Le forze di attrito sono forze resistenti, cioè forze che tendono ad opporsi allo
strisciamento o al rotolamento di un corpo a contatto con un altro corpo.
Sono forze di contatto che agiscono tra le superfici di due corpi e sono dovute alle forze
elettriche attrattive che si esercitano tra le molecole.
Se un corpo è fermo su un piano rigido orizzontale, si osserva che la minima intensità
della forza orizzontale Fo min che bisogna
applicare ad esso per porlo in movimento è direttamente proporzionale
all' intensità della forza verticale Fv che lo
spinge contro il piano, e che è data dal suo peso P più una
eventuale forza verticale aggiuntiva F' che lo prema contro
il piano:
Fo min = ms Fv= ms
(P + F' ) .
Poichè il corpo non inizia a muoversi finchè la forza orizzontale applicata non supera Fo min ,si deduce che la forza d'attrito statico Fas che equilibra la forza applicata,
cresce al crescere di questa ed assume l'intensità massima
Fas
max = ms (P + F') .
Il coefficiente di proporzionalità ms
(minore di uno) tra le superfici è il coefficiente di attrito statico, dipende
dalla natura delle superfici a contatto e diminuisce se esse sono lubrificate.
Non appena il corpo inizia a strisciare ms
viene sostituito dal coefficiente di attrito dinamico md , che è minore di quello statico.
Pertanto la forza di attrito dinamico Fad che si
esercita tra i corpi che strisciano è sempre minore di quella massima di attrito statico Fas max .
Se un blocco del peso di 100 kg, appoggiato su un piano orizzontale, inizia a muoversi
quando la forza orizzontale applicata ad esso assume il valore di 40 kg-peso, il
coefficiente di attrito statico è ms = 40/100 = 0,4.
Non appena l'intensità della forza applicata supera il valore di 40 kg-peso, il blocco
accelera.
Per farlo strisciare con velocità costante bisogna diminuire forza applicata, perchè la
forza di attrito statico viene sostituita da quella di attrito dinamico (o cinetico) md.
Se si suppone che il coefficiente di attrito dinamico sia 0,25 , l'intensità della
forza orizzontale che deve essere applicata per mantenere il blocco in moto uniforme è
0,25 * 100 = 25 kg-peso.
L'attrito che si manifesta tra due corpi che strisciano prende il
nome di attrito radente, ed è minore dell'attrito volvente che si manifesta quando un
corpo rotola su un altro; per questo motivo nelle macchine i cuscinetti a sfere sono più
vantaggiosi dei cuscinetti basati su superfici lubrificate.
Nelle auto con motore a combustione interna è necessaria la lubrificazione continua dei
cilindri, con olio in pressione, per evitare il grippaggio dei pistoni.
Gli ingranaggi di alcuni dispositivi meccanici, come il differenziale ed il cambio di
velocità, sono immersi in olio per minimizzare l'attrito e garantire sicurezza di
funzionamento.
Non sempre la presenza delle forze d'attrito, che dissipano energia meccanica in calore,
è indesiderata:
- la frizione ed i freni delle auto sfruttano l'attrito radente;
- non potremmo camminare nè correre senza le forze di attrito tra le scarpe ed il suolo;
- un veicolo ferroviario o stradale non si potrebbe muovere senza le forze d'attrito,
rispettivamente tra ruote e rotaie e tra pneumatici e fondo stradale;
- un'auto o una moto per percorrere una curva hanno bisogno di forze d'attrito (forze
centripete) tanto più intense quanto maggiore è la velocità e quanto minore è il
raggio della curva.
Un corpo muovendosi in un liquido è soggetto alle forze resistenti dovute all'attrito
interno del liquido, che prende il nome di viscosità.
La viscosità di un liquido è dovuta alle forze elettriche attrattive tra le molecole e
diminuisce al crescere della temperatura del liquido.
Il fatto che la viscosità di un olio decresca notevolmente al crescere della temperatura,
spiega le difficoltà che si riscontrano nell' avviare il motore di un'auto quando la
temperatura ambientale è molto bassa.
L'attrito interno del liquido e l'attrito tra questo e la superficie del corpo in
movimento, determinano la resistenza idrodinamica (o viscosa) al moto, che è direttamente proporzionale alle dimensioni ed alla velocità del corpo.
Se il corpo si muove con una velocità maggiore di 2 m/s, la resistenza dipende dal
quadrato della velocità (resistenza idraulica).
