1) Per quanto concerne la legge di Planck, che esprime l'intensità della radiazione termica emessa da un corpo nero alla temperatura assoluta T, in funzione della lunghezza d'onda (o della frequenza),
bisogna tenere presente che essa è verificabile sperimentalmente, nel caso particolare in cui il Sole
si consideri assimilabile ad un corpo nero, utilizzando uno spettrografo, che rileva selettivamente l'intensità di ciascuna riga spettrale, fornendo dati oggettivi correlati esclusivamente alla potenza
elettromagnetica irradiata dal Sole al variare della lunghezza d'onda. L'occhio invece, a differenza
dello spettrografo, pur presentando la massima sensibilità per la componente giallo-verde (550 nanometri), fornisce, al di fuori dell'atmosfera, la percezione visiva complessiva della luce bianca, nonostante il Sole presenti il massimo di emissione in corrispondenza della luce gialla, in concordanza con la definizione di stella gialla.
Esempio: Mentre un astronauta in orbita, al di fuori dell'atmosfera, vede il Sole come un disco luminoso bianco (percezione visiva soggettiva e complessiva), gli spettrografi del telescopio Hubble rilevano dati energetici oggettivi, conformi alla legge di Planck,con il massimo di emissione solare in corrispondenza delle lunghezze d'onda della luce gialla.
Per le altre stelle, al di fuori dell'atmosfera, mentre il telescopio Hubble continua a fornire dati energetici oggettivi, l'occhio, trattandosi di sorgenti puntiformi lontane e debolissime, e non estese e relativamente vicine come il Sole, fornisce una percezione visiva complessiva che dipende prevalentemente dal colore corrispondente al massimo di emissione (rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, a seconda della temperatura e quindi della classe stellare) ed in misura minore dalla curva di sensibilità visiva dell'occhio, massima per il giallo-verde, bassa per il rosso e minima per il blu.
2) Per un osservatore al suolo la situazione è diversa. Il disco solare appare giallo a causa della
diffusione di Raleygh della componente blu della luce solare da parte delle molecole dei gas e delle
particelle microscopiche di pulviscolo dell'atmosfera. Infatti, dal punto di vista colorimetrico, sottratta dalla luce bianca la componente blu, rimangono le componenti rossa e verde che sommandosi danno origine alla percezione soggettiva della luce gialla. Uno spettrografo fornirebbe invece uno spettro ancora conforme alla legge di Planck, ma con le righe tutte attenuate a causa dell'assorbimento atmosferico ed in particolare quelle azzurre notevolmente indebolite per effetto della diffusione di Raleygh.
3) Se al posto del Sole ci fosse una stella rossa come Antares, dal suolo la vedremmo rossa, poiché le componenti rosse non subirebbero una diffusione apprezzabile, essendo la loro lunghezza d'onda maggiore di quella delle componenti blu, che nel caso di Antares hanno intensità trascurabile a causa della temperatura relativamente bassa (3000 °K). Ed anche al di fuori dell'atmosfera la vedremmo rossa, perchè, pur essendo la sensibilità dell'occhio massima per le componenti giallo-verdi, l'intensità di queste è molto piccola rispetto a quella delle componenti rosse che trasportano la quasi totalità dell'energia radiante, per cui si ha la percezione del rosso e non del bianco. In altri termini la temperatura non è così elevata da generare la percezione del bianco. Si tengano presenti in proposito le espressioni al calor rosso ed al calor bianco in uso per indicare rispettivamente la temperatura di un metallo rovente (poco luminoso) e quella di un metallo incandescente.
Qualsiasi corpo, avente una data temperatura T ,disperde il calore accumulato in tre modi: per conduzione attraverso il mezzo (solido, liquido o gassoso) in cui si trova, per convezione, cioè
attraverso i moti convettivi del mezzo, finchè T è maggiore della temperatura Tm del mezzo (si pensi ai moti convettivi che generano le correnti marine oppure a quelli delle masse d'aria, che generano i venti) e per irraggiamento, in quanto emette radiazione termica (vedi leggi del corpo nero).
Se indichiamo con r = M/V la densità di un corpo di massa M e volume V, che per semplicità supponiamo sia una sfera di raggio R , e con c il suo calore specifico (c è la quantità di calore assorbita da una massa unitaria per riscaldarsi di 1 °C), la quantità di calore infinitesima dQs assorbita dalla sfera per riscaldarsi di dT è data da dQs= M c dT = rVc dT= (4/3) pR3 r c dT.
Se indichiamo con S = 4pR2 la superficie della sfera e supponiamo, per semplicità, che il mezzo sia un liquido o un gas (per es. aria) con una bassa
conducibilità termica, possiamo trascurare, in prima approssimazione, il calore disperso per conduzione, e considerare soltanto la densità di corrente termica (flusso termico specifico, per unità di superficie) per irraggiamento Ji = (dQi/dt)/S = esT4 (legge di Stefan per la potenza elettromagnetica emessa per unità di superficie, dove e è l'efficienza di emissione, minore di uno) e la densità di corrente termica Jc = (dQc/dt)/S per convezione, descritta, in prima approssimazione, dalla legge di Newton:
Jc = (dQc/dt)/S = g(T – Tm), dove g è un coefficiente di dispersione superficiale che dipende dalla superficie del corpo e dal mezzo, se esso è in moto rispetto al corpo (convezione forzata).
Pertanto il bilancio di potenza termica, per una diminuzione infinitesima di temperatura dT del corpo nell'intervallo temporale infinitesimo dt, è il seguente:
(dQs/dt)/S = - Ji - Jc.
Sostituendo le espressioni ricavate in precedenza, si ottiene l'equazione differenziale che descrive il raffreddamento del corpo:
rVc (dT/dt)/S = - esT4 - g(T – Tm).
Se, in particolare, la temperatura del corpo non è molto elevata (minore di alcune centinaia di °C),
è lecito trascurare la potenza termica emessa per irraggiamento elettromagnetico, che decresce rapidamente, con la quarta potenza della temperatura assoluta T, ottenendo:
rVc (dT/dt)/S = - g(T – Tm).
La soluzione, di tipo esponenziale decrescente, di questa equazione fornisce l'andamento temporale della temperatura del corpo con temperatura iniziale To, immerso in un mezzo alla temperatura costante Tm:
T(t) = Tm + (To – Tm) e - [ gSt/( rVc)] .
Poiché la funzione esponenziale neperiana e- [ gSt/( rVc)] è l'inverso di e [ gSt/( rVc)], si deduce che la differenza To – Tm viene divisa per un'espressione
il cui valore cresce tanto più rapidamente in funzione del tempo quanto maggiore è il rapporto tra
la superficie S ed il volume V: S/V = 4pR2/(4/3) pR3 = 3/R. Pertanto il raffreddamento della sfera è tanto più lento quanto maggiore è il raggio R: T(t) = Tm + (To – Tm)/e [ 3gt/( rRc)] .
Fissato cioè un istante t , il termine da sommare a Tm per ottenere la temperatura T(t) è tanto maggiore, essendo fisso il numeratore (To – Tm), quanto minore è il denominatore, che decresce al decrescere dell'esponente della base neperiana e. E poiché il suddetto esponente è direttamente proporzionale al coefficiente di dispersione superficiale g ed inversamente proporzionale alla densità r, al raggio R ed al calore specifico c, si deduce che, mentre la quantità di calore immagazzinata dalla sfera è direttamente proporzionale alla massa = densità x volume, quella dispersa per unità di tempo, per convezione (e per irraggiamento,qualora sia opportuno non trascurarlo) è direttamente proporzionale alla superficie S, che cresce con il quadrato del raggio, cioè meno rapidamente del volume, direttamente proporzionale al cubo del raggio. Quindi, per qualsiasi corpo, la rapidità con cui diminuisce il calore immagazzinato è tanto minore quanto maggiore è il rapporto tra volume e superficie. Sulla dispersione termica per convezione, che è un effetto di superficie, prevale l'accumulo termico,che è un effetto di volume. Ecco perchè gli animali di grossa stazza sono avvantaggiati nel bilancio tra calore immagazzinato e calore disperso superficialmente.
Questo discorso vale anche per gli elefanti, con la differenza che in questo caso le grandi orecchie svolgono la funzione di radiatori, che disperdono calore per convezione, come un termosifone, con un'efficienza elevata, atta ad assicurare l'autoregolazione della temperatura corporea.
La luminanza L = DF/(DWDscos b) di una superficie luminosa elementare Ds, è definita dal flusso luminoso emesso per unità di superficie da Dscos b, disposta perpendicolarmente alla direzione di propagazione (individuata dall'angolo b tra la direzione di propagazione e la perpendicolare a Ds), e per unità di angolo solido (steradiante), nell'angolo solido elementare DW. Se, in particolare, la direzione di propagazione della luce coincide
con la perpendicolare alla superficie luminosa elementare Ds, l'angolo b è nullo, pertanto, essendo cos b = cos 0° =1, la luminanza L è data dall'espressione DF/(DsDW).
