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LE RISPOSTE ALLE VOSTRE DOMANDE

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Webmaster & Author: Antonino Cucinotta
Graduate in Physics
Electronics and Telecommunications Teacher
at the Industrial Technical High School "Verona Trento"
of Messina (Sicily), Italy
Copyright 2002 - All rights reserved

Webmaster ed Autore: Prof. Antonino Cucinotta
Dottore in Fisica
Docente di Elettronica e Telecomunicazioni
presso l'Istituto Tecnico Industriale"Verona Trento" di Messina
Copyright 2002 - Tutti i diritti riservati


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FOR THE WEBMASTER IT IS MUCH EASIER TO WRITE FORMULAE ALONG THE SAME LINE, USING SLASHES IN PLACE OF FRACTION LINES FOR EXPRESSING RATIOS BETWEEN SYMBOLS OF PHYSICAL QUANTITIES,ACCORDING TO THE FOLLOWING EXAMPLES:
AB/(CD) IS THE RATIO BETWEEN THE PRODUCT OF A BY B AND THE PRODUCT OF C BY D;
df(x)/dx IS THE DERIVATIVE OF THE FUNCTION f(x);
M = R2P/(Gm) =

R 2P
= ---------
(Gm).

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ESEMPI:
AB/(CD) INDICA IL RAPPORTO TRA I PRODOTTI AB E CD;
df(x)/dx INDICA LA DERIVATA DELLA FUNZIONE f(x);
M = R2P/(Gm) =

R2P
= ---------
(Gm).






DOMANDE

Egregio prof.re,
a proposito del tema sulla potenza proporrei il seguente problema:
-Un treno del peso di 200 tonn viaggia a pieno regime, spinto dai suoi motori elettrici della potenza di 6000 KW. Riduce la sua velocità per azione dei freni lungo un tratto di 200 m.
Si chiede quale sarà la velocità ridotta.
Tantissime grazie, Francesca


Gent.ma Francesca,
Nel problema da Lei proposto mancano due dati. Infatti, non essendo nota la velocità iniziale Vi o, in alternativa, la forza di trazione Ft esercitata dal locomotore, dalla formula della potenza P = FtVi = 6000 KW, non è possibile determinare rispettivamente la forza Ft o, in alternativa, la velocità iniziale Vi.
Manca inoltre il dato relativo alla forza frenante Fr. Pertanto il problema va modificato secondo quanto segue:
Un treno del peso di 200 t viaggia a pieno regime alla velocità di 90 km/h (90000/3600 = 25 m/s) , spinto dai suoi motori elettrici della potenza di 6000 KW. Sapendo che la forza esercitata dai freni lungo un tratto di 200 m ha l'intensità costante di 20 t, calcolare la velocità ridotta per effetto della frenatura.
La forza di trazione Ft è pari a P/Vi = 6x106/25 N = 240000 N = 240000/9,81 Kg-peso = 24464,8 Kg-peso = 24,4648 t.
Applicando il teorema delle forze vive (lavoro-energia) con Fr = 20000 x 9,81 = 196200 N e s = 200 m, si ha: L = - Fr s = (1/2)M (Vf2 - Vi2).
(1/2) MVf2 = (1/2) MVi2 - Frs; Vf = SQRT(Vi2 - 2Frs/M) = SQRT(252 - 2 x 196200 x 200/200000) = SQRT ( 625 - 392,4) = SQRT (232,6) = 15,25 m/s = 15,25 x 10-3 x 3600 = 54,9 km/h.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
Lei ha perfettamente ragione, ho omesso i dati giusti per completare il testo del problema.
Ma, se avessi posto che la frenata sia dovuta alla potenza persa in calore pari a 3000 Kw., sempre per lo stesso percorso, sarebbe stato possibile calcolare la velocità finale?
Tantissime grazie, Francesca

Gent.ma Francesca,
Se il dato 3000 KW si riferisce alla potenza frenante istantanea iniziale Pri = ViFr,dissipata dai freni quando la velocità è quella iniziale, si può calcolare la forza frenante (costante) Fr = Pri/Vi = 3000000/25 = 120000 N = 12232 Kg-peso = 12,232 t e quindi, per lo stesso percorso s = 200 m, la velocità finale Vf, applicando il teorema lavoro-energia:
- Fr s = (1/2)M (Vf2 - Vi2);
Vf = SQRT(Vi2 - 2Frs/M) = SQRT(252 - 2 x 120000 x 200/200000) = SQRT ( 625 - 240) = SQRT (385) = 19,62 m/s = 19,62 x 10-3 x 3600 = 70,63 km/h.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Egregio prof.re,
Le pongo un ulteriore caso sulla potenza inerente ai dati riguardanti il treno.
Riepilogo dati:
-peso del treno 200 tonn., potenza dei motori 6000 Kw., percorso di arresto S =200 m., potenza spesa per frenare Pr= 3000 Kw.
Se si dovesse calcolare la velocità finale in base ai dati sopra esposti, si potrebbe operare nel seguente modo?
P = L/t ; L= (1/2) MV2; t= 2S/V ; per cui facendo la differenza tra le due potenze
P2-P1 = 3000 Kw: P = M V3/(4S) ; V= radice cubica( 4PS/M )
Tantissime grazie , Francesca


Gent.ma Francesca,
La formula proposta è valida, ma serve a calcolare non la velocità finale ma la velocità iniziale V del treno conoscendo la potenza frenante media Prm, da sostituire al posto di P, la massa M del treno ed il percorso di arresto. Infatti in fase di frenatura si ha: Lr (lavoro resistente) = (1/2) MVi2 - (1/2) MVf2 . Essendo, per ipotesi,costante la decelerazione a = Fr/M, il moto è uniformemente decelerato : S = Vmedia t = (Vi +Vf)/2;
t = 2S/(Vi +Vf).
Pertanto la potenza frenante media è Prm = Lr/t = (1/2) M[Vi2 - Vf2]/t = M[Vi2 - Vf2](Vi +Vf)/(4S).
Se, in particolare, si considera il percorso Sarr fino all'arresto del treno, essendo nulla (Vf = 0) la velocità finale, si ha:
Prm = MVi3/(4Sarr).
Nella formula proposta nel quesito, oltre al fatto che V è da intendersi come velocità iniziale, è errato considerare la differenza tra la potenza motrice e la potenza frenante, perchè in frenata i motori elettrici vengono disinseriti ed agisce soltanto la potenza frenante.
Esempio numerico.
Se la potenza media dissipata dai freni fino all'arresto del treno è Prm = Fr((Vi + 0)/2 = FrVi/2 = 3000 KW (con Fr = 2 x3000000/25 = 240000 N = 24,464 t) , affinchè il percorso di arresto sia Sarr = 200 m, con M = 200 t, la velocità iniziale non deve superare il valore Vi = radice cubica (4Sarr Prm/M) = radice cubica (4 x 200 x 3000000/200000) = radice cubica (12000) = 22,894 m/s = 22,894 x 10-3 x 3600 Km/h = 82,418 Km/h.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
cortesemente mi dovrebbe spiegare un caso di termodinamica:
-un gas compresso in un cilindro si libera della sua energia spingendo un pistone, raggiungendo un punto fermo.La forza premente inizialmente era al massimo della sua intensità , ma mamo mano che avanza , la sua intensità diminuisce. Le chiedo, quanto vale l'intensità della forza in funzione dello spostamento fino all'arresto? Mi può eseguire un esempio numerico?
Tantissime grazie, Francesca.