Se un corpo si muove in un gas è soggetto ad una forza resistente,la resistenza del mezzo o resistenza aerodinamica, che dipende dal quadrato della velocità del corpo, dalla densità del gas, dalla sezione trasversale del corpo, cioè dall' area della superficie proiettata dal corpo su un piano perpendicolare alla direzione della velocità e da un fattore di forma che dipende dalle caratteristiche geometriche (profilo aerodinamico) del corpo.
Nel caso di un corpo dotato di una superficie molto grande, per esempio un paracadute,
la resistenza aerodinamica è così grande che la velocità di caduta si stabilizza
intorno ad un valore costante, tanto minore quanto maggiore è la superficie del
paracadute.
La resistenza aerodinamica Ra è direttamente proporzionale
alla sezione trasversale S del paracadute,alla densità r dell'aria ed al quadrato della velocità V.
Raggiunto l'equilibrio tra la forza peso P = Mg e la
resistenza aerodinamica Ra = Cr S r V2, dove Cr è un coefficiente di proporzionalità che dipende dalla forma
del corpo ed è analogo al ben noto coefficiente Cx che
determina la resistenza aerodinamica che agisce su un' auto, si annulla la forza
risultante che agisce sul corpo e vale il principio d'inerzia.
Il corpo continua pertanto a cadere con una velocità costante V
che si ottiene estraendo la radice quadrata del rapporto
Mg/(CrSr).
La resistenza aerodinamica è sempre orientata perpendicolarmente alla sezione trasversale
del corpo in moto.
La resistenza aerodinamica che agisce sull' alettone di un' auto di formula uno o quella
che agisce sulle ali di un aereo, quando la superficie mobile è disposta obliquamente
rispetto alla direzione di moto, si può scomporre in due componenti:
la componente verticale,che nel caso dell'auto di formula 1 agisce verso il
basso,aumentando l'aderenza tra i pneumatici e la pista;
nel caso dell' aereo invece è diretta verso l'alto e costituisce la cosiddetta portanza
alare, che deve superare il peso dell'aereo affinchè questo possa decollare;
la componente orizzontale che si oppone al moto in entrambi i casi, contrastando la forza
propulsiva.
Nel caso di un' auto la resistenza aerodinamica relativa alla sezione trasversale della
carrozzeria, determina la massima velocità di marcia , per una data potenza massima
erogata dal motore.
Infatti, al crescere della velocità, la resistenza aerodinamica , sommata alla resistenza
dell'auto al rotolamento, che è proporzionale al peso ed al coefficiente di attrito
volvente tra pneumatici e fondo stradale, tende ad equilibrare la massima forza
propulsiva, fino a quando si annulla l'accelerazione, ed il veicolo marcia a velocità
costante, per il principio d'inerzia.
Se un'auto ha una sezione trasversale S = 1,5 m2 ,
considerando la densità dell'aria r = 1,29
Kg/m3, una velocità massima Vmax = 130
Km/h ~= 36,11 m/s, un valore Cx = 0,2 , un peso P = 1000 kg-peso ed un coefficiente di attrito volvente Cv = 0,01, si ottengono i seguenti valori:
Resistenza aerodinamica Ra = Cx rS Vmax2 =
0,2 x 1,29 x 1,5 x 36,112 = 504,62 N = 504,62/9,8 = 51,49 kg-peso.
La resistenza al rotolamento è data da:
Rv = Cv P = 0,01 x 1000 = 10 kg-peso.
Pertanto, alla velocità massima di 130 km/h il motore deve sviluppare una potenza massima
pari al prodotto della forza resistente complessiva Rt = Ra + Rv
= 51,49 + 10 = 61,49 kg-peso per la velocità Vmax:
Pmax = Rt Vmax = 61,49 x 36,11 kg-peso
x m/s = 2220,4/75 CV = 29,6 CV (1 Cv = 75 kg-peso x m/s) .
La potenza necessaria per vincere la resistenza aerodinamica vale
Pa = RaVmax = 51,49 x 36,11 ~ =1859,3 ~= 24,79 CV,
mentre quella necessaria per vincere la resistenza al rotolamento vale
Pv = RvVmax = 10 kg-peso x 36,11 ~= 361,1 ~= 4,814
CV.
Le simulazioni al computer e le prove aerodinamiche eseguite nelle gallerie del vento
delle fabbriche automobilistiche, servono ad ottimizzare la forma della carrozzeria per
sfruttare nel miglior modo possibile la potenza del motore in relazione alla massima
velocità ottenibile.