Nel caso del riflettore parabolico con diaframma circolare di diametro D = AC, supponendo che sia
d = OB la distanza della lampada dal diaframma di vetro, si consideri che il flusso luminoso totale
Fv incidente sul diaframma di vetro si ottiene sommando alla frazione F W/(4p) del flusso totale F emesso dalla lampada in una sfera di raggio arbitrario (corrispondente a 4p steradianti) (frazione corrispondente al flusso emesso dalla lampada nell'angolo solido (cono) W), la frazione F (4p - W)/(4p), che rappresenta il flusso rimanente, riflesso dal paraboloide perpendicolarmente al diaframma, formando un fascio di raggi luminosi paralleli all'asse del riflettore ed in parte diffusi dal vetro altre direzioni, facendo l'ipotesi che esso costituisca una superficie lambertiana, cioè atta a diffondere la luce in tutte le direzioni.
Ovviamente la somma Fv dei due flussi coincide con il flusso totale F emesso dalla lampada. Pertanto il flusso luminoso totale uscente dal fanale si compone di una parte divergente, quella emessa nell'angolo solido sotto il quale la lampada, considerata per semplicità puntiforme,vede il diaframma di vetro e di una parte, quella riflessa dal paraboloide,orientata parallelamente all'asse passante per il fuoco e per il vertice
del paraboloide e successivamente diffusa dal vetro.
D'altra parte, tenendo presente che D/2 = d tg AOB e che cos AOB = 1/SQR(1 + tg2AOB) = 1/SQR[1 + D2/(4d2)], si può calcolare l'ampiezza in steradianti dell'angolo solido W sotto il quale la lampada vede il diaframma circolare:
W (in steradianti) = 2p(1 – cos AOB) = 2p{1 – 1/SQR[1 + D2/(4d2)] }.
Per esempio, se d = 8 cm, W= 2 x 3,14 x {1 – 1/SQR[1 + 152/(4 x 8 2)] } = 6,28 x (1 – 0,7299) = 1,696 steradianti.
Pertanto la luminanza L è data dall'espressione: L = F/[WpD2/4)]=
= 4F/{2p2D2{1 – 1/SQR[1 + D2/(4d2)]}}=
= 2F/{p2D2{1 – 1/SQR[1 + D2/(4d2)]}}.
Esempio: Supponendo che d (distanza tra la lampada , posta nel fuoco del riflettore, ed il vetro) sia di 8 cm, con D = 15 cm e F = 1000 lumen, si ha:
L = 2 x 1000 / {p2D2{1 – 1/SQR[1 + 152/(4 x 8 2)])}}= 2000 / {9,869 x 152 {1 – 1/SQR[1 + 152/(4 x 8 2)]}}=
= 2000/{9,869 x 152[1 – 1/SQR(1 + 225/(4 x 64)]}= 2000/{9,869 x 152 [1 – 1/SQR(1,879)]}= 2000/{9,869 x 225 [1 – 1/1,370]} = 2000/ [9,869 x 225 (1 – 0,7299)] =2000/[9,869 x 225 x 0,2701] = 2000/599,76 = 3,334 candele/cm2 = 3,334 stilb = 3,334 x 10000 cd/m2 = 33400 cd/m2 = 33400 nit.
Oppure: L = F/(WpD2/4) = 4 x 1000 / (1,696 x 3.1416 x 152) = 4000/ 1198,83 = 3,336 cd/cm2.
Dalla formula si deduce che, a parità del diametro D del diaframma, la luminanza cresce al crescere
della distanza d tra il fuoco del paraboloide ed il diaframma di vetro, in quanto l'angolo solido diminuisce ed il fascio di luce tende ad allinearsi con l'asse del paraboloide, diventando meno divergente rispetto al diaframma.
Ricambio anzitutto cordiali saluti al gentile visitatore di Bologna.
Nel caso dei fari anabbaglianti il calcolo presenta maggiori difficoltà,a causa della mancanza di simmetria rispetto all'asse del paraboloide (si utilizza un fuoco secondario).
Si propone pertanto una valutazione di massima, approssimativa, della luminanza.
Nel caso di fari anabbaglianti con filamento anabbagliante non schermato,bisogna tenere presente
che, essendo minore l'area della superficie luminosa da considerare per il calcolo della luminanza (sezione ortogonale del fascio) DS' = DS cos a, a causa dell'inclinazione a del fascio luminoso rispetto all'asse del paraboloide (parte sinistra della figura), la luminanza aumenta per
la diminuzione dell'area efficace. Se, in particolare, l'inclinazione è di 45°, la luminanza è 1,414 volte più grande: infatti, considerando approssimativamente invariati il flusso luminoso e l'angolo
solido, aumenta il rapporto tra l'intensità luminosa (in candele) (quasi costante e coincidente con il flusso luminoso per steradiante) e l'area della superficie emittente, il che implica un aumento della luminanza.
Invece, nel caso dei fari anabbaglianti con filamento schermato (parte destra della figura),poichè si dimezzano, approssimativamente, il flusso luminoso, l'angolo solido e l'area della superficie emittente, a parità di inclinazione, si ottiene una luminanza doppia che nel caso precedente.
Infatti, mentre rimane quasi costante l'intensità luminosa in candele, che è il rapporto tra il flusso luminoso e l'angolo solido (il cono) in cui viene emesso, l'area della superficie emittente si dimezza e pertanto raddoppia la luminanza, che coincide con il rapporto tra l'intensità luminosa e la predetta area.
1) La massa, considerata in meccanica classica nella sua duplice essenza di massa inerziale, cioè di rapporto costante tra forza ed accelerazione, e di massa gravitazionale, cioè di sorgente della forza di attrazione universale newtoniana, in meccanica relativistica è considerata equivalente all'energia, in base alla notissima formula einsteiniana E = mc2, che stabilisce che la massa si converte in energia, e viceversa.
Ma quando si verifica effettivamente la conversione di massa in energia ?
Si verifica soltanto nelle reazioni nucleari di fissione di elementi pesanti e di fusione di elementi leggeri ed in tutti i fenomeni di decadimento radioattivo (con emissione di radiazioni alfa,beta e gamma). In tutti questi fenomeni scompare una quantità infinitesima di massa che si trasforma in energia dei prodotti di decadimento, in quanto si tratta di reazioni che evidenziano tutte un difetto di massa (diminuzione di massa) tra i nuclei che decadono e la somma delle masse dei nuclei residui e delle particelle subnucleari emesse.
Ma la conversione di massa in energia, e viceversa, in uno o più fotoni si verifica anche tutte le volte che particelle ed antiparticelle subnucleari collidono tra di esse. In particolare, quando i fenomeni coinvolgono un solo fotone, si richiede che una coppia particella-antiparticella si trovi in prossimità di un nucleo atomico, la cui presenza impedisce la violazione delle legge universale della quantità di moto, che richiede l'assorbimento della quantità di moto del fotone.
Quando un elettrone collide con un positrone o quando un protone collide con un antiprotone, poiché si annulla la somma algebrica delle cariche elettriche uguali e contrarie ed una carica di sapore (elettronico) viene neutralizzata da una carica di antisapore (antielettronico o positronico), la somma delle masse delle due particelle si converte in energia elettromagnetica (fotoni gamma). Viceversa, uno o due fotoni gamma possono scomparire creando una coppia particella-antiparticella, purchè l'energia elettromagnetica dei fotoni sia almeno uguale a due volte il prodotto della massa di ciascuna particella (o antiparticella) per il quadrato della velocità della luce c.
I predetti fenomeni di creazione di coppie particella-antiparticella da parte di uno o più fotoni gamma e quelli inversi di annichilazione di coppie particella-antiparticella in uno o più fotoni gamma, ci fanno capire chiaramente la differenza tra massa e materia: la materia ordinaria consiste di massa e di cariche elettriche e non si converte spontaneamente in energia elettromagnetica finchè non si trovi in presenza di antimateria, fatta di antiparticelle situate al di là dello “specchio della natura” e dotate di cariche opposte, elettriche e di sapore nel caso dei leptoni (coppie elettrone-positrone,muone-antimuone, tauone-antitauone, neutrino-antineutrino) , elettriche, di sapore e di colore nel caso dei quark (coppie quark up-antiquark up, quark down-antiquark down, quark strange-antiquark strange , ecc..).
La massa è invece instabile in quanto in essa, a differenza di quanto si verifica nella materia, si annulla la somma algebrica delle cariche elettriche e si neutralizzano sapori con antisapori e colori
con anticolori. Infatti, negli acceleratori (collisori) di particelle, vengono fatti collidere elettroni e positroni o protoni ed antiprotoni di alta energia per ottenere una massa equivalente all'energia spesa per accelerarle. Questa massa, essendo instabile a causa della neutralizzazione di cariche e di anticariche (elettriche, di sapore e di colore), si converte immediatamente in tante coppie di particelle ed antiparticelle del modello standard ed in fotoni, gluoni e neutrini. Così anche si producono in laboratorio particelle esistenti soltanto nella fase iniziale di evoluzione dell'universo.