Gent.ma Francesca,
Supponendo che l'espansione del gas (per es. aria) sia adiabatica, cioè che si verifichi in un intervallo di tempo molto breve perchè ci sia scambio di calore con l'ambiente (condizione pratica di isolamento termico, quindi senza scambio di calore, dQ = 0),e indicando con Pi = 50 atm la pressione iniziale, con Vi = 200 cmc il volume iniziale, con Vf = 1500 cmc il volume finale , con S = 30 cmq la sezione del pistone, con Pf la pressione finale e con g = Cp/Cv = 1,4 il rapporto tra i calori specifici a pressione costante e volume costante, si ha:
Pi Vig = Pf Vfg; Se si indica con Fi = PiS la forza iniziale agente sul pistone e con Ff = PfS la forza finale, si ottiene (1 atm = 1,013 x 105 N/mq) :
Ff = PfS = PiS (Vi/Vf)g = 50 x 1,013 x 105 x 30 x 10-4 (200/1500)1,4 = 1,519 x 104x (0,1333)1,4 = 1,519 x 104 x 0,0595 = 903,8 N = 92,13 Kg-peso.
In generale, per V compreso tra Vi e Vf si ha:
F (V) = 1,519 x 104 (200/V)g.
La variazione di F(s) in funzione della distanza s tra la posizione del pistone ed il fondo del cilindro, da si = Vi/S a s = V/S si ottiene dalla formula: F(s) = 1,519 x 104 (siS/sS)g = 1,519 x 104 (si/s)g, con si = Vi/S = 200 x 10-6/ 30 x 10-4 = 6,66 x 10-2 m = 6,66 cm.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Egregio professore,
a proposito di induzione elettromagnetica volevo chiedere :
nell' esperimento in cui si produce corrente indotta in un circuito, senza che questo sia in contatto col circuito induttore, la corrente indotta come fa ad opporsi per la legge di Lenz alla corrente induttrice, se non c' è contatto tra i due  ?
Mi spiego:  se la corrente indotta è prodotta dal movimento di un magnete, la corrente indotta produce a sua volta un campo magnetico opposto, oppure se è prodotta nello stesso circuito inducente, si ha autoinduzione. Ma nell'esperienza in questione, la corrente indotta in un circuito isolato che fa? In questo caso il campo magnetico della corrente indotta non si considera ?
Più in generale, poi, volevo sapere : la legge di Lenz riguarda l' opposizione alla causa che produce corrente indotta tramite variazioni del campo magnetico , ma per opposizione s' intende che se è prodotta con un magnete , essa sarà con un campo magnetico opposto e se è prodotta da una una corrente, l' opposizione sarà in questo caso , una corrente con verso opposto ?
Grazie. Francesco . Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
Consiglio anzitutto di osservare l'animazione a pagina 8 della sezione "le leggi del mondo fisico", che illustra chiaramente come una spira chiusa di area S, per effetto della corrente I(t) indotta dal moto relativo magnete-spira, per il teorema di equivalenza di Ampere sia assimilabile, a tutti gli effetti, ad un magnete con momento di dipolo m = moI(t) S, avente il polo Nord dalla parte della faccia in cui si vede circolare la corrente in senso antiorario ed il polo Sud dalla parte della faccia in cui si vede circolare la corrente in senso orario. Pertanto, poichè le interazioni elettromagnetiche non hanno bisogno di alcun mezzo per esplicarsi tra due circuiti elettrici o tra un circuito ed un magnete, si deduce che anche nel vuoto il polo Nord generato dalla circolazione della corrente indotta tende a respingere il polo Nord del magnete durante la fase di avvicinamento magnete-spira, e che invece, durante la fase di allontanamento del magnete dalla spira, la corrente indotta cambia verso (si osservi l'amperometro su cui è chiusa la spira) generando un polo Sud che tende ad attrarre il polo Nord del magnete. Quindi, nel caso di induzione elettromagnetica tra magnete e spira, la corrente indotta si oppone alla causa che l'ha generata (l'avvicinamento o l'allontanamento del magnete), generando nella faccia della spira rivolta al magnete rispettivamente una polarità magnetica dello stesso nome (repulsione) o una polarità magnetica contraria (attrazione).
Il fascino di questo esperimento, che ispirò ad Einstein l'estensione del principio di relatività galileiano ai fenomeni elettromagnetici, sta appunto nel fatto che , pur esistendo un isolamento perfetto tra due circuiti elettrici, di cui uno induttore (primario) e l'altro indotto (secondario) (caso dei trasformatori) , si genera , anche con il circuito indotto aperto, una f.e.m. indotta che, se si chiude il circuito, dà luogo ad una corrente indotta , che a sua volta genera un campo magnetico indotto di verso tale da opporsi al campo magnetico generato dalla corrente circolante nel circuito induttore.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
mi vengono dei dubbi a proposito dell'aspetto termodinamico di un compressore.. In un compressore alternativo, nella parte inferiore del pistone vi è un spazio ( sigillato con l'esterno), tale da permettere il movimento rotatorio alla biella collegata all'albero motrice. Ebbene, in questo spazio vi è dell'aria che genericamente si può considerare che sia alla pressione di 1 atmosfera. Quando il pistone raggiunge il punto morto superiore in cui avviene la massima compressione, nella parte inferiore l'aria si espande e quindi la sua temperatura dovrà variare.
Le domande da rivolgerle sono:
- quale sarà la temperatura raggiunta dall'aria in questione, durante la massima espansione? - quale sarà la risultante delle forze che agiscono sul pistone, dal momento che la pressione atmosferica ,agendo sulla testa del pistone, tende ad impedire la fase di compressione, mentre dalla parte inferiore del pistone, quella parte di aria, anche se tende a dimnuire di pressione , avrà comunque una minima forza di spinta, tale da contrastare quella atmosferica?
Pertanto, quale sarà l'intensità della forza che bisognerà applicare sotto al pistone affinchè si possa vincere quella atmosferica?
Comunque, supposto che in un compressore alternativo, la valvola di scarico sia aperta ed in comunicazione con l'aria atmosferica e che il pistone sia spinto fino al punto morto superiore i cui  dati siano i seguenti:
- diametro del pistone 0,15 m, corsa 0,10 m,temperatura dell'aria racchiusa sotto al pistone 20°C, temperatura dell'aria aspirata 15°C, potrebbe rispondere alla due domande chieste?
N.B. - se i dati posti, sono insufficienti per rispondere alle domande, può aggiungere quelli mancanti come meglio ritiene opportuno.
Tantissime grazie, Francesca


Gent.ma Francesca,
Supponendo che il volume della camera sigillata sia Vi = 3000 cmc quando il pistone si trova al punto morto inferiore, con Ti = (20 + 273) °K = 293 °K, il volume della camera con il pistone al punto morto superiore è
Vf = 3000 + 10 x 3,14 x152/4 = 3000 + 1766 = 4766 cmc.
Pertanto Tf = Ti (Vi/Vf)g -1 = 293 x (3000/4766)1,4 -1 = 293 x 0,62940.4 = 293 x 0,8309 = 243,4 °K = -29,6 °C.
La pressione dell'aria nella camera, con il pistone al punto morto superiore si ottiene dall'equazione
Pi Vig = Pf Vfg, con Pi = 1 atm; Pf = Pi (Vi/Vf) g = 1 x (3000/4766)1,4 = 0,6294 1,4 = 0,5229 atm. = 0,5229 x 1,013 x 105 N/mq = 52969,7 N/mq.
Pertanto, la forza risultante agente verso il basso sul pistone in corrispondenza al punto morto superiore, con la valvola di scarico aperta (alla pressione di 1 atm) è
F = S (1 - 0,5229)x 1,013 x 105 = 3,14x 0,152/4 x 0,4771 x 1,013 x 105 N = 853,63 N = 87,01 Kg-peso.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDE:Egregio prof.re, cortesemente le rivolgo due domande di fisica:
- una forza media di 30.000 N, spinge un carro ferroviario del peso di 8.000 Kg. per un tratto di 100 m., dopodichè da questo punto fino a 150 m, interviene una forza frenante procurata da un generatore elettrico riducendo di 9/10 la velocità raggiunta fino ai 100 m percorsi.
Si vuole sapere la potenza effettiva assorbita dal generatore nel tratto che va dai 100 m ai 150 m. -Galileo Galilei, ha introdotto nei suoi studi il concetto di relatività. A che si riferisce, ha qualche attinenza con quella di Einstein?
Tantissime grazie, Francesca


