinescopio di un
televisore o di un monitor, genera un campo magnetico analogo a quello generato da un filo
rettilineo percorso dalla corrente;
2) Un fascio di particelle cariche (elettroni,mesoni,protoni,
ioni) che ruotano a velocità
prossime a quelle della luce in un sincrotrone (acceleratore circolare di particelle
elementari) genera un campo magnetico analogo a quello generato da una spira coincidente
con la traiettoria circolare imposta alle particelle dal potente campo magnetico che
agisce perpendicolarmente al fascio.
Nel 1831 Michel Faraday scoprì che un circuito elettrico di qualsiasi tipo, anche non
comprendente generatori elettrici (dinamo, alternatori, alimentatori, batterie di pile o
di accumulatori), ma soltanto componenti passivi (resistori,solenoidi e condensatori,che
assorbono energia elettrica),diventa sede di una forza elettromotrice indotta ogni
qualvolta esso venga attraversato dalle linee di forza di un campo magnetico variabile.
In sostanza questa legge afferma che facendo variare in funzione del tempo il flusso
magnetico concatenato ad un circuito elettrico, cioè il numero delle linee di forza del
campo magnetico che attraversano il circuito, si genera nel circuito una tensione
elettrica indotta di origine elettromagnetica, come se fosse inserito nel circuito uno
speciale generatore elettrico la cui forza elettromotrice sia direttamente proporzionale
alla variazione del numero delle linee di forza magnetiche per unità di tempo.
La variazione temporale del flusso magnetico concatenato al circuito si può verificare
con diverse modalità:
1) spostando un magnete permanente (calamita), un elettromagnete (elettrocalamita) o un
altro circuito elettrico (inducente) percorso da corrente rispetto al circuito elettrico
indotto.
In questo caso si dice che le linee di forza magnetiche vengono "tagliate" dal
circuito;
2) mantenendo fermi il magnete permanente, l'elettromagnete o il circuito elettrico
inducente rispetto al circuito elettrico indotto e facendo variare il contorno di quest'
ultimo, in modo tale da determinare una variazione della superficie attraversata dalle
linee di forza magnetiche;
3)mantenendo fermi il magnete permanente, l'elettromagnete o il circuito elettrico
inducente rispetto al circuito elettrico indotto ed avvicinando o allontanando dal
circuito indotto pezzi di materiali ferromagnetici (ferro,acciaio, cobalto, nichel,
materiali ferritici,leghe ferromagnetiche (Al-Ni-Co) ),cioè materiali con elevata
permeabilità magnetica,capaci di intensificare, magnetizzandosi, il campo magnetico
esistente;
4) facendo variare, mediante un resistore variabile (reostato) o in qualsiasi altro modo,
l'intensità di corrente nell' elettromagnete o nel circuito elettrico inducente
,mantenuti fermi rispetto al circuito elettrico indotto;
5) Aprendo o chiudendo il circuito dell'elettromagnete o il circuito elettrico inducente.
Analizzando i dati sperimentali relativi a fenomeni fisici apparentemente molto diversi,
Neumann espresse la legge d' induzione elettromagnetica con la formula :
E = - DF/Dt ,
dove E è la forza elettromotrice indotta (f.e.m.) , DF è la variazione del flusso magnetico concatenato
al circuito elettrico indotto e Dt
è la durata della variazione.
Quanto più rapida è la variazione del flusso magnetico, tanto maggiore è la forza
elettromotrice indotta.
Così si spiegano tutti i fenomeni osservati, indipendentemente dalle
modalità con cui ha luogo la variazione del flusso magnetico.
Se il circuito indotto è aperto, agli estremi di esso, finchè il flusso magnetico varia
in funzione del tempo, si può misurare il valore della f.e.m. indotta, mentre è nulla
l'intensità della corrente indotta, essendo il circuito interrotto.
Se invece il circuito indotto è chiuso, si genera in esso una corrente indotta I = E/R, che si ottiene applicando la legge di Ohm, cioè dividendo
il valore della f.e.m. indotta E per la resistenza ohmica R del circuito.
Il segno meno fu introdotto da Lenz per esprimere il fatto sperimentale che la corrente
indotta ha sempre verso tale da opporsi alla causa che l'ha generata.
Per esempio, se la corrente indotta è causata dall' avvicinamento di un magnete o di un
circuito inducente al circuito indotto, la corrente indotta circola in un verso tale da
generare un campo magnetico con polarità Nord-Sud tali da tendere a respingere il
magnete o il circuito inducente.