2) Non ha senso parlare di peso di una stella. Forse si intendeva parlare della forza peso agente
su un corpo soggetto all'intensissimo campo gravitazionale stellare, in rapporto al campo gravitazionale terrestre.
I modelli correnti di autovelox sfruttano il raggio LASER. Un diodo LASER emette ad intervalli prestabiliti una serie di brevissimi treni di impulsi di radiazione infrarossa, mentre il microcomputer dell'apparecchio misura l'intervallo di tempo Dt tra l'istante di emissione del primo treno di impulsi e l'istante in cui uno dei predetti treni di impulsi LASER codificati è riflesso da un'auto in transito di cui si debba misurare la velocità V.
Rilevato il ritardo D t , l'apparecchio calcola la velocità V e, qualora questa superi il limite stabilito, attiva il dispositivo che fotografa la targa del veicolo. In altri termini, viene misurato il ritardo Dt, che è pari, considerata la simmetria del percorso, all 'intervallo di tempo necessario ad un'auto in transito per percorrere la metà della distanza D tra il diodo LASER ed il fotorivelatore, per trovarsi nella posizione compatibile con la legge della riflessione di uno dei treni di impulsi LASER, quando cioè l'angolo formato dal raggio incidente con la perpendicolare alla velocità dell'auto è uguale all'angolo che la predetta perpendicolare forma col raggio riflesso.
In modo analogo funzionano altri tipi di autovelox con due coppie di dispositivi emettitore-rivelatore di raggi LASER o di fasci collimati di microonde (RADAR).
Il microcomputer, in base al tempo di transito dell'auto tra i due punti di rilevamento, calcola la velocità e trasmette via radio il comando di acquisizione di immagine della targa ad una videocamera posizionata ad un'opportuna distanza dalla stazione di rilevamento.
Riferimento web:www.autovelox.net
Premesso che la luminanza di una radiazione monocromatica è direttamente proporzionale alla sua potenza e quindi al numero di fotoni ricevuti per unità di tempo, bisogna considerare che la risposta dei fotorecettori (coni e bastoncelli) della retina dell' occhio umano dipende per i coni, sensibili ai colori, sia dalla lunghezza d'onda che dalla luminanza, mentre per i bastoncelli dipende soltanto dalla luminanza. I coni, che sono di tre tipi, corrispondenti ai colori fondamentali (rosso, verde,blu),mentre vengono stimolati adeguatamente in presenza di flussi fotonici di intensità media, sono soggetti a fenomeni di saturazione quando l'intensità della luce diventa eccessiva, comportandosi analogamente ad una telecamera che venga “abbagliata” dalle luci di una scena molto luminosa. Inoltre sono caratterizzati da risposte rapide alle variazioni di intensità luminosa di breve durata e la loro saturazione determina l'incapacità dell'occhio di apprezzare
la nitidezza dei colori, finchè la luminanza di essi rimane eccessiva.
Fenomeni di saturazione (abbagliamento) più intensi interessano i bastoncelli, insensibili alle variazioni di lunghezza d'onda (variazioni di colore), ma molto più sensibili dei coni in risposta ai debolissimi flussi fotonici notturni lentamente variabili nel tempo (risposta lenta). Pertanto le condizioni più favorevoli ad un soddisfacente funzionamento della retina rispetto alla nitidezza cromatica, si riscontrano in presenza di flussi fotonici di intensità media.
Se si considerano i valori a 0 °C della densità del ghiaccio, rg = 0,917 g/cm3, e
della densità dell'acqua, ra = 0,999868 g/cm3 , si ha:
mg (massa del ghiaccio) = rgVg = ma (massa dell'acqua) = ra Va, dove Vg
e Va indicano rispettivamente il volume del ghiaccio ( 1 dm3 = 1000 cm3) e quello dell'acqua.
Pertanto il volume dell'acqua che si forma alla temperatura di 0° C, che rimane costante durante la fusione, è : Va = rg Vg /ra= 0,917 x 1/0,999868 = 0,917121 dm3 , circa 917 cm3 .
1) Gli elettroni ed i protoni che costituiscono il vento solare descrivono moti elicoidali attorno alle linee di forza del campo magnetico terrestre rimanendo intrappolati in esse. Tenendo presente che
le suddette linee di forza, mentre alle latitudini basse ed intermedie seguono approssimativamente la curvatura terrestre, nelle zone polari e circumpolari “atterrano” quasi perpendicolarmente,si comprende come gli effetti dell'interazione tra le particelle e l'atmosfera siano indipendenti dalla rotazione terrestre e quindi anche dall'alternarsi del giorno con la notte (vedi figura relativa alle fasce di Van Allen ,pag.9 di peoplephysics- le leggi del mondo fisico). Pertanto gli effetti luminosi prodotti dall'eccitazione degli atomi di ossigeno e di azoto dell'aria sono sempre presenti, sia di giorno che di notte, con la differenza che si possono osservare distintamente soltanto in assenza dell'intensa luce solare.
2) I fenomeni luminosi si manifestano a quote comprese tra i 100 km ed i 300 km, in quanto le particelle del vento solare cedono la maggior parte della loro energia cinetica agli strati ionosferici, che, trovandosi alle quote più elevate, sono i primi ad essere interessati dal flusso particellare.
Il fatto poi che gli atomi della ionosfera siano in prevalenza ionizzati per aver perso uno due elettroni degli strati più esterni, non è incompatibile con l'eccitazione per urto di uno o più elettroni appartenenti agli strati più interni, in quanto le elevate energie possedute dalle particelle solari (fino ad alcune centinaia di migliaia di elettronvolt) sono in grado di eccitare perfino gli elettroni fortemente legati al nucleo, che si spostano verso strati più elevati, che abbiano già perduto uno o più elettroni. In molti casi gli elettroni più vicini al nucleo vengono addirittura liberati, ionizzando ulteriormente l'atomo. I fenomeni luminosi sono determinati dalle transizioni “di ritorno” degli elettroni verso livelli energetici inferiori.
3) L'energia di ionizzazione proviene sempre dall'energia cinetica delle particelle solari che collidono con gli elettroni e che dopo l'urto continuano la loro corsa urtando altri atomi.
Per spiegare la struttura degli spettri a righe, possiamo considerare il semplice esempio dell'atomo di idrogeno, i cui livelli energetici sono forniti dalla seguente formula:
E(n) = - me2/(8h2eon2), dove m = 9,11 x 10-31kg è la massa dell'elettrone, e = 1,6 x 10-19coulomb è la sua carica elettrica, h = 6,626 x 10-34 Joule/sec è la costante universale di Planck, eo = 8,85 x10-12 Farad/metro è la costante dielettrica del vuoto nel sistema di misura internazionale (sistema Giorgi), ed n =1,2,3, .... è il numero quantico principale da cui dipende l'energia di legame
E (n) (energia meccanica totale), pari alla somma delle energie cinetica e potenziale elettrostatica dell'elettrone. Questa energia totale, che è analoga a quella di un pianeta in orbita attorno ad una stella o di un satellite in orbita attorno ad un pianeta, ed è negativa in quanto l'elettrone è legato al nucleo (protone), si calcola applicando le leggi della meccanica quantistica, che, soltanto nel caso particolarmente semplice dell'atomo di idrogeno, forniscono lo stesso risultato della prima teoria dell'atomo, dovuta a Niels Bohr (1913).
Secondo i principi della meccanica quantistica l'elettrone può assorbire o emettere un fotone soltanto spostandosi tra due livelli energetici, E(ni) ed E(nf), dove ni ed nf sono due numeri interi qualsiasi che individuano rispettivamente lo stato iniziale e quello finale, con E(ni) maggiore (meno negativa) di E(nf) se viene emesso un fotone con lunghezza d'onda l = hc/[E(ni) - E(nf)]. Se invece E(ni) è minore (più negativa) di E(nf) , viene assorbito un fotone con lunghezza d'onda l = hc/[E(nf) - E(ni)].
Le varie righe spettrali emesse vengono raggruppate in alcune serie a seconda dei valori del numero quantico finale nf:
Serie di Lyman (nell'ultravioletto),per nf = 1 ed ni = 2,3,4...
l = hc/[E(ni) - E(nf)] = me2/(8h2eo) x (1/nf2 - 1/ni2) = me2/(8h2eo) x (1/12 - 1/ni2).
Serie di Balmer (nell'ultravioletto e nel visibile), per nf = 2 ed ni = 3,4,5...
Serie di Pashen (nell'infrarosso) per nf = 3 ed ni = 4,5,6 ...
Serie di Brackett (nell'infrarosso) per nf = 4 ed ni = 5,6,7...
Serie di Pfund (nell'infrarosso ) per nf = 5 ed ni = 6,7,8... .
In modo analogo si calcolano le lunghezze d'onda delle righe di assorbimento, tenendo presente che ni è minore di nf.
Esempio: serie di Lyman (di assorbimento nell'ultravioletto), l = hc/[E(ni) - E(nf)] = me2/(8h2eo) x (1/ni2 - 1/nf2), con
ni = 1 (atomo di idrogeno nello stato fondamentale, cioè con energia minima) ed nf =2,3,4...