Gent.ma Francesca,
Applicando il teorema delle forze vive con Fm = 30000 N e , M = 8000 kg e D = 100 m, si calcola la velocità finale V del moto accelerato:
L = Fm D = (1/2)M V2.
V= SQRT(2FmD/M) = SQRT (2 x 30000 x 100/8000) = SQRT (750) = 27,386 m/s.
Supponendo costante la forza frenante Fr applicata dal generatore nel tratto da 100 m a 150 m (S = 50 m) e quindi la decelerazione a = - Fr/M, il moto è uniformemente decelerato :
S = Vmedia t = (Vi +Vf)t/2;
t = 2S/(Vi +Vf).
Pertanto la potenza frenante media assorbita dal generatore elettrico è:
Prm = Lr/t = (1/2) M[Vi2 - Vf2]/t = M[Vi2 - Vf2](Vi +Vf)/(4S), con M = 8000 kg, S = 50 m, Vi = V = 27,386 m/s, Vf = 0,1 Vi = 2,7386 m/s.
Prm = 8000 x [27,3862 - 2,73862] x (27,386 + 2,7386)/ (4 x 50) =
= 40 x 742,49 x 30,1246 = 894689 W = 894,689 kW.
Per quanto concerne il principio di relatività di Galileo, si rimanda alla consultazione della terza pagina della sezione "le leggi del mondo fisico" e della sedicesima pagina della sezione "risposte" (si legga la prima risposta).
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
 a proposito della mia domanda precedente, sull'induzione elettromagnetica e la legge di Lenz, la Sua risposta mi è chiara, ma io chiedevo un'altra specificazione.
Infatti, mentre mi è chiara la "sequenza", in caso di corrente indotta da magnete ( variazione campo magnetico - corrente indotta - campo magnetico contrario a quello che provoca la variazione), non mi è chiara quella di corrente prodotta da corrente in qualche modo variabile.
Dovrebbe essere: variazione campo magnetico - corrente indotta - campo magnetico e poi ? Di nuovo corrente indotta( la seconda) però questa volta di verso contrario a quella che ha provocato la variazione, in ottemperanza alla legge di Lenz.
E la stessa sequenza dovrebbe essere in caso di autoinduzione, altrimenti se quella di verso opposto è la "prima" corrente indotta prodotta, devo pensare che l'opposizione nel circuito inducente è come un caso di autoinduzione, con un addizionale di campo magnetico dovuto alla corrente indotta del circuito indotto. Questo è quel che chiedo: a opporsi sarà la corrente indotta prodotta subito dalla variazione del campo magnetico, o sarà la corrente indotta prodotta dal campo magnetico, a sua volta prodotto dalla prima corrente indotta ? 
 Vorrei sapere poi perché nei dispositivi elettronici si usano i led e non normali lampadinette. Perché si preferisce la tecnica del diodo a emissione, che mi sembra più complicata, a quella di una piccola lampadina? Forse perché per illuminare, hanno bisogno di meno energia?
 Grazie. Francesco. Frattamaggiore 


Gent.mo Francesco,
Esempio 1 - applicazione della legge di Faraday-Neumann-Lenz ai fenomeni di autoinduzione:
Si consideri un solenoide con coefficiente di autoinduzione L = 10 H (Henry) avente una resistenza ohmica (resistenza dell'avvolgimento di filo di rame) Ra = 1 W, alimentato da una batteria con f.e.m. E = 12 V attraverso un reostato (resistore variabile) con resistenza massima Rmax = 100 W. Se inizialmente il reostato è tutto inserito, la sua resistenza R = Rmax = 100 W si somma alla resistenza dell'avvolgimento facendo circolare una corrente continua con intensità iniziale (legge di Ohm)
Io = E/(Ra + R) = 12/(1 + 100) = 12/101 = 0,1188 A.
Supponendo di azionare il reostato in modo tale da far diminuire R da 100 W a 10 W, in un intervallo di tempo D T = 2 s, l'intensità di corrente aumenta in 2 s da Io = 0,1188 A a I(T) = 12/(1 + 10) = 12/11 = 1,09 A. Se, per semplificazione didattica, si evita di fare il calcolo esatto (con le derivate), e si considerano valori medi e variazioni medie di intensità di corrente e resistenze, al posto degli effettivi valori istantanei assunti durante l'azionamento del reostato, si ha quanto segue:
La variazione dell'intensità di corrente nell'intervallo DT = 2 s è pertanto DI = (1,09 - 0,1188) = 0,9712 A, con una f.e.m autoindotta (media) (si considera la variazione media di flusso magnetico DF = LDI)
Eaim = -DF/DT = -LDI/DT =
- 10 x 0,9712/2 = - 4,856 V, che si somma algebricamente alla f.e.m. E = 12 V , in modo tale da opporsi (per la legge di Lenz) alla causa che l'ha generata (diminuzione della resistenza del reostato). Infatti, l'intensità di corrente Im(T) che circola, in media, nel solenoide in DT = 2 s è Im(T) = (E + Eaim)/Rm(T) , con Rm(T) (valor medio della resistenza del circuito) = (Rmin + Rmax)/2 = (11 + 101)/2 = 56 W: Im(T) = (12 - 4,856)/56 = 12/56 - 4,856/56 = 0,21428 A - 0,086714 A = 0,12756 A. Questo valor medio di intensità di corrente si può scomporre in due contributi medi: 0,21428 A , determinato dalla batteria (E = 12 V), e 0,086714 A, determinato dalla f.e.m. autoindotta Eaim = -4,856 V, che fa circolare una corrente autoindotta (media) di 0,086714 A, che va a sottrarsi da quella determinata dalla batteria, in modo tale che si abbia una diminuzione di intensità di corrente media rispetto al valore di 0,21428 A che si avrebbe facendo variare della stessa entità (90 ohm) la resistenza del reostato, con la stessa resistenza (1 ohm) dell'avvolgimento, ma supponendo nulla l'induttanza L del solenoide (L = 0 ). In altri termini, la f.e.m. autoindotta prodotta dalla diminuzione della resistenza del reostato e dal conseguente aumento dell'intensità di corrente nel circuito, determina la circolazione di una corrente autoindotta di verso tale da causare una diminuzione (media) di 0,086714 A dell'intensità di corrente che si oppone all'aumento da 0,1188 A a 1,09 A causato dalla diminuzione della resistenza del circuito.
Viceversa, un aumento della resistenza del reostato causa una diminuzione di corrente e di conseguenza una corrente autoindotta di verso tale da sommarsi alla corrente prodotta dalla batteria, e da compensare parzialmente la diminuzione di intensità di corrente causata dall'aumento di resistenza.
Esempio 2 - applicazione della legge di Faraday-Neumann-Lenz ai fenomeni di induzione tra due circuiti di cui il primo (circuito inducente) percorso da una corrente di intensità variabile:
Supponiamo di avvolgere sul solenoide dell'esempio precedente un certo numero di spire e di chiuderle in cortocircuito per far circolare la corrente indotta.
La corrente indotta nell'avvolgimento secondario, essendo variabile nel tempo, genera un campo magnetico indotto anch'esso variabile nel tempo e di verso tale da causare nel circuito primario (avvolgimento del solenoide) una f.e.m. indotta che si opponga alla f.e.m. del generatore, causando nel circuito solenoide- batteria la circolazione di una corrente indotta (di reazione) che si sottragga o si sommi alla corrente prodotta dalla batteria , a seconda che la corrente indotta nel secondario sia stata prodotta , rispettivamente, da un aumento o da una diminuzione della corrente nel circuito del solenoide.
La luce fredda dei LED rappresenta il futuro dell'illuminotecnica, soprattutto per il notevolissimo risparmio energetico che essa consente . Le vecchie lampadine ad incandescenza sprecano in calore ingentissime quantità di energia (che serve a portare all'incandescenza il filamento). Inoltre, le dimensioni delle sorgenti LED (sia LED all'arseniuro ed al fosfuro di gallio, sia LED realizzati con materiali semiconduttori organici (plastici) , OLED), sono le più svariate, a seconda degli impieghi nei vari settori, mentre le vecchie lampadine hanno dimensioni minime standard che non scendono al di sotto di un centimetro di diametro (a parte le lucine degli alberi di Natale), per non parlare delle correnti assorbite, che non scendono al di sotto di 50 millesimi di ampere, mentre in un'apparecchiatura elettronica miniaturizzata, in un display, occorrono sorgenti pressochè puntiformi per ridurre l'assorbimento di corrente ad alcuni mA.
Si prevede addirittura di poter pitturare gli interni di un appartamento con speciali vernici organiche multistrato in grado di generare luce (con OLED nanotecnologici) con l'applicazione di piccole differenze di potenziale e cambiamento del colore della luce.
La tecnologia LED è molto avanzata, in quanto è la stessa che sta alla base della microelettronica, ma gli straordinari vantaggi che comporta compensano ampiamente la complessità delle tecnologie di produzione.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
cortesemente mi dovrebbe sciogliere un dubbio a riguardo della domanda precedente: se il vagone ferroviario procedesse per il tratto di spazio che va da 0 a 150 m, senza essere fermato, raggiungerebbe una velocità di: V= SQRT (2FD/M) =33,54 m/s e quindi per questo tratto dovrebbe sviluppare una potenza media di: (1/2) x M x V^2/t = (1/2) x 8.000 x 33,54^2 / (2x 150/33,54) = 503,1 Kw . Come si potrebbe spiegare questa notevole differenza rispetto a quella frenante che è di 894,689 Kw? Paradossalmente, sembrerebbe che la potenza assorbita dal generatore frenante possegga più potenza di quella motrice.
Tantissime grazie, Francesca