Il principio di Pascal (filosofo e matematico francese , 1623- 1662) è fondamentale
per la statica dei fluidi (liquidi e gas), che sono caratterizzati da una grandissima
mobilità delle molecole, dovuta al fatto che le forze elettriche attrattive tra di esse
risultano molto minori rispetto a quelle che caratterizzano la struttura cristallina.
Per enunciare il principio di Pascal occorre riferirsi alle proprietà fondamentali dei
fluidi.
Mentre i liquidi hanno una piccolissima comprimibilità ed assumono la forma del
recipiente che li contiene, mantenendo costante il proprio volume, i gas invece sono
facilmente comprimibili e per effetto delle debolissime forze attrattive tra le molecole
(forze di Van der Waals) e delle elevate velocità di agitazione termica, si espandono
fino ad occupare tutto il volume del contenitore, esercitando una pressione sulle pareti
di questo.
Come possiamo definire la pressione di un fluido ?
E' la forza che agisce perpendicolarmente su una qualsiasi superficie unitaria che sia a
contatto con esso, e si misura in unità di forza per unità di superficie : N/m2 =
Pa (newton/metro quadrato = Pascal) ; kg-peso/cm2 ; atmosfera = 1,033
kg-peso/cm2 .
Poichè la pressione è definita dal rapporto p = F/S tra la
forza F che agisce perpendicolarmente ad una superficie e
l'area S di essa, se si conosce il valore della pressione in
un dato punto del liquido, si può ricavare la forza F = p S
che agisce perpendicolarmente ad una superficie S .
Se infatti consideriamo un liquido in equilibrio in un recipiente, le forze di pressione
che il liquido esercita su tutte le pareti, per la III legge della dinamica sono uguali e contrarie a quelle esercitate dalle pareti sul
liquido.
Queste forze di reazione, se non fossero perpendicolari alle pareti del recipiente,
farebbero fluire il liquido parallelamente ad esse, per la grande mobilità delle
molecole.
Pertanto si deduce che le forze dovute alla pressione di un fluido agiscono sempre
perpendicolarmente alle pareti del contenitore e ad una qualsiasi superficie posta
all'interno del liquido, indipendentemente dall'orientamento di essa.
La pressione di un gas racchiuso in un contenitore è conseguenza dei continui urti delle
molecole contro le pareti di esso, ed aumenta al crescere della temperatura , in quanto
l'energia cinetica molecolare è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta (in
gradi Kelvin) del gas.
Le forze elettriche che agiscono tra le mobilissime molecole di un fluido rendono
possibile la trasmissione uniforme di una pressione esercitata in un punto qualsiasi di
esso a tutta la massa fluida, senza diminuzioni di intensità.
In questo consiste il principio di Pascal, che afferma che se un fluido è racchiuso in un
recipiente e viene aumentata la pressione in punto qualsiasi del fluido, l'aumento di
pressione si trasmette inalterato a tutto il fluido ed alle pareti del recipiente.
Se un liquido riempie un cilindro dotato di un pistone che esercita pressione sul
liquido, l'abbassamento del pistone produce un aumento di pressione che si trasmette
inalterato a tutto il liquido ed alle pareti del cilindro.
Un'importante applicazione di questo principio riguarda il sistema frenante di un'auto,
che consente di applicare alle pinze ed alle ganasce dei freni la forza esercitata dal
piede del guidatore,utilizzando un liquido sotto pressione che trasmette inalterato
l'aumento di pressione causato dall'abbassamento dello stantuffo collegato al pedale.
Ricordiamo inoltre il funzionamento dei sistemi oleodinamici utilizzati nelle macchine
operatrici (escavatori, bulldozer) e quello delle presse idrauliche, che consentono di
esercitare sui pezzi meccanici in lavorazione forze di parecchie tonnellate disponendo di
forze motrici molto più piccole.
Se un pistone con una superficie di 10 cm2 viene spostato di 100 cm in un
cilindro pieno d'olio, sotto l'azione di una forza di 5 kg-peso, trasmettendo un aumento
di pressione di 50 atmosfere ad un pistone con una superficie di 1 m2 = 10000
cm2, viene esercitata sul pistone grande una forza 10000/10 = 1000 volte
maggiore (5 tonnellate), mentre il relativo spostamento è 1000 volte minore (1 mm) di
quello subito dal pistone piccolo.