Come si vede, i fenomeni di emissione ed assorbimento che interessano gli elettroni orbitali
sono del tutto diversi da quelli termici che generano la radiazione termica a spettro continuo.
Gli spettri a righe sono caratteristici dei singoli atomi ed una particolare lunghezza d'onda emessa, per es.,
nella banda del verde o in quella di qualsiasi altro colore, è caratterizzata da una tinta che è caratteristica di un particolare atomo e serve
infatti a rivelarne la presenza, come infatti accade osservando lo spettro a righe di una stella.
In altri termini, una lunghezza d'onda di un particolare valore, per es. dello spettro a righe di un atomo nella banda del verde o del rosso, non ha alcuna relazione con la lunghezza d'onda dello stesso valore emessa da un corpo nero ad una data temperatura: nel primo caso la radiazione viene emessa per effetto di una transizione elettronica tra due stati quantici previsti in base alle leggi della meccanica quantistica, nel secondo caso essa viene emessa per effetto dell'accelerazione dovuta all'agitazione termica degli elettroni in un solido, che si comportano come oscillatori elementari.
Ovviamente, a parità di lunghezza d'onda, nei due casi l'energia E = hc/l dei fotoni è la stessa.
Per quanto concerne gli spettri a righe, sono disponibili le tabelle ricavate dai fisici “spettroscopisti” a partire dal XIX secolo e riportanti per ciascuno dei 92 elementi della tavola periodica le lunghezze d'onda caratteristiche (in nanometri), con le varie gradazioni di rosso , arancione, giallo, verde , blu e violetto osservate:
Come esempio riportiamo le lunghezze d'onda in angstrom (1 angstrom = 0,1 nanometri) di alcune righe del rame (Cu):
6781 (rosso), 6709 (rosso), 6168 (giallo), 6061 (giallo),5218 (verde), 5133 (verde), 5106 (verde).
La luce bianca emessa da un tubo fluorescente è dovuta all'eccitazione, con uguale intensità, degli atomi di tre tipi di sostanze diverse (fosfori a luce rossa,verde e blu), analoghe a quelle su cui si basa il funzionamento del tubo catodico di un televisore a colori . L'eccitazione degli atomi delle sostanze fluorescenti che diseccitandosi subito dopo emettono luce,è determinata dalla radiazione ultravioletta emessa dai vapori di mercurio eccitati dalla scarica elettrica.L'energia necessaria ad eccitare gli atomi di mercurio (qualche elettronvolt), è fornita dalla tensione applicata agli elettrodi del tubo (intorno al centinaio di volt), con un'efficienza di gran lunga maggiore rispetto a quella con cui viene emessa la radiazione termica di un corpo nero, che deve essere portato a temperature di parecchie migliaia di °C per emettere radiazione visibile di pari lunghezza d'onda.
L'equazione che in termodinamica descrive i cambiamenti di fase (solido-liquido, liquido-solido, solido-vapore,vapore-solido,liquido-vapore,vapore-liquido), cioè le trasformazioni dello stato di aggregazione di una sostanza, è l'equazione di Clausius-Clapeyron, che nel caso nella trasformazione di stato dell'acqua da liquido a vapore (vaporizzazione) è:
dp/dT = L/[T(Vv - Vl)] , dove L = 540 cal/g (calorie/grammo) = 540 x 4,18 (joule/cal) = 2257,2 J/g è il calore di vaporizzazione dell'acqua, T = t + 273 è la temperatura assoluta in °K, Vv è il volume specifico del vapore (in cm3/g) e Vl è il volume specifico dell'acqua.
Tenendo conto che a 100 °C Vv = 1677 cm3/g è molto maggiore di
Vl = 1,043 cm3/g e che, in prima approssimazione, il vapore acqueo segue la legge dei gas perfetti pVv = RT/M, dove R = 8,33 joule/(mole °K) è la costante universale dei gas ed M = 18 g è il peso molecolare dell'acqua, si ha:
Vv = RT/(Mp);
dp/dT = LMp/(RT2), la cui soluzione (integrale generale) è :
p = costante e[-LM/(RT)].
Per determinare la costante, sapendo che alla pressione di 1 atm l'acqua bolle a t = 100 ° C (T = 100 + 273= 373 °K) e sostituendo, otteniamo:
1 atm = costante e[-2257,2 x 18 /(8,33 x 373)];
costante = 1 / e[-2257,2 x 18 /(8,33 x 373)] = 4,773 x 105 atm.
Pertanto l'equazione che fornisce, in prima approssimazione, l'andamento della tensione di vapore saturo p dell'acqua in funzione della temperatura assoluta T è :
p (T) = 4,773 x 105 e[-2257,2 x 18 /(8,33 x T)] = 4,773 x 105 e(- 4877/ T).
Per ottenere la formula inversa, che fornisce l'andamento della temperatura assoluta T del vapore
acqueo in funzione della pressione p , eseguiamo i seguenti passaggi:
-4877/T = ln (p/ 4,773 x 105);
T = t + 273 = -4877/ ln (p/ 4,773 x 105).
t (in °C) = -273 - 4877/ ln (p/ 4,773 x 105).
Se, per esempio, desideriamo calcolare la temperatura centigrada t alla quale la tensione del vapore
acqueo assume il valore di 5 atm, otteniamo: -273 – 4877/ ln (5/4,773x105) =
= - 273 – 4877/(-11,466) = -273 + 425,34 = 152,3 °C.
Nella pentola a pressione l'acqua bolle ad una temperatura superiore a 100 °C, che è la temperatura di ebollizione alla pressione di 760 mm di mercurio (1 atmosfera). Infatti, la temperatura di ebollizione è la temperatura per cui la tensione di vapore saturo dell'acqua (relativa alla presenza simultanea del liquido e del vapore in equilibrio termodinamico tra loro) uguaglia la pressione esterna. Quando la valvola della pentola a pressione è chiusa, la pressione che determina il punto di ebollizione è data dalla pressione atmosferica alla quale si aggiunge la tensione del vapor d'acqua saturo che si accumula.Pertanto, facendo l'ipotesi che la pressione massima ammissibile nella pentola sia di 5 atmosfere, il che dipende dalla pressione che esercita la molla antagonista che chiude la valvola, il vapore che si forma incrementa gradualmente la pressione agente sull'acqua e nel contempo la temperatura di ebollizione, fino a far sì che la tensione del vapore saturo che si forma per la vaporizzazione dell'acqua all'interno delle bolle d'aria che agitano la massa liquida, diventi uguale a 5 atmosfere. Raggiunta questa condizione,segnalata dalla momentanea apertura della valvola non appena la pressione superi di poco il valore di 5 atmosfere, l'acqua continua a bollire alla temperatura costante di 152,3 °C, e la pressione del vapore saturo si mantiene costantemente al valore di 5 atmosfere.
Nella fase iniziale di riscaldamento, quando l'acqua nella pentola, con la valvola chiusa, raggiunge i 100 °C, l'acqua inizia a bollire e la pressione del vapore saturo che si libera, determina un piccolissimo (infinitesimo) aumento della pressione che agisce sul liquido ed un conseguente infinitesimo aumento della temperatura di ebollizione, seguito a sua volta da un ulteriore infinitesimo aumento della tensione di vapore, fino a raggiungere 152,3 °C.
Anzitutto La ringrazio per avermi segnalato l'incongruenza riscontrata nella risposta precedente:
invece di scrivere angstrom [1 angstrom = (1/10) di nanometro] ho scritto nm !
1) Con riferimento ad una risposta precedente (vedi risposte, pag. 4) , faccio presente che la larghezza Doppler di una riga spettrale, cioè la differenza tra la massima e la minima lunghezza d'onda che si rilevano leggendo il tamburo micrometrico dello spettroscopio a prisma, graduato in nanometri, e che corrispondono ai rispettivi angoli che ne individuano la deviazione rispetto alla direzione di propagazione del raggio incidente sul prisma, cresce al crescere della lunghezza d'onda.
Infatti, la differenza di energia DE = hc/lmin - hc/lmax = hc (lmax - lmin)/(lminlmax) dei fotoni relativi alle predette lunghezze d'onda, determinate per effetto Doppler dalla distribuzione statistica delle velocità di agitazione termica degli atomi che emettono la radiazione, è tanto più
significativa rispetto all'energia Eo = hc/lo del fotone
relativo al centro della relativa riga spettrale [lo = (lmin + lmax) /2], quanto maggiore è la lunghezza d'onda, poiché la radiazione rossa è meno energetica di quella blu-violetta.
Ovviamente la larghezza di una riga spettrale non ha niente a che vedere con la larghezza in frazioni di millimetro della fenditura che delimita il fascio di luce che subisce la dispersione cromatica.
2) Quando si verificano più transizioni elettroniche (salti) , in cascata, da livelli energetici elevati verso livelli sempre più bassi, per ogni fotone emesso l'atomo, per il principio di conservazione della quantità di moto, rincula in verso opposto a quello di emissione del fotone, in modo del tutto analogo al rinculo di un'arma da fuoco, acquisendo velocità di rinculo crescenti,che incrementano l'allargamento per effetto Doppler soprattutto dell'ultima riga spettrale emessa.