Gent.ma Francesca,
L'osservazione non tiene conto del fatto che, a prescindere dalla potenza motrice o frenante agente su un corpo, è il lavoro compiuto = potenza x tempo, che determina la variazione di energia cinetica. Si può ottenere la stessa variazione di energia cinetica , per es. di 5000000 J, sia con una potenza di 5000 W agente per 1000 s, sia con una potenza di 500000 W agente per 10 s.
Nell'esempio proposto, se la forza costante di 30000 N accelera il carro per 150 m conferendogli una velocità di 33 ,54 m/s ed un'energia cinetica di 0,5 x 8000 x 33,542 = 4,499 x 106J, in un intervallo di tempo t = 2 x 150/33,54 = 8,944 s, questa energia cinetica può essere dissipata in infiniti modi, perchè infinito è il numero dei prodotti potenza x tempo, per una data energia cinetica da conferire o da dissipare. Pertanto, se la durata della fase di decelerazione coincide con quella della fase di accelerazione, la potenza motrice è pari a quella frenante; nel nostro caso, se le fasi di accelerazione e di decelerazione durano ciscuna 8,944 s, la potenza motrice e quella frenante valgono entrambe 4,499 x 106/8,944 = 503 kW.
Se invece , con V = 33,54 m/s, la potenza frenante venisse applicata per soli 0,5 s, per dissipare l'energia cinetica accumulata occorrerebbe una potenza frenante di 4,499 x 106/ 0,5 = 8,998 x106 W = 8998 kW.
Applicando invece una potenza frenante di 89,98 kW, la dissipazione dell' energia cinetica avverrebbe in 4,499 x 106/(89,98 x 1000) = 50 s.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
La invito gentilmente a risolvere tale problema di dinamica:
-la punta di un'asta rigida ed omogenea preme su un piano inclinato che è l'ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele. L'asta è sorretta da una guida tale da sostenerla in direzione parallela alla base del triangolo stesso, con una forza costante di 30 N. L'attrito dinamico che si crea tra la punta dell'asta in movimento (scivolamento) ed il piano inclinato è caratterizzato da un coefficiente md = 0,1. Appena applicata la forza, l'asta tenderà a muoversi verso l'alto lungo il piano per effetto di una componente delle forze agenti.Trascurando la massa dell'asta, si vuol conoscere l'intensità della forza che spinge l'asta verso l'alto, lungo il piano.
Tantissime grazie - Francesca.


Gent.ma Francesca,
Trattandosi di un triangolo rettangolo isoscele,gli angoli adiacenti all'ipotenusa sono entrambi di 45°.
Pertanto la forza orizzontale (costante) Fo = 30 N ,che spinge l'asta obliquamente contro il piano, ammette (regola del parallelogramma) una componente parallela al piano inclinato Fp = Fo cos 45° = (30 x 0,7071) N = 21,213 N , che fa slittare la punta dell'asta verso la sommità del piano, ed una componente normale al piano Fn = Fo sen 45° = (30 x 0,7071) = 21,213 N , alla quale il piano reagisce esplicando una reazione vincolare uguale e contraria Rv = 21,213 N, che determina l'intensità della forza di attrito dinamico Fad = md Rv = (0,1 x 21,213) N = 2,1213 N, che si oppone alla forza motrice Fp. Pertanto la forza risultante agente sull'asta, la cui punta slitta lungo il piano, è Fp - Fad = (21,213 - 2,1213) N = 19,091 N.
Tanti cordiali saluti.

DOMANDA: Se una bacchetta metallica, in un campo magnetico, oscilla tenendo fisso un suo estremo (considerando così l'arco di circonferenza che percorre come un circuito virtuale), che conseguenze produce in termini di campo magnetico indotto, corrente indotta, ecc.? Grazie


Considerando armonico semplice il moto della bacchetta metallica, di lunghezza L e massa M, libera di ruotare in un piano verticale,si determina, per piccole ampiezze di oscillazione (entro i 15°), il periodo delle oscillazioni , che è quello di un pendolo fisico con momento d'inerzia pari, per il teorema dell'asse parallelo) a J = ML2/12 (rispetto al baricentro) + ML2/4 = ML2/3. Si ha in particolare: T = 2psqrt[J/(MgL/2)] = 2psqrt[(ML2/3)/(MgL/2)] = 2psqrt[2L/(3g)] , mentre la velocità angolare è w = 2p/T = sqrt[3g/(2L)].
Quando la bacchetta oscilla in un campo magnetico costante ,con induzione magnetica B, la variazione infinitesima di flusso magnetico dF(B) = B dS attraverso il settore circolare infinitesimo di ampiezza angolare (in radianti) da = wdt e di area dS = (1/2) L2da = (1/2) L2wdt, è dF(B) = B dS = B(1/2) L2wdt. Pertanto, per la legge di Faraday-Neuman-Lenz, la f.e.m. indotta (alternata) ai capi della bacchetta metallica è E(t) = - dF(B)/dt = - B(1/2) L2w.
Se B = 1 T, L = 0,5 m e w = sqrt [3g/(2L)] = sqrt (3 x 9,81/(2 x 0,5)] = sqrt(29,43) = 5,4249 rad/s, la tensione ai capi della bacchetta (positiva in un semiperiodo e negativa in quello successivo, a causa dell'inversione del moto angolare) è (in valore assoluto) E = 1 (1/2) x 0,52 x 5,4249 = 0,67811 V. Ovviamente, fino a quando gli estremi della bacchetta non vengono collegati ad un carico, la corrente indotta ed il campo magnetico indotto sono entrambi nulli.

Egregio prof.re ,
presento un problema di dinamica da risolvere: -sulla sommità di un piano inclinato vi è un'asta che è collegata ad una guida orizzontale in cui l'asta è capace di scorrere. Un forza di 50 N. preme per pendicolarmente sotto al cateto orizzontale  del piano inclinato, supponendo che tutti i lati del triangolo siano perfettamente solidali tra di loro, di seguito a questa sollecitazione, l'asta si dovrà mettere in moto. L'ipotenusa con il detto cateto forma un angolo di 45°. Tralasciando gli attriti, si chiede quale sarà la forza orizzontale che spimgerà l'asta.
Tantissime grazie, Francesca.


Gent.ma Francesca,
La forza verticale Fv = 50 N si può scomporre in due forze: Fp , parallela al piano inclinato, e Fo parallela alla guida orizzontale. In base a semplici considerazioni trigonometriche si ha:
Fp cos 45° = Fv; Fp = Fv/cos 45° = 50/0,7071 = 70,711 N ;
Fo = Fp sen 45° = 70,711 x 0,7071 = 50 N. Pertanto, trascurando gli attriti, la forza che spinge l'asta parallelamente alla guida ha la stessa intensità (50 N) della forza che agisce perpendicolarmente al cateto orizzontale.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
gentilmente le propongo un problema di idrodinamica da risolvere:
un torchio idraulico così composto:
1° cilindro,diametro 10 cm, peso del pistone  5 Kg., corsa del pistone 0,8 m.;
2° cilindro,diametro 20 cm., peso del pistone 15 Kg., corsa del pistone 0,2 m. peso specifico dell'olio 0,91 Kg./dmc.
Una forza di 100 N. spinge costantemente sul 1° cilindro per tutta la corsa di 1m. Si chiede il peso che potrà sollevare il 2° cilindro e le velocità che assumono i due pistoni a fine corsa.
Tantissime grazie Francesca