Il lavoro fatto dal pistone piccolo L = 5 kg-peso x 1 metro =
5 chilogrammetri, è circa uguale al lavoro fatto dal pistone grande sull'oggetto in
lavorazione (principio del torchio idraulico), se si ritiene trascurabile il lavoro che si
trasforma in calore a causa delle forze d' attrito e della viscosità dell'olio.
Il principio di Archimede è una conseguenza diretta del fatto che la pressione
idrostatica che si genera in un liquido per effetto della forza di gravità, dipende dalla
densità e dalla profondità del liquido.
Se consideriamo infatti un liquido in equilibrio statico in un recipiente, la pressione
idrostatica p in un punto qualsiasi del liquido ad una profondità h rispetto alla
superficie libera del liquido è data dalla formula p = po
+ r g h (principio di Stevino), nella quale r è la densità del liquido, g è l'accelerazione di gravità e po
è la pressione atmosferica che agisce sulla superficie libera del liquido.
Si osserva che r g h è il peso
per unità di superficie che si ha alla base di una colonna di liquido di altezza h, e che la pressione idrostatica, che è sempre diretta
perpendicolarmente alla superficie su cui agisce, dipende soltanto dalla profondità h .
Il principio di Archimede stabilisce che un corpo immerso in un liquido o in un gas
subisce una spinta S dal basso verso l'alto pari al peso del
volume V di fluido spostato: S = rVg .
La spinta di Archimede è data dalla risultante di tutte le forze che il fluido esercita
sulla superficie del corpo per effetto della pressione idrostatica (o aerostatica nel caso
di un gas).
In condizioni di assenza di gravità, per esempio in un' astronave in orbita attorno ad un
pianeta o ad un satellite, manca la pressione idrostatica; pertanto la spinta di Archimede
è nulla.
Un corpo immerso in un liquido galleggia se la spinta idrostatica supera il peso del
corpo.
In questo caso la risultante delle forze idrostatiche spinge il corpo verso la superficie
libera del liquido, finchè la spinta dovuta alla parte immersa non uguaglia il peso del
corpo.
Navi, sottomarini, mongolfiere e dirigibili funzionano in base al principio di Archimede.
Un sottomarino, espellendo o immettendo acqua nei suoi compartimenti stagni, è in grado
di controllare la differenza tra la spinta idrostatica ed il peso , rispettivamente quando
debba risalire in superficie o quando debba immergersi.
Esso e' anche in grado, raggiunta la profondità prestabilita, di rimanere a profondità
costante, facendo in modo che la spinta uguagli il peso.
Una mongolfiera è soggetta ad una forza ascensionale pari alla differenza tra la spinta
aerostatica S ed il peso:
Fa = S - P = refVg
- ricVg
, dove ref
è la densità dell'aria esterna (fredda), ric è la densità dell'aria interna (calda) e V è
il volume dell'involucro.
Quando il pilota della mongolfiera aumenta l'apertura della valvola del gas, determina un
aumento di temperatura dell'aria calda, con una diminuzione della densità ric e
quindi del peso di questa.
Pertanto la forza ascensionale aumenta.
Durante la discesa viene ridotto il flusso del gas per determinare una diminuzione di
temperatura, che implica un aumento della densità dell'aria calda sufficiente a fare in
modo che il peso superi la spinta aerostatica, determinando un' accelerazione verso il
basso.
Il principio di conservazione della massa, formulato nel 1789 dal chimico Lavoisier e
già espresso da Lucrezio nel poema "De rerum natura", consiste nel
considerare costante ed indistruttibile la quantità di materia presente in natura: in un
sistema qualsiasi e, per estensione, nell'universo, la quantità totale di materia è
sempre la stessa; la materia può subire trasformazioni fisico-chimiche, ma non si
distrugge
("in natura nulla si distrugge, tutto si trasforma").
La combustione di carbone (C) o gas metano (CH4) è una reazione chimica tra il carbonio o il metano
e l'ossigeno, che è il comburente.
I prodotti di reazione sono costituiti, nel caso del carbone, da ossido di carbonio (CO) ed anidride carbonica (CO2),
nel caso del metano da anidride carbonica e vapore acqueo (CH4 +
2 O2 -> CO2 + H2 O).
Se pesassimo il combustibile (carbone o metano) ed il comburente (ossigeno) ed i gas
prodotti dalla combustione, potremmo verificare che la massa complessiva dei prodotti di
reazione è sempre uguale alla massa complessiva dei reagenti, trascurando, in prima
approssimazione, la piccolissima quantità di massa dei reagenti che si trasforma in
calore per il principio relativistico di equivalenza tra massa ed energia.