3) I rapporti tra le intensità delle righe spettrali emesse dipendono dai rapporti tra le relative probabilità di transizione per emissione spontanea e quindi dalla vita media (in nanosecondi) dei
relativi livelli energetici iniziali e finali. Le righe deboli sono pertanto quelle
relative a livelli energetici tra i quali le transizioni avvengono con probabilità minore rispetto a quella che caratterizza le righe brillanti, e coinvolgono meno atomi che si diseccitano per unità di tempo, con una conseguente diminuzione della potenza radiante emessa.
1) Osservando uno spettro continuo,è immediato individuare la lunghezza d'onda in corrispondenza della quale è massima l'intensità della radiazione emessa dal corpo. La curva di Planck presenta infatti il classico andamento a campana, per cui è molto facile individuare sull'asse delle ascisse la lunghezza d'onda per cui si ha l'ordinata massima.
2) Dall'equazione di stato dei gas perfetti p V = (m/M)RT si deduce che la densità r = m/V = pM/RT è direttamente proporzionale alla pressione p. Pertanto, ad una data temperatura assoluta T, quanto più rarefatto è il gas, tanto minore è la larghezza delle righe spettrali, definita dal piccolo intervallo di lunghezze d'onda che corrispondono alla loro estensione.
Infatti, diminuendo la pressione aumenta il cammino libero medio, diminuisce proporzionalmente la frequenza degli urti tra le molecole ed aumenta l'intervallo di tempo tra due urti consecutivi; di conseguenza, per effetto del principio di indeterminazione di Heisenberg, che impone che sia pari ad h il prodotto delle incertezze di misura relative al tempo ed all'energia, si ha:
Dt DE = h ;
Dt hc(lmax - lmin)/(lmax lmin) = h.
In un tubo di Crookes lo spettro emesso dal gas rarefatto eccitato dalla scarica elettrica, varia al crescere della rarefazione poiché, al crescere del cammino libero medio degli ioni tra due urti consecutivi, aumenta la velocità acquisita da essi per effetto dell'accelerazione impressa dal campo elettrico; questo comporta un aumento dell'energia cinetica disponibile negli urti per “salti” elettronici sempre più ampi, che corrispondono a lunghezze d'onda sempre più piccole,al punto che, per rarefazioni molto spinte, l'emissione si sposta dal visibile verso l'ultravioletto e verso i raggi X, mentre la larghezza Doppler delle righe spettrali diventa sempre più piccola, riducendosi alla larghezza naturale imposta dal principio di indeterminazione in funzione della vita media degli stati eccitati. Se infine il vuoto nel tubo è molto spinto, essendo piccolissimo in questo caso il numero di ioni per unità di volume, la conducibilità elettrica del gas diventa molto piccola, il tubo si illumina di una luce verdastra dovuta alla fluorescenza del vetro, ed i pochi ioni rimasti urtando il catodo continuano ad estrarre elettroni, che accelerati dal campo elettrico, se la tensione è sufficientemente elevata, (qualche decina di kV),bombardano l'anodo causando l'emissione di raggi X .
3) La larghezza delle righe spettrali può essere determinata soltanto disponendo di spettroscopi ad alta risoluzione, che siano in grado di produrre deviazioni significative anche per piccolissime variazioni della lunghezza d'onda.
Alla soluzione del mistero dell'elevatissima temperatura (2,7 milioni di °K) della corona solare rispetto a quella, molto minore, della fotosfera, ha fornito un apprezzabile,anche se non decisivo contributo, la missione congiunta NASA-ESA SOHO (SOlar and Heliospheric Observer) (1999).
Le immagini acquisite con gli strumenti EIT (Extreme ultraviolet Imaging Telescope) e CDS ( Coronal Diagnostics Spectrometer ) hanno evidenziato su tutta la superficie solare la continua
generazione ed evoluzione di anelli di linee di forza magnetiche che, sotto la continua azione dei moti convettivi del plasma, aventi origine nella fotosfera e propagantisi verso l'alto, in modo analogo ai moti convettivi dell'acqua che bolle in una pentola, si trasformano in intervalli di tempo di circa 40 ore in anelli più piccoli che si intersecano reciprocamente liberando energia. In altri termini, pur non essendo ancora chiaro il meccanismo di trasformazione dell'energia magnetica in energia termica, si pensa che alla base di questi fenomeni magneto-termici ci siano onde MHD,
(Magneto Hydro Dynamic waves, onde magnetofluidodinamiche) , cioè onde magnetiche che si propagano nel plasma verso l'esterno, eccitando onde elastiche (compressioni e rarefazioni) attraverso i campi elettrici ad esse associati (ricordiamo che l'elettromagnetismo di Maxwell implica la generazione di campi elettrici variabili nel tempo in presenza di campi magnetici variabili nel tempo). Si fa inoltre l'ipotesi, suffragata da simulazioni al computer con modelli matematici, che le differenze di potenziale dovute ai campi elettrici generati dalla propagazione delle onde MHD accelerino gli elettroni e gli ioni del plasma solare dando origine ad intense correnti elettriche in grado di riscaldare il plasma alle temperature misurate, in modo analogo a quanto si verifica in un
TOKAMAK (reattore sperimentale al plasma a confinamento magnetico per le ricerche sulla fusione nucleare). Inoltre, nei punti d'incrocio tra i vari anelli che cambiano continuamente estensione, si verificherebbero dei veri e propri cortocircuiti tra i vari percorsi degli ioni e degli elettroni, che si muovono elicoidalmente , intrappolati dalle linee di forza magnetiche, con l'effetto di incrementare ulterioremente la temperatura del plasma. Si tratta ovviamente di modesti passi in avanti verso una definitiva interpretazione dei fenomeni osservati.
Per quanto riguarda il concetto di temperatura, si consideri che, in base all'equazione di stato dei gas, ionizzati o neutri che siano, p = rRT/M, la temperatura assoluta T
è funzione della velocità media (più probabile) delle particelle (o delle molecole), indipendentemente dalla rarefazione e quindi dalla densità. Infatti, anche se il cammino libero medio tra due urti è grande, si verifica sempre, attraverso gli urti, anche se meno frequenti, una ridistribuzione statistica delle velocità,tale da essere compatibile con la temperatura misurata.
Per quanto riguarda l'individuazione ad occhio, senza strumenti di misura, del massimo di emissione di una sorgente a spettro continuo (Sole, lampada ad incandescenza, arco voltaico), si consideri che essa non è attendibile in quanto si basa sull'occhio e sul cervello, che forniscono soltanto impressioni e non dati oggettivi (la sensibilità dell'occhio dipende dalla lunghezza d'onda).
Tuttavia,anche supponendo di volerci accontentare di un'osservazione non scientifica, potremmo tentare di individuare sulla carta la zona colorata più brillante, ammesso che la tecnica di stampa usata sia sufficientemente fedele allo spettro rilevato con lo spettroscopio. Per portare altri esempi di osservazioni spettrali soggettive, possiamo dire che nel caso della luce solare si percepisce una componente dominante gialla, mentre nel caso di una lampada alogena si percepisce una componente dominante azzurrognola che ci dice che la temperatura del filamento è così elevata che la maggior parte dell'energia si concentra in prossimità del blu-violetto. Ma, ripeto, sono osservazioni senza numeri, senza dati rilevati. E tutto ciò che non è esprimibile attraverso una misura non ha senso nelle scienze sperimentali.
Un azionamento solenoidale rotazionale si basa sull'impiego di un attuatore che converte movimenti assiali in rotazioni intorno all'asse. Un solenoide rotativo funziona in base al principio del piano inclinato. Il nucleo ferromagnetico del solenoide, che in assenza di impulsi di corrente è spinto a contatto con la parte superiore del contenitore della bobina, per effetto del campo magnetico impulsivo generato dall'avvolgimento e potenziato dal circuito magnetico ad alta permeabilità,esercita la forza assiale F (forza elettromagnetica – forza elastica della molla antagonista) su una sferetta verticale prigioniera di una cavità emisferica
ricavata nel nucleo del solenoide e libera di scorrere in una guida circolare incavata nel piano inclinato della parte inferiore del contenitore. In tal modo, mentre la componente F2 = F cos a, normale al piano inclinato, è equilibrata dalla reazione vincolare del piano inclinato (liscio e lubrificato), la componente F1 = F sena, parallela al piano, è la forza motrice tangenziale che viene applicata al nucleo del solenoide e trasforma i
movimenti assiali in atti di moto elicoidali il cui asse coincide con quello del solenoide.
In pratica in un solenoide rotativo, per ottenere una coppia maggiore, si impiegano tre sferette equidistanziate angolarmente e scorrevoli in altrettante guide inclinate incavate nella base dell'attuatore.