Gent.ma Francesca,
Simboli:
h:livello iniziale dell'olio nei due cilindri;
1° cilindro: massa del pistone, m1 = 5 Kg; diametro, d1 = 0,1 m, corsa del pistone, s1 = 0,8 m, sezione, S1 = 3,14 x 0,1 2/4 = 7,85 x 10-3 mq;
2° cilindro: massa del pistone , m1 = 15 Kg; diametro, d1 = 0,2 m, corsa del pistone, s2 = 0,2 m; sezione, S2 = 3,14 x 0,2 2/4 = 3,14 x 10-2 mq;
volume dell'olio spostato (considerato incomprimibile), Vo = S1s1 = S2s2 = 7,85 x 10-3 x 0,8 = 3,14 x 10-2 x 0,2 = 6,28 x 10-3 mc;
massa dell' olio spostato mo = 910 kg/mc x 6,28 x 10-3 mc = 5,714 Kg.
vf1,velocità finale del primo pistone e del relativo volume d'olio spostato, vf2,velocità finale del secondo pistone e del relativo volume d'olio spostato.
Applicando il teorema lavoro-energia, il lavoro netto F1s1 - F2s2 compiuto dalla forza motrice F1 = 100 N e dalla forza resistente F2 (peso sollevato dal secondo pistone) viene uguagliato alla somma della variazione totale dell' energia potenziale gravitazionale dei pistoni
[m1g(h - s1)] - m1gh + [m2g(h + s2)] - m2gh = m2gs2 - m1gs1 e dell'olio spostato,
[mog(h - s1)] - mogh + [mog(h + s2)] - mogh = mogs2 - mogs1, e della variazione di energia cinetica dei pistoni (inizialmente fermi) e dell'olio spostato
(1/2) m1 vf12 + (1/2) m2 vf22 + (1/2)mo(vf22 - vf12).
F1s1 - F2s2 = m2gs2 - m1gs1 + mo g(s2 - s1) + (1/2)m1 vf12 + (1/2) m2vf22 + (1/2)mo(vf22 - vf12).
Per risolvere il problema bisogna considerare il sistema costituito dall'equazione precedente e dalle seguenti equazioni:
1) (principio di Pascal) pressione del liquido = (F1 + m1g)/S1 = (F2 + m2g)/S2;
2) (equazione di continuità): S1vf1 = S2vf2.
vf2 = S1vf1/S2.
Dalla 1) si ottiene: (F1 + m1g)S2 = (F2 + m2g)S1);
F2 = [(F1 + m1g)S2 - m2gS1]/S1 = (F1 + m1g)S2/S1 - m2g.
F1s1 - (F1 + m1g)s2S2/S1 + m2gs2 = m2gs2 - m1gs1 + mo g(s2 - s1) + (1/2)(m1 - mo)vf12 + 1/2)(m2 + mo)(S1vf1/S2)2.
vf1 = SQRT{[2(F1 + m1g) (s1 - S2s2/S1 ) + 2 mog(s1 -s2)]/[(m1 - mo) + (m2 + mo)(S1/S2)2.] }
Considerando l'incomprimibilità dell'olio e l'invariabilità del volume Vo = s1S1 = s2S2, s1 = S2s2/S1 , la formula precedente diventa:
vf1 = SQRT {[2 mog(s1 - s2)]/[(m1 - mo) + (m2 + mo)(S1/S2)2]}.
vf1 = SQRT{[2 x 5,714 x 9,81 x(0,8 - 0,2)]/[5 - 5,714 + (15 + 5,714) x (7,85 x 10-3/3,14 x 10-2)2)]} = SQRT (67,265/0,58) = SQRT (115,97) = 10,768 m/s.
vf2 = (S1/S2)vf1 = (7,85 x 10-3/3,14 x 10-2) x 10,768 = 2,692 m/s.
F2 = (F1 + m1g)S2/S1 - m2g = (100 + 5 x 9,81) x 3,14 x 10-2/7,85 x 10-3 - 15 x 9,81 = 596,2 - 147,15 = 449,05 N = (449,05/9,81) Kg-peso = 45,774 Kg-peso.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
vorrei essere soddisfatto in merito a qualche curiosità, che non ho trovato sui libri :
1) Se si collegano due conduttori, collegati ai poli di  una batteria , anziché a due armature separate, come in un condensatore, ad una sola di esse, che succede ? Avviene un corto circuito, scoppia la batteria , o gli elettroni si equilibrano sull' armatura in qualche modo, come io penso ? E se si collega  solo il conduttore positivo o negativo  ? Prevarrà la repulsione delle particelle aventi lo stesso segno , o l'attrazione di quello di segno diverso ?
2) Se un corpo, o particella , si muove a velocità costante, e utilizzando la seconda legge della dinamica , metto in rapporto la forza con la massa, perché si parla di accelerazione anche se la velocità è costante ? Forse perché senza forza si fermerebbe ?
3 ) Faraday, Lenz e  Neumann , visto che la forza di Lorentz è stata scoperta solo a fine XIX secolo,  hanno mai compreso a che cosa fosse dovuta l' induzione elettromagnetica ? Come se la spiegavano, senza conoscerne l'origine ?
4 ) Perché nel calcolo del flusso magnetico ,  si considera il coseno della normale alla spira, e non il seno della superficie , rispetto alle linee del campo magnetico  , mentre per la forza di Lorentz e anche la forza esercitata su un conduttore in un campo magnetico , si usa il seno? C' è qualche ragione particolare? Pur tenendo presente che è la stessa cosa, non sarebbe meglio per uniformità considerare sempre lo stesso rapporto ?
5 ) Nelle automobili ci dovrebbe essere una batteria che eroga corrente continua. Perché nei libretti di istruzione si parla di alternatore ? O quella non è una batteria ?
Grazie. Francesco . Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
1) Se due conduttori, collegati ai poli di una batteria (per esempio per auto), vengono messi in contatto, avviene un cortocircuito, con un'intensità di corrente così elevata da causare l'immediata distruzione della batteria, con gravissime conseguenze (incendio dell'auto ed esplosione del serbatoio) . Se invece si collega ad un polo un conduttore isolato, che non giunga in contatto diretto con l'altro polo, non si ha passaggio di corrente in quanto il circuito è aperto.
2) Se la velocità V di un corpo si mantiene costante, sia in modulo che in direzione, l'accelerazione a = DV/Dt ,definita come variazione di velocità per unità di tempo, è nulla. Viceversa, se l'accelerazione di un corpo è nulla, il moto avviene con velocità costante. L'accelerazione a = F/m è nulla soltanto se è nulla la forza risultante F; se F è nulla la seconda legge della dinamica ci riporta al principio d'inerzia (prima legge della dinamica) : un corpo non soggetto a forze rimane in quiete, se è inizialmente fermo,o continua a muoversi di moto rettilineo uniforme, cioè con velocità costante in modulo e direzione, qualora abbia acquisito una velocità iniziale per effetto dell'accelerazione impressa da una forza applicata per un intervallo di tempo limitato. E se, dopo avere impresso una data velocità iniziale, la forza F si annulla e rimane sempre nulla, il moto del corpo è sempre rettilineo ed uniforme.