Riferimenti web:
http://www.cliftronics.com/prod_rotary_solenoids.html
http://mechanical-components.globalspec.com/
LearnMore/Mechanical_Components/Solenoids/Solenoids_Rotary_Intermittent_Duty
Il termine fluorescenza, che deriva etimologicamente dalla proprietà della fluorite (fluoruro di calcio) di emettere radiazione visibile quando è investita da radiazione ultravioletta, indica la proprietà di una sostanza, allo stato solido, liquido o gassoso, di emettere radiazione visibile in risposta all'assorbimento di radiazione visibile o ultravioletta, entro un intervallo di tempo che dipende dalla vita media (intorno a 10-8 s) dello stato eccitato originato dall'assorbimento di una radiazione più energetica (con lunghezza d'onda minore) rispetto a quella emessa.
Il termine fosforescenza, che deriva etimologicamente dalla proprietà del fosforo di emettere
una debole luce bluastra per lenta ossidazione, indica la proprietà di una sostanza di emettere radiazione visibile anche per un lungo intervallo di tempo,successivo alla fase di assorbimento della radiazione. La durata dell'emissione luminosa dipende principalmente dalla vita media degli stati metastabili eccitati, introdotti attraverso il drogaggio del materiale con ioni di metalli pesanti (per esempio, solfuro di zinco contenente ioni di rame). Gli ioni introdotti nella struttura cristallina ne alterano l'originaria struttura a bande (fasce di livelli energetici corrispondenti ai livelli di un atomo isolato), determinando altresì, in seguito all'emissione della radiazione visibile conseguente all' assorbimento, variazioni delle distanze interatomiche tali da eccitare oscillazioni meccaniche degli ioni della struttura cristallina (fononi, cioè quanti di energia elastica).
Queste oscillazioni elastiche,che si verificano soltanto durante l'emissione luminosa, contribuiscono allo smaltimento dell'energia assorbita dal cristallo nella fase di assorbimento, e vanno ad incrementare le oscillazioni elastiche dovute all'agitazione termica. La diminuzione del tempo di luminescenza al crescere della temperatura, si spiega considerando che, quanto maggiore è l'ampiezza delle oscillazioni termiche degli ioni del reticolo cristallino, tanto maggiore è la probabilità di transizione per emissione spontanea, dallo stato eccitato allo stato fondamentale, il che comporta un accorciamento della relativa vita media. Più aumenta il disturbo termico e più frequenti sono le “sollecitazioni” termiche che favoriscono l'emissione.
I fenomeni di fluorescenza e fosforescenza, pur verificandosi in parecchi materiali che nulla hanno a che vedere con il fluoro ed il fosforo, vengono indicati per consuetudine sempre usando i predetti termini.
a) L'accelerazione centripeta della vettura è ac = v2/R e coincide con l'accelerazione laterale di 1,55 g = 15,2 m/s2.
b) Il raggio della curva è R = v2/ac .
Essendo v = 104,11 km/h = 104,11 x 103/3600 = 28,91 m/s2, R = 28,912/15,2 = 54,98 m.
c) La forza centripeta è fornita dalla massima forza d'attrito statico Fa =msmg = mv2/R . Dai dati a disposizione si ricava
ms = v2/(Rg) = 28,912/(54,98 x 9,81) = 1,54.
Pertanto, se si conosce la massa m della vettura, moltiplicandola per 15,2 m/s2 si ottiene la massima forza centripeta.
d) Se ms= 1,54/2 = 0,77, vmax= SQR(msRg) = SQR(0,77 x 54,98 x 9,81) = SQR (415,3) = 20,378 m/s = 20,378 x 3600 /1000 km/h = 73,36 km/h.
e) Se , con asfalto asciutto ed alla stessa velocità, il raggio si dimezzasse, l'accelerazione centripeta e la forza d'attrito raddoppierebbero.
f) Lungo la curva l'energia cinetica non cambia, se il motociclista non accelera. Infatti la forza centripeta, essendo perpendicolare alla tangente alla traiettoria, non compie lavoro e conseguentemente non può far variare l'energia cinetica.
g) Anche se, in base alle formule, la velocità massima lungo la curva non dipende dal peso della vettura, in pratica, poiché l'aderenza dei pneumatici migliora al diminuire della pressione che si esercita nell'area di contatto tra pneumatici ed asfalto, la stabilità in curva aumenta al diminuire del carico.
La diffrazione attraverso una fenditura e quella causata da un corpo che intercetti il flusso luminoso
si spiegano in modo analogo: infatti, mentre nel caso della fenditura le onde luminose si diffrangono, per il principio di Huygens-Fresnel, sui bordi di una fenditura di larghezza d, dando origine, al di là della fenditura a fenomeni di interferenza, costruttiva e distruttiva, lungo direzioni che sono tanto più distanziate angolarmente quanto maggiore è il rapporto tra la lunghezza d'onda e d, nel caso di un corpo di larghezza d intercettante il flusso luminoso, le onde si diffrangono sui bordi del corpo con deviazioni tanto maggiori quanto maggiore è il rapporto tra la lunghezza d'onda e la larghezza di esso,causando al di là di questo fenomeni di interferenza che, se il suddetto rapporto è sufficientemente grande, non consentono di vedere distintamente i bordi del corpo.
Se invece il corpo ha dimensioni sufficientemente maggiori della lunghezza d'onda, le deviazioni subite dalle onde diffratte sono così piccole da impedire la formazione di frange con massimi di luce nella maggior parte della zona d'ombra del corpo. In altri termini le onde diffratte sono tanto più capaci di aggirare l'ostacolo quanto maggiore è il rapporto tra la lunghezza d'onda e le dimensioni del corpo. Le considerazioni geometriche sono analoghe a quelle relative alla diffrazione attraverso una fenditura. In altri termini, se la larghezza del corpo è grande rispetto alla lunghezza d'onda, le deviazioni delle onde dalla propagazione rettilinea sono così piccole che gli unici massimi di luce si manifestano in prossimità dei bordi del corpo, lasciando in ombra la maggior parte del campo visivo, il che consente di vedere l'oggetto nitidamente. Si pensi all'analogo fenomeno della diffrazione delle onde marine la cui propagazione per diffrazione al di là di una nave alla fonda in una rada è tanto più limitata quanto più grande è la nave, che funge da schermo.
Consideriamo anzitutto il polonio-210, isotopo che appartiene alla serie radioattiva naturale dell'uranio-238 (indicata anche come serie 4n +2, perchè i numeri di massa sono divisibili per 4 con resto 2; 210 = 52 x 4 +2), e che decade in piombo-206 emettendo particelle alfa da 5,4 MeV.
Il calcolo della quantità di calore prodotta dal decadimento di un grammo di polonio-210 si effettua
come segue:
Tenendo conto che il tempo di dimezzamento (emivita) T si ottiene moltiplicando la vita media t per il logaritmo naturale di 2, si ha: t=T/log 2 = T/0,693.
Poiché per il polonio-210 T è di 138,376 giorni = 138,376 x 24 x 3600 = 1,198 x 107 secondi, si ottiene una vita media t = 1,198 x 107/0,693 = 1,728 x 107 secondi.
Il tasso di decadimento dN/dt (numero di nuclei che decadono in un secondo) si ottiene dividendo il numero di Avogadro Na (numero di atomi contenuti in un grammoatomo di qualsiasi elemento; in questo caso numero di atomi in un grammoatomo di polonio-210, cioè in 210 g ) per il prodotto A t del numero di massa (A = 210) per la vita media:
dN/dt = Na/(A t) = 6 x 10 23/(210 x 1,728 x 107) = 1,655 x 1014 nuclei/sec = particelle alfa/sec.
La potenza P in watt sviluppata da 1 g di polonio-210 sotto forma di calore si ottiene moltiplicando
il numero di particelle alfa emesse in un secondo per l'energia di ciascuna particella espressa in joule 5,4 x 10 6 x 1,6 x 10-19: P = 1,655 x 1014x5,4 x 10 6 x 1,6 x 10-19 = 143 W. Pertanto 1 g di polonio-210 emette 143/4,18 = 34,21 cal/s (piccole calorie/sec).
Per quanto riguarda le scorie radioattive più pericolose prodotte dalla fissione dell'uranio-235, menzioniamo il cesio-137, che emette particelle beta- (elettroni di alta energia) da 1,176 MeV (Megaelettronvolt) decadendo, con un' emivita di 30,07 anni, in bario-137 e sviluppando 0,602 W/g , corrispondenti a 0,602/4,18 = 0,144 cal/s e lo stronzio-90, che emette particelle beta- da 0,546 MeV decadendo, con un'emivita di 28,78 anni in ittrio-90 e sviluppando 0,447 W/g, corrispondenti a 0,447/4,18 = 0,107 cal/s.
L'attivazione dell'Argon-40, isotopo stabile presente nell'aria con una concentrazione dell' 1%, avviene per cattura radiativa di neutroni termici (cattura ed emissione di un fotone di radiazione gamma): Ar40 + n ---> Ar41 + g.
La sezione d'urto di cattura s (parametro connesso alla probabilità di cattura) è relativamente elevata ,610 mb (1 millibarn = 10-24 cm2),rispetto a quella di cattura radiativa di neutroni da parte di nuclei stabili degli altri elementi presenti nell'aria, il che implica l'adozione di opportune misure preventive per la gestione della sicurezza in tutte le situazioni caratterizzate da flussi d'aria contaminabili da dispersioni di flussi neutronici (reattori nucleari).
Il radionuclide Ar41 decade emettendo radiazioni beta e gamma con un'emivita (tempo di dimezzamento) di 6588 s = 1,83 ore.
La sezione d'urto di cattura radiativa è inversamente proporzionale alla velocità dei neutroni e raggiunge valori massimi (di risonanza) con neutroni termici, aventi energie comprese tra 0,0375 eV [ (3/2)kT a 293 °K (20 °C)] e 0,1 eV.
Per definizione l'angolo di parallasse annua p di una stella è l'angolo sotto il quale dalla stella viene vista la distanza media Terra-Sole (1 U.A. Unità astronomica = 149.600.000 km).
Con riferimento alla figura, per determinare la distanza O S1 della stella S1 dal Sole (in O), basta misurare gli angoli S1 A S ed S1 B S che individuano le posizioni angolari della stella S1 rispetto ad una stella S, così lontana che la sua parallasse possa essere considerata nulla, a distanza di 6 mesi. S1 AS ed S1BS sono uguali rispettivamente ai valori p1 e p1' della parallasse della stella S1. La parallasse p si ricava dalla media di p1 e p1'. E' semplice inoltre, nota la parallasse annua p, determinare la distanza OS1 della stella S1 dal Sole con semplici considerazioni trigonometriche applicate ai triangoli rettangoli S1 O A ed S1 O B. Anzi è
opportuno, per conseguire una maggiore precisione, misurare le posizioni angolari della stella S1 rispetto a
più stelle molto lontane e ripetere le misure dopo 6 mesi. In tal modo la media ottenuta è più attendibile.
Esempio: La parallasse della stella a noi più vicina, l' Alfa Centauri, è di 0,76” (secondi d'arco), e corrisponde ad una distanza Stella-Sole: OS1 = AO/tang [(0,76/3600)]° = 149600000/ tang(2,11x10-4°) = 149600000/3,682 x 10-6 = 4,063 x 1013 km =
4,063 x 1013/(300000 x 365,25 x 86400) = 4,29 A.L (anni luce) (1 A.L. = 300000 x 365,25 x 86400 = 9,467 x 1012 km).
Il metodo della parallasse annua viene usato per distanze fino a 326 A.L. (parallasse = 0,01” ).
Dalla figura si nota inoltre che l'angolo di parallasse decresce al crescere della distanza.
In particolare,gli astronomi hanno trovato conveniente scegliere come unità di misura delle distanze stellari il parsec, che equivale a 1 U.A./tang 1” = 1 U.A./tang(1/3600)° = 1 U.A. /tang (2,77 x 10-4°) =
= 1 U.A./4,834136811 x 10-6 = 206265 U.A. = 206265 x 149.600.000 = 3,0857 x 10 13 km = 3,0857 x 10 13 km/ 9,467 x 1012 km = 3,259 A.L.
La semplice relazione di proporzionalità inversa tra distanza in parsec e parallasse espressa in secondi d'arco consente di calcolare immediatamente la distanza d = 1/p in parsec, nota la parallasse p: se p = 1”, d = 1 parsec (per definizione) ; se p=0,5”, d = 2 parsec, se p = 2”, d = 0,5 parsec , ecc... .
La parallasse di 1" è stata scelta proprio per introdurre nella relazione d = K/p , per semplicità e comodità di calcolo, una costante di proporzionalità K = 1: d = 1/p.
Un oggetto di forma sferica,non avendo spigoli nè angoli, quando si muove in un fluido, in questo caso nell'aria, è soggetto ad una resistenza aerodinamica molto minore rispetto a quella di un pendolo di forma diversa, per esempio cubica. Un pendolo cubico infatti sarebbe soggetto a coppie di forze aerodinamiche che ne provocherebbero moti oscillatori di torsione intorno al cavo di sospensione e quindi ulteriori modi di dissipazione dell'energia meccanica totale posseduta all'inizio del moto, con una conseguente, maggiore diminuzione dell'ampiezza angolare di oscillazione al passare del tempo. Si pensi al caso di una scatola cubica sospesa ad un filo e posta in rotazione: essa è soggetta a moti torsionali alternativamente in senso orario ed in senso antiorario.
Le forze Fa dovute alla resistenza dell'aria sulle 4 facce parallele al cavo di sospensione sono sempre perpendicolari a queste ed esercitano una coppia frenante che tende a far ruotare il cubo. A questa rotazione si oppone la coppia elastica delle forze di torsione del cavo, di intensità proporzionale all'angolo di cui ruota il cubo per effetto della coppia delle forze aerodinamiche. Si determinano così delle oscillazioni armoniche dovute all'elasticità di torsione.
La sfera invece, essendo un solido aerodinamicamente ideale, attorno al quale le molecole d'aria si muovono senza generare turbolenze, presenta il vantaggio di risentire in misura molto minore dei predetti effetti dissipativi. Nonostante anch'essa sia libera di ruotare attorno al filo di sospensione, è soggetta a coppie di torsione di entità trascurabile, proprio grazie all'assenza di facce piane che possano offrire una sensibile resistenza aerodinamica al moto.Consultare la pagina 5 di peoplephysics.com - le leggi del mondo fisico
Quando la radiazione viene assorbita da un corpo si verificano fenomeni diversi a seconda della struttura del corpo a livello atomico-molecolare.
Se si tratta di un metallo, la radiazione che non viene riflessa viene assorbita dal corpo prevalentemente per effetto Joule dagli elettroni liberi di muoversi nella banda di conduzione, sotto l'azione del campo elettrico oscillante dovuto alle onde elettromagnetiche che penetrano in uno spessore di metallo che decresce rapidamente al crescere della frequenza dell'onda. Il campo elettrico accelera gli elettroni di conduzione, mentre questi sottraggono energia alla radiazione assorbita convertendola in calore per effetto Joule.
Si pensi, per esempio, all'intenso riscaldamento della carrozzeria di un'auto esposta al sole estivo.
Se si tratta di un materiale isolante, il meccanismo di assorbimento si basa sull'eccitazione delle molecole verso gli stati con energia maggiore di quella dello stato fondamentale. In questo caso, se, per esempio, viene assorbita una radiazione molto energetica come quella blu (il corpo in questo caso assume il colore giallo= rosso+ verde = bianco – blu), le molecole riemettono l'energia assorbita sotto forma di fotoni meno energetici, i quali a loro volta eccitano altre molecole, che a loro volta emettono fotoni ancora meno energetici, e così via. In tutti questi processi in cascata di emissione ed assorbimento, la differenza di energia tra fotoni assorbiti e fotoni meno energetici riemessi, viene trasferita ai nuclei delle molecole, le cui oscillazioni di origine termica aumentano di ampiezza per effetto dell'assorbimento di quanti di energia elastica E = hf (fononi) analoghi ai fotoni della radiazione elettromagnetica. Infine, tutta l'energia meccanica posseduta dai nuclei atomici oscillanti viene di nuovo convertita in energia elettromagnetica [(radiazione termica, cioè raggi infrarossi,a spettro continuo (legge di Planck)]. In altri termini, un flusso iniziale di pochi fotoni di radiazione luminosa viene convertito alla fine in un flusso di moltissimi fotoni infrarossi a bassa energia: aumenta notevolmente la popolazione delle molecole che emettono fotoni
di bassa energia in modo tale che l'energia termica totale emessa risulti uguale all'energia totale
assorbita attraverso un numero molto minore di fotoni visibili , molto più energetici di quelli relativi
a tutto lo spettro infrarosso (vicino e lontano).
Per quanto riguarda l'ultimo quesito, si tenga presente l'effetto Raman, scoperto nel 1928, che consiste nel fatto che l'energia dei fotoni diffusi dalle molecole di un gas
subisce un aumento o una diminuzione, pari rispettivamente all'energia meccanica ceduta o assorbita mediante le vibrazioni e le rotazioni delle molecole (diffusione anelastica di fotoni)
Per spiegare semplicemente il concetto di potenziale elettrico si può ricorrere ad un'analogia con il potenziale di un corpo soggetto all'azione del campo gravitazionale terrestre g, che in prima approssimazione si può considerare praticamente costante (g = 9,8 m/sec2 da 0 a 1000 m di quota ed a 45° di latitudine).
Il lavoro L che bisogna compiere per sollevare un corpo di massa m da una quota h1 ad una quota h2 maggiore di h1 è dato dalla differenza tra l'energia potenziale gravitazionale U2 = mgh2 del corpo alla quota h2 e l'energia potenziale gravitazionale U1 = mgh1 alla quota h1: L = U2 - U1= mgh2 - mgh1.
Pertanto la differenza di potenziale gravitazionale (energia potenziale gravitazionale per unità di massa) si ottiene dividendo per m la differenza L = U2 - U1 = mgh2-mgh1: V2 - V1 = gh2-gh1.