Si tenga presente che il principio d'inerzia testè enunciato è verificabile sperimentalmente soltanto in condizioni fisiche estrapolate rispetto a quelle della realtà fisica che sperimentiamo nella vita quotidiana. Per esempio,se lanciassimo una sfera rigida e liscia su un piano rigido e liscio, perfettamente orizzontale per neutralizzare l'azione della forza peso,sperimenteremmo che la sfera, dopo aver percorso uno spazio tanto maggiore quanto maggiori fossero la velocità iniziale e la levigatezza del piano, inevitabilmente si fermerebbe per effetto delle forze d'attrito,sempre presenti, anche se molto piccole, in contraddizione apparente con il principio d'inerzia.Si deduce che, se l'esperimento fosse effettuato con una sfera ed un piano ideali,cioè in assenza di forze d'attrito e di qualsiasi altra forza, il moto si manterrebbe rettilineo uniforme, per sempre. Un esperimento concettuale potrebbe consistere nell'imprimere una spinta iniziale ad un qualsiasi corpo, in un ambiente fisico caratterizzato dall'assenza completa,o quasi,di forze, per esempio nello spazio intergalattico,a distanze di miliardi di anni luce da altre masse e quindi in condizioni ideali di assenza di gravità o di gravità quasi nulla (microgravità).In queste condizioni fisiche limite il corpo continuerebbe a muoversi,a tempo indeterminato, di moto rettilineo uniforme.
3) Faraday scoprì sperimentalmente la legge d'induzione elettromagnetica, senza fornire la legge, formulata da Neumann e completata da Lenz con il segno meno.
Faraday ebbe altresì il merito di introdurre, sia pure in modo empirico, attraverso la rappresentazione con linee di forza (si pensi agli spettri magnetici ottenuti con la limatura di ferro), il concetto di campo (elettrico o magnetico) associato al concetto di etere cosmico (mutuato dalla teoria di Huyghens) . Lo stesso Maxwell descrisse rigorosamente le leggi fondamentali dell'elettromagnetismo avvalendosi del concetto di campo di Faraday e del concetto di etere cosmico, substrato cosmico ritenuto indispensabile, prima di Einstein, per la propagazione delle azioni elettromagnetiche. Si deve ad Einstein la demolizione del concetto di etere e la conseguente affermazione che i campi elettrici e magnetici hanno come unico supporto lo spazio vuoto della fisica, essendo essi stessi realtà fisiche come le cariche e le correnti elettriche. Le onde elettromagnetiche, a differenza di quelle sonore, non hanno bisogno di alcunchè per propagarsi attraverso il vuoto dello spazio fisico.
4) Il flusso del campo magnetico attraverso una superficie si comporta analogamente al flusso luminoso, seguendo la legge del coseno, in quanto, dal punto di vista geometrico, l'unica componente efficace del campo magnetico è quella perpendicolare (normale) alla superficie che si considera. Si tenga presente in proposito che l'effetto termico dei raggi solari è tanto maggiore quanto meno essi sono inclinati rispetto alla retta normale alla superficie illuminata; invece la componente del campo parallela alla superficie non ha alcun effetto. Applicando le regole trigonometriche di risoluzione dei triangoli rettangoli , si ricava che la componente normale del vettore di campo si ottiene moltiplicandone l'intensità per il coseno dell'angolo formato dalle linee di forza con la normale alla superficie.
Si tenga presente che il flusso del campo magnetico , ottenuto moltiplicando l'intensità del campo (in tesla) per l'area della superficie per il coseno dell'angolo predetto, è una grandezza scalare, definita soltanto attraverso un numero, il valore del flusso (in weber) , che esprime il risultato della misura (prodotto scalare).
La legge della forza di Lorentz invece è di tipo vettoriale, in quanto si verifica sperimentalmente che la forza (che è un vettore caratterizzato, a differenza delle grandezze scalari, oltre che da un modulo, anche da una direzione e da un verso) è sempre perpendicolare al piano individuato dalle direzioni orientate della velocità della carica elettrica e del campo magnetico, e che l'intensità di detta forza è proporzionale al seno dell'angolo formato dalle direzioni della velocità e del campo. In particolare,si verifica che la forza di Lorentz si annulla se la velocità della carica è parallela al campo magnetico e che invece è massima se il campo è perpendicolare alla velocità, il che significa che l'unica componente efficace del campo è quella perpendicolare alla velocità, componente che trigonometricamente corrisponde a moltiplicare l'intensità del campo per il seno dell'angolo formato da questo con la direzione della velocità (prodotto vettoriale).
5) L'alternatore serve sia per alimentare adeguatamente, erogando una corrente continua (raddrizzata) di parecchie decine di ampere, tutti i dispositivi elettrici ed elettronici, sia per caricare la batteria. Nelle auto di oltre 40 anni fa, quando i raddrizzatori al silicio non erano molto diffusi nei circuiti elettronici delle auto, al posto dell'alternatore veniva impiegata una dinamo, le cui prestazioni erano accettabili in termini di corrente erogata soltanto oltre un certo numero di giri del motore. L'introduzione dell'alternatore, che eroga una corrente alternata trifase resa quasi continua (raddrizzata) mediante diodi raddrizzatori al silicio, ha eliminato gli inconvenienti della dinamo.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
vorrei qualche spiegazione più approfondita  circa l'induzione elettromagnetica :
si legge sempre che se una spira si muove con la superficie parallela alle linee del campo magnetico , non vi è corrente indotta.
Ma che succede se pur con la superficie parallela ad esse e immaginandola tra due polarità magnetiche ( a sinistra e a destra) , si muove avanti o indietro ,o da su a giù ? Il flusso magnetico rimane zero e quindi niente corrente indotta .Dato che però,  il vettore velocità è perpendicolare alle linee del campo magnetico, mi vien da pensare che la forza di Lorentz causa la corrente indotta. Però si bilancia con quella dei lati opposti e non circola corrente.
A) La domanda è : anche con un flusso magnetico pari a zero, se non fosse per un'azione di contrasto reciproco, la corrente indotta ci sarebbe lo stesso ?
B) E se è solo un  filo , anziché una spira , a muoversi in un campo magnetico, purché non sia parallelo alle sue linee, ci sarà corrente indotta ? ( Credo di si ).
C) Vi è differenza nella corrente indotta , se il filo è immerso per tutta la lunghezza nel campo magnetico , o se i suoi estremi ne escono fuori ?
D ) Infine se ne faccio muovere  due di fili , in un campo magnetico , alla forza esercitata dal campo magnetico,  si dovrà considerare anche l'attrazione o repulsione tra conduttori della legge di Ampere ?
E) In ultima analisi si può affermare che in queste leggi , la velocità, quindi una forza applicata,  sostituisce l'intensità , cioè il movimento degli elettroni , quando questo è causato da una differenza di potenziale ?
Grazie . Francesco