Questo esempio mostra che il lavoro che bisogna compiere per spostare un corpo di massa unitaria da h1 ad h2,dipende soltanto dalla differenza di potenziale gravitazionale, quindi dalla differenza di quota h2-h1, considerando g costante. Per sollevare di 200 m la massa di 1 kg, bisogna compiere sempre un lavoro di 9,8 x 200 =1960 J (joule), qualunque sia la quota iniziale h1. Pertanto il potenziale gravitazionale di un corpo è definito in funzione di una costante che coincide con il potenziale gravitazionale iniziale gh1, relativo alla quota iniziale h1.Deduciamo inoltre che il campo gravitazionale g si ottiene dal rapporto cambiato di segno tra la differenza di potenziale gravitazionale DV e la differenza di quota Dh: g = - DV/ Dh=
- (V2 - V1)/(h2-h1).
Il segno – dipende dal fatto che il campo g è diretto verso il suolo,cioè verso i punti a potenziale minore, mentre il potenziale cresce al crescere della quota h.
In fisica il limite del rapporto incrementale DV/ Dh=
(V2 - V1)/(h2-h1), al tendere di h2 ad h1, rappresenta il modulo di un vettore che è il gradiente della grandezza scalare V (h).
In modo analogo si definisce in meteorologia il gradiente barico (della pressione barometrica)
grad p = Dp/ Dx, essendo Dx la componente x del vettore che congiunge sulla superficie terrestre
due punti A e B tra i quali esista la differenza di pressione barometrica Dp.
In questo caso la componente x del campo barico, cambiata di segno, - gradx p = - Dp/ Dx, rappresenta la forza per unità di volume che agendo su una massa d'aria sottoposta ad una differenza di pressione barometrica, ne determina il moto dai punti a pressione maggiore verso quelli a pressione minore.
In modo analogo si definisce il campo elettrico E = - grad V, dove V è il potenziale elettrostatico in volt (V) , cioè l'energia potenziale elettrostatica (in joule, J) per unità di carica (coulomb, C): 1 V = 1 J/C.
Anche in questo caso il potenziale elettrostatico è definito a meno di una costante arbitraria, che non influisce sui fenomeni fisici, in quanto interessano soltanto le differenze di potenziale tra due punti di un campo elettrico, indipendentemente dal potenziale assoluto attribuito ai singoli punti.
Si pensi agli uccelli che stazionano tranquilli sui cavi ad alta tensione senza subire alcuna conseguenza: il loro corpo assume lo stesso potenziale del conduttore che li sostiene, ma fin quando non vengano sfiorati da un altro conduttore collegato a terra (potenziale convenzionale = 0), possono sostare senza rimanere folgorati.
Con le stesse considerazioni si spiega il funzionamento della gabbia di Faraday. Una persona chiusa
all'interno della gabbia non sente alcun campo elettrico neanche quando essa venga collegata ad un generatore di alta tensione. Infatti, mentre la gabbia assume rispetto alla Terra lo stesso potenziale del generatore ed è soggetta ad un intenso campo elettrico esistente tra la rete metallica di cui è rivestita e la Terra, lo sperimentatore al suo interno si trova al sicuro, in quanto la rete metallica si elettrizza soltanto esternamente, mentre al suo interno, in condizioni di equilibrio elettrostatico, non si localizzano cariche elettriche, il che implica l'annullarsi del campo elettrico all'interno della gabbia, che si trova in tutti i suoi punti allo stesso potenziale del generatore (superficie equipotenziale). Il gradiente del potenziale è pertanto nullo in tutti i punti all'interno della gabbia.
Il fatto che il campo elettrico debba annullarsi all'interno della gabbia si giustifica con il teorema di Gauss, che equivale ad una delle celebri 4 equazioni di Maxwell sulle quali si fonda l'elettromagnetismo. Questo teorema afferma che il campo elettrico nello spazio esterno ad una superficie chiusa è generato dalle sole cariche elettriche interne alla superficie. Pertanto, se la gabbia di Faraday si trova in condizioni di equilibrio elettrostatico (campo elettrico nullo all'interno dei fili della rete metallica e nei punti interni alla gabbia), non possono esistere cariche elettriche localizzate all'interno delle parti conduttrici, ma soltanto sulla superficie esterna della gabbia, altrimenti il campo elettrico all'interno del metallo non sarebbe nullo e gli elettroni liberi si
sposterebbero impedendo il raggiungimento delle condizioni di equilibrio elettrostatico ammesse per ipotesi.
Gent.ma E. V.,
ho tentato più volte di inviarti una mail, ma i server non consentono di recapitare il messaggio.
Per questo sono costretto a risponderti attraverso il sito.
Anzitutto un sentito grazie per aver visitato il mio sito, per i tuoi suggerimenti e per i tuoi lusinghieri complimenti.
L'antico Egitto mi affascina come affascina te per i profondi misteri ancora tutti da svelare e che la maggior parte degli egittologi,sia in buona che in cattiva fede, continuano a non voler riconoscere come tali, attenendosi fedelmente alle “verità” scritte nei testi ufficiali.
A mio modesto avviso gli egittologi allineati alle tesi ufficiali, con Zai Awass in prima linea,non vogliono ammettere l'evidenza di tante prove a favore di una datazione delle piramidi e della Sfinge anteriore al 2500 a.C. . Potrei paragonare questa vexata quaestio al plurisecolare blocco dello sviluppo della scienza causato dalla cieca fedeltà alle tesi della filosofia aristotelica dell' “ipse dixit”, in base alle quali, prescindendo dagli esperimenti, si sostenevano pseudoverità “scientifiche” giustificate solo dal fatto che le aveva enunciate Aristotele, contro ogni oggettiva evidenza, e che portarono Galileo,fondatore e martire della ricerca scientifica moderna, all' abiura ed alla morte.
Quello che pensi tu lo penso anch'io. La mia modesta opinione è che sulla Terra si sia estinta una precedente avanzatissima civiltà antidiluviana , le cui vestigia siano non solo la Sfinge e le piramidi egizie, ma anche le piramidi delle civiltà americane precolombiane, i megaliti di Stonehenge, e tante altre rovine di gigantesche costruzioni sommerse, quali il muro di Bimini alle Bahamas e la piramide cinese di Yonaguni, nel Mar Cinese orientale, datata a 15000 anni fa.
E' ammissibile che si siano sviluppate sulla Terra tante civiltà che, in epoche molto lontane e con gradi molto diversi di evoluzione scientifico-tecnologica, abbiano raggiunto dimensioni addirittura globali come la nostra e che si si siano estinte per cause naturali, quali l' impatto di meteoriti con conseguente inverno planetario, tsunami planetari, glaciazioni, diluvi o addirittura elevati flussi di radiazioni cosmiche che potrebbero aver investito la Terra in concomitanza con inversioni ed indebolimenti del campo magnetico terrestre (ogni 300000 anni) (quindi senza uno schermo magnetico protettivo per lo sviluppo della vita).
La precisione millesimale ed al secondo d'arco che caratterizza le piramidi si spiegherebbe con l'estrema finezza delle tecnologie possedute da una civiltà estremamente progredita e globalizzata.
Il mio pensiero corre anche alle pile rinvenute a Bagdad (vasetti di terracotta con elettrodi cilindrici di ferro e bronzo), alle lampade, simili a tubi a raggi catodici (di Crookes), effigiate a Dendera, ecc... . Un' analoga estinzione, considerate le più recenti e pessimistiche previsioni dei futurologi, basate su sofisticati modelli matematici, potrebbe un giorno toccare alla nostra civiltà, poco propensa a gestire responsabilmente un saggio equilibrio tra esigenze di sviluppo economico sempre più pressanti ed ineludibili vincoli ambientali da non violare sistematicamente, come stiamo purtroppo facendo da oltre cinquant'anni, pena l'ineluttabile nemesi della Natura.
Gli egittologi non dovrebbero, per mancanza di umiltà, fare come gli struzzi per negare l'evidenza scientifica di parecchie prove. Ho trovato a riguardo un sito molto interessante: http://mmmgroup.altervista.org/i-menu.html.
Augurando a Te ed a Giovanni un mondo di bene, Vi invio i miei più cordiali saluti.
Le cause prevalenti nel determinare l'arrossamento del Sole al tramonto sono quelle di cui ai punti a) e c) , che sono entrambi importanti. Per quanto riguarda il punto c),l 'effetto Raman non interviene, in quanto la variazione di energia dei fotoni diffusi dalle molecole è circa 100 volte inferiore
all' energia associata alle transizioni tra gli stati elettronici, essendo dovuta al trasferimento di energia ai nuclei atomici oscillanti delle molecole, che sono alcune migliaia di volte più pesanti degli elettroni. I fotoni generati dalle transizioni molecolari tra i vari stati quantici vibrazionali, essendo infatti fotoni infrarossi molto meno energetici (0,01 a 0,05 eV) di quelli della radiazione visibile (da 1,7 a 3,5 eV) , non possono determinare variazioni significative della lunghezza d'onda.