Gent.mo Francesco,
A),B), C) Quando la forza elettromotrice indotta E(t) = - DF(B)/Dt viene generata dalla variazione DF(B) = DFfin(B) - DFin(B) = BS cos afin - BS cos ain del flusso d'induzione magnetica F(B) conseguente ad una variazione, nell'intervallo di tempo Dt,dell'angolo a tra la normale alla superficie della spira (di area S) dal valore ain al valore afin, si suole dire che i due conduttori della spira (supposta per semplicità di forma rettangolare o quadrata) paralleli all'asse di rotazione tagliano le linee di forza del campo di induzione magnetica B (B è un vettore) (la f.e.m. indotta è dovuta al flusso tagliato dai conduttori, come si verifica durante il funzionamento di una dinamo o di un alternatore). Se invece il piano della spira non ruota ma si sposta parallelamente a se stesso con velocità v (perpendicolare a B), tagliando le linee di forza di B, indicando con L la lunghezza dei due conduttori della spira perpendicolari a B, si può calcolare la f.e.m. indotta E ai capi di ciascuno di essi moltiplicando la forza di Lorentz F = evB agente sugli elettroni di conduzione per la lunghezza L (lavoro elettrico) e dividendo per la carica e dell'elettrone: E = evBL/e = BLv. Poichè però le due f.e.m. indotte sono uguali ed agiscono in opposizione nel circuito chiuso costituito dalla spira, la f.e.m. indotta complessiva è nulla e quindi è nulla anche la corrente indotta I = (E - E)/R = 0 (R è la resistenza ohmica della spira).Pertanto si ha:
- caso A) Non si ha corrente indotta perchè le due f.e.m. indotte agiscono reciprocamente in opposizione.
- caso B) La f.e.m. indotta E = BLv ai capi dell'unico conduttore in movimento rispetto al campo genera una corrente indotta I = E/R se gli estremi del conduttore sono collegati ad un circuito esterno (R è la resistenza ohmica complessiva del conduttore e del circuito esterno) .
-caso C) Nella formula E = BLv L è la lunghezza utile del conduttore, cioè quella della parte attraversata dalle linee di forza magnetiche; quindi, se la lunghezza totale Lt del conduttore supera L, si considera soltanto la lunghezza utile (o efficace).
D) Il passaggio della corrente indotta nei due conduttori determina una forza elettrodinamica attrattiva , essendo le due correnti concordi, in base alla legge di Ampere.
E) Tra le leggi E = BLv (forza elettromotrice indotta in un conduttore rettilineo di lunghezza L in moto con velocità v perpendicolare a B) e F = BLI (forza elettromagnetica che si esercita su un conduttore rettilineo di lunghezza L, percorso da una corrente di intensità I e soggetto ad un campo magnetico di induzione B perpendicolare a L) si riscontra in effetti un'analogia formale nei riguardi della dipendenza da v e da I, ma si tratta ovviamente di due diversi fenomeni fisici.
D'altra parte la legge F = BLI si ottiene considerando la risultante delle forze di Lorentz f = eBv agenti sui singoli elettroni di conduzione che costituiscono la corrente I. Infatti, se indichiamo con N la concentrazione degli elettroni di conduzione nel metallo (numero di elettroni per metro cubo), con e, S, L rispettivamente la carica elettronica, la sezione e la lunghezza di un conduttore cilindrico, la forza F è pari a NLS f = NLS (eBv). Infine, considerando che eNSvt è la carica elettrica trasportata in t secondi dagli NSvt elettroni di conduzione contenuti in un cilindro di sezione S ed altezza vt, possiamo esprimere l'intensità di corrente (carica per unità di tempo passante attraverso una sezione qualsiasi del conduttore cilindrico) come rapporto I = eNSvt/t = eNSv. Pertanto, essendo NSv =I/e, si ottiene la formula F = (NSv) eLB = (I/e) eLB = BLI.
Alla velocità v degli elettroni (grandezza fisica microscopica) nella formula di Lorentz f = eBv corrisponde l'intensità di corrente I = eNSv (grandezza fisica macroscopica) nella formula F = BLI.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
intanto , come sempre,  La ringrazio per tutte le risposte, alle domande in sequenza che Le pongo.
Ancora un approfondimento sull' induzione elettromagnetica .
A) La forza di Lorentz spiega tutti i casi di induzione elettromagnetica, tranne uno : cioè la corrente indotta da una variazione di campo magnetico in un circuito vicino , non collegato ad un altro. Dato che , in questo caso, detta forza , non può esserne la causa, a che cosa  è dovuta essa ? Io penso che sia da imputare al fatto che , ad ogni campo magnetico ne è associato uno elettrico che si propaga anche nel vuoto, e che mette in moto gli elettroni . E' così ?
B ) A questo punto chiedo anche : l'origine della forza di Lorentz, risiede ugualmente nella stessa causa ?
C ) E fino a che distanza un circuito risente dell' influenza elettromagnetica di un circuito vicino ?
D ) Poi per quanto riguarda il punto 4 della altra domanda ( il seno e coseno ), mi sembra tutto chiaro dal punto di vista teorico, ma praticamente , anzi matematicamente, o il seno o il coseno dell' angolo complementare, portano allo stesso risultato. Quindi è solo concettuale l'utilizzo di questi rapporti trigonometrici ?
E ) Relativamente al punto C della precedente risposta , invece ( filo immerso nel campo magnetico ), più precisamente volevo sapere , gli elettroni , una volta arrivati agli estremi del filo conduttore ( e continuando a permanere i fattori che li hanno messi in moto, ovviamente ), non si respingono tra loro ? E a quel punto che succede ? Ritornano indietro ? Ecco perché pensavo che in  un filo che superasse il campo magnetico , gli elettroni continuassero il loro moto e  la corrente circolava anche fuori dalla sua azione.
Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
A) La f.e.m. indotta generata dalla variazione temporale del flusso magnetico generato da un circuito elettrico e concatenato ad un circuito elettrico vicino ed in quiete, non è più spiegabile ricorrendo alla forza di Lorentz, ma è dovuta, in base alla prima equazione di Maxwell, proprio alla variabilità temporale del campo d'induzione magnetica. Così si spiega il funzionamento dei trasformatori, costituiti da due circuiti (avvolgimenti) fissi, uno dei quali alimentato in corrente alternata. Infatti ad un campo magnetico variabile nel tempo è sempre associato un campo elettrico che varia anch'esso nel tempo generando una f.e.m. indotta. D'altra parte, in base alla prima equazione di Maxwell, si spiega, in modo alternativo a quello della forza di Lorentz, anche il caso del flusso tagliato, considerato in precedenza; infatti la formula E = BLv non è altro che la variazione per unità di tempo del flusso di B attraverso il rettangolo di area S = Lvt e lati L e vt “spazzato” nel tempo t dal conduttore in moto con velocità v perpendicolarmente alle linee di forza di B: E = DF/Dt = BS/t = BLvt/t = BLv.
B) La forza di Lorentz , la cui formula nella teoria elettromagnetica classica viene semplicemente aggiunta al sistema delle equazioni di Maxwell, giustificandola come forza microscopica agente sui singoli elettroni di conduzione e deducendola dalla formula che fornisce la forza agente su un conduttore percorso da corrente e soggetto ad un campo magnetico, nella teoria della relatività speciale è una diretta conseguenza delle leggi di trasformazione del campo elettromagnetico nel passaggio da un sistema inerziale ad un altro. Infatti nella teoria della relatività ristretta il campo elettromagnetico è descritto da un unico tensore doppio antisimmetrico, individuato da sei componenti , tre elettriche e tre magnetiche. In pratica, se si considera il campo elettromagnetico rilevato da un ipotetico osservatore posto nel sistema inerziale S', solidale ad una carica elettrica q ed in moto rettilineo uniforme rispetto ad un altro sistema inerziale S avente l'asse x parallelo all'asse x' di S' e nel quale esista soltanto un campo magnetico H (con componenti Hx,Hy,Hz) , sussistono le seguenti formule di trasformazione nel passaggio da S a S', nell' ipotesi che l'origine O' di S' si muova con velocità costante v (la stessa velocità della carica) parallela all'asse x di S:
Ex' = 0;
Ey' = - vHz/sqrt(1 - v2/c2);
Ez' = - vHy/sqrt(1 - v2/c2);
Hx' = Hx;
Hy' = Hy/sqrt(1 - v2/c2);
Hz' = Hz/sqrt(1 - v2/c2).
in particolare, se la velocità v è molto minore di c (limite non relativistico), le formule diventano:
Ex' = 0;
Ey' = - vHz;
Ez' = - vHy;
Hx' = Hx;
Hy' = Hy;
Hz' = Hz.
Nel sistema S' solidale alla carica q si manifestano le forze elettriche qEy' = -qvHz e qEz' = -qvHy, dovute al campo magnetico H che si misura nel sistema S rispetto al quale q si muove con velocità v. Pertanto nel sistema S' la carica q è soggetta alla forza q(Ey' + Ez') = -qv(Hz + Hy) = -qvH, che con q = -e esprime la forza di Lorentz evH nel vuoto . (B = H poichè l'induzione magnetica coincide con il campo magnetico in assenza di materia magnetizzata).
Viceversa, le componenti elettriche presenti in S' determinano la presenza di componenti magnetiche aggiuntive nel sistema S. Per esempio, il campo elettrico generato dalla carica q solidale a S' viene rilevato come campo magnetico da un osservatore solidale al sistema S.
C) Poichè il campo di induzione magnetica generato da un circuito percorso da corrente decresce in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza, gli effetti induttivi si manifestano teoricamente a qualsiasi distanza, anche se in pratica, impiegando correnti alternate a bassa frequenza (inferiore a 1000 Hz) gli stessi sono significativi fino a distanze di alcuni centimetri.
D) La figura illustra chiaramente le relazioni trigonometriche relative al flusso magnetico ed alla forza di Lorentz.
E) La repulsione tra gli elettroni è trascurabile in quanto riguarda soltanto i livelli energetici in prossimità del livello di Fermi del conduttore. Infatti il principio di esclusione di Pauli, impedendo che due elettroni possano occupare lo stesso stato quantico, rende molto improbabili le collisioni determinate dalla repulsione elettrostatica tra elettroni con energie cinetiche e quantità di moto molto diverse, per le quali non siano disponibili stati quantici liberi compatibili con i principi di conservazione dell'energia e della quantità di moto. Bisogna considerare inoltre che, anche quando la lunghezza di un conduttore supera quella della parte attraversata dalle linee di forza magnetiche, gli elettroni continuano a muoversi in esso,con repulsione reciproca,come si è visto, non significativa, per effetto della f.e.m. indotta generata dalla parte attiva del conduttore (nei confronti del fenomeno di induzione elettromagnetica),ed equivalente a tutti gli effetti alla f.e.m. di una batteria "di natura elettromagnetica" inserita nel circuito.
Tanti cordiali saluti.

Egregio professore,
come si potrebbe risolvere il seguente problema di dinamica ?
Un corpo del peso di 10 Kg. viene spinto da una forza di 300 N. per 8 metri.
La forza decresce con legge lineare fino a ridursi a zero nel punto di arrivo degli 8 m.
Alla distanza di 6 m dal punto di partenza del corpo interviene una forza resistente tale da bilanciare gradualmente l'intensità della forza motrice, aumentando in modo direttamente proporzionale nell'ultimo tratto (2 m.).
Trascurando gli attriti, si chiede la potenza assorbita dalla forza resistente.
Tantissime grazie, Francesca


Gent.ma Francesca,
Considerando la fase di accelerazione da x = 0 a x= 6 m, sotto l'azione della forza motrice linearmente decrescente Fm (x) = 10 - km x e tenendo conto che per x = 0 F = 10 N e per x = 8 m F = 0, si determina la costante km: 0 = 10 - km 8; km = 10/8 = 1,25 N/m.
Si applica quindi il teorema lavoro-energia per calcolare la velocità finale acquisita dal corpo per x = 6 m: (1/2) Mvf2 = integrale (per x da 0 a 6 m) [Fm(x)dx] = integrale (per x da 0 a 6 m) [(10 - 1,25 x)dx] = [10 x - 1,25 x2/2] (da 0 a 6 m) = 60 - 1,25 x 36/2 = 60 - 22,5 = 37,5 J. Pertanto vf = SQRT (2 x 37,5 /M) = SQRT(2 x 37,5/10) = 2,738 m/s.
Indicando con 0 <=x' <= 2 m lo spostamento del corpo nell'ultimo tratto (2 m), con vi = vf = 2,738 m/s la velocità del corpo in x' = 0 (corrispondente a x = 6 m) ed applicando il teorema lavoro-energia, con Fm(x') = Fm(x = 6) - km x' = (10 - 1,25 * 6) - 1,25 x' = 2,5 - 1,25 x' e Fr(x') = - kr x' = - 1,25 x' (si suppone che siano uguali i coefficienti km e kr) ,si ottiene la velocità v(x):
(1/2) Mv(x')f2 - (1/2)Mvi2 = integrale (per x' da 0 a 2 m) {[Fm(x') + Fr(x')]dx'}= integrale (per x' da 0 a 2 m) {[2,5 - 1,25 x' - 1,25 x']dx'} = integrale (per x' da 0 a 2 m) {[2,5 - 2,5 x']dx'} = 2,5 x' - 2,5 x'2/2 (per x' da 0 a 2 m).
Pertanto si ottiene v(x')f = SQRT [2 (2,5 x' - 1,25 x'2)/M + vi2].
Dall'espressione ottenuta per v(x'), essendo v(0) = vi = 2,738 m/s e v(2) = SQRT [2 (5 - 5)/10 + vi2] = vi = 2,738 m/s, si deduce che nell'ultimo tratto l'accelerazione linearmente decrescente prodotta dalla forza motrice viene gradualmente bilanciata dalla decelerazione linearmente crescente prodotta dalla forza resistente.
Di conseguenza la velocità del corpo aumenta inizialmente a partire dal valore di 2,738 m/s per riassumere lo stesso valore per x = 8 m.
La potenza Pr (x') assorbita dalla forza resistente si ottiene moltiplicando Fr(x') per la velocità v(x'): Pr(x') = -Fr(x') v(x') = 1,25 x' SQRT [2 (2,5 x' - 1,25 x'2)/M + vi2].
Per x' = 0 Pr(x') = 0; per x' = 2 m Pr(x') = 1,25 * 2 * vi = 2,5 x 2,738 = 6,845 W.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
mi potrebbe aiutare a risolvere il seguente problema?
Una sfera del peso di 3,5 Kg. viene spinta lungo un piano, inclinato di 45° e lungo 0,4 m., da una forza costante di 335 N ,parallela alla base di esso e dotata di una velocità iniziale vi = 21 m/s.
Dall'inizio del piano inclinato, sul corpo insiste un'altra forza motrice di 125 N, parallela ad esso e linearmente decrescente fino alla sommità del piano stesso.
Si vuole conoscere il lavoro svolto dalla sfera e la sua potenza.
Tantissime grazie , Francesca.


Gent.ma Francesca,
Applicando il teorema lavoro-energia ed indicando con M = 3,5 Kg. la massa della sfera,
con F1 = 335 N la forza orizzontale, con F2 = 125 N la forza parallela ad esso e con 0 <= x <= 0,4 m. lo spostamento della sfera lungo il piano, si ha:
Lavoro di F1 e di F2 da 0 a x = incremento di energia potenziale + incremento di energia cinetica.
Essendo F2 = 125 - kx, con F2 = 0 per x = 0,4 m., si ha: k = 125/0,4 = 312,5 N/m e F2(x) = 125 - 312,5 x;
integrale (da 0 a x) di {[F1 cos 45° + F2(x)]dx} = Mgxsen 45° + (1/2)Mv(x)2 - (1/2)Mvi2;
integrale (da 0 a x) di {[F1cos 45° + 125 - 312,5 x]dx} = F1x cos 45° + 125 x - 312,5 x2/2 = Mgxsen 45° + (1/2)Mv(x)2 - (1/2)Mvi2;
(335 *0,707 + 125) x - 312,5 x2/2 = 3,5 * 9,81* x 0,707 + 1,75 v(x)2 - 1,75 * 212;
361,845 x - 156,25 x2 = 24,274 x + 1,75 v(x)2 - 771,75 = -747,47 + 1,75 v(x)2;
v(x) = SQRT [(361,845 x - 24,274 x - 156,25 x2 + 747,47)/1,75] = SQRT[192,897 x - 89,285 x2 + 427.125].
v(0) = vi = SQRT(427,25) = 20,67 m/s (circa 21 m/s).
v(per x = 0.4 m.) = SQRT [ 489,99] = 22,13 m/s.
Lsfera(x) = - Mgxsen 45° (per 0 <=x<= 0,4 m) .
Lsfera(0) = 0; Lsfera(per x = 0,4 m.) = - 3,5 * 9,81 *0,4 * 0,707 = -9,7 J.
Psfera(x) = - Mgv(x)sen 45° = - MgSQRT[206,76 x - 89,285 x2 + 427.125] sen 45°.
Psfera (0) = - Mg sen 45° * v(0) = - 3.5 * 9,81 * 0,707 * 21 = - 509,77 W;
Psfera (per x = 0,4 m.) = - Mg sen 45° * v(per x =0.4 m.) = - 3.5 * 9,81 * 0,707 * 22.13 = - 537,20 W;
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re, mi potrebbe risolvere questi due quesiti?
-Un'asta rigida si trova alla base di un piano inclinato con un angolo di 45°. L'asta preme sul piano ed è sorretta orizzontalmente da una guida che si muove verticalmente rispetto alla base del triangolo rettangolo di cui è composto il piano inclinato stesso, con un'accelerazione di 8 m/sec2, mentre l'asta scorre sul piano inclinato, alla velocità iniziale di 27 m/s.
Quale sarà la velocità finale dell'asta quando sarà trascorso il tempo t = 0,0577 sec, e quale sarà lo spazio percorso?
-Un' autoclave del volume di 1,5 mc, contiene un liquido del peso specifico di 1600 Kg/mc alla pressione di 35 Kg/cmq. Sul fondo dell'autoclave, lateralmente, vi è una saracinesca del diametro di 0,02 m.. Quando la saracinesca è tutta aperta, si vuole sapere la velocità di uscita del liquido e il tempo necessario affinché l'autoclave venga completamente svuotata.
Tantissime grazie . La saluto con cordialità Francesca.


Gent.ma Francesca,
-Indicando con ay = 8 m/sec2 l'accelerazione verticale della guida e con vos = 27 m/s la velocità iniziale di scorrimento dell'asta sul piano e considerando che è ay = as cos 45°, con as accelerazione dell'asta lungo il piano,si ha un moto uniformemente accelerato lungo il piano, con as = ay/cos 45° = 8/0,707 = 11,315 m/s2:
vs = vos + ast = 27 + 11,315 x 0,0577 = 27,652 m/s.
Lo spazio percorso dall'asta lungo il piano inclinato è s = vost + (1/2) as t2 = = 27 x 0,0577 + 0,5 x 11,315 x 0,05772 = 1,576 m.
- Applicando l'equazione di Bernoulli e trascurando la pressione idrostatica si ha:
p = pa + (1/2) rv2, dove pa = 1,013 x 105 N/mq è la pressione atmosferica , p = 35 x 9,81 /0,0001 = 3,4335 x 106 è la pressione interna e r = 1600 kg/mc è la densità del liquido.
v = SQRT[ 2 (p - pa)/r)] = SQRT [2 (3,4335 x 106 - 1,013 x 105)/1600] = SQRT (4165,25) = 64,538 m/s.
Indicando con V = 1,5 mc il volume dell'autoclave e con S = 3,14 x 0,0004/4 = 3,14 x 10-4 mq la sezione della relativa saracinesca, si calcolano la portata Q = S v = 3,14 x 10-4 x 64,538 = 0,02026 mc/s ed il tempo di svuotamento t = V/Q = 1,5/0,02026 = 74,037 s.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
anzitutto la ringrazio per il suo magnifico insegnamento e per la perfetta esecuzione delle risposte, nel frattempo le pongo un nuovo quesito di fisica da risolvere.
-Dal rubinetto di una bombola di ossigeno ad alta pressione, installata su un carrello fermo, escono improvvisamente 1,5 Kg. di gas ogni 0,032 sec. alla velocità di 150 m/s. Si vuole sapere la spinta che riceve il carrello e la potenza di spinta del gas che funge da razzo.
Tantissime grazie Francesca.


Gent.ma Francesca,
La soluzione del quesito è analoga a quella data a pag. 16 in relazione ad un razzo collegato con una fune ad un generatore elettrico.
Indicando con U = 150 m/s la velocità di espulsione del gas, con Min la massa iniziale del sistema (carrello + bombola piena di gas) e con Fm = dM(t)/dt = 1,5 Kg/0,032 s = 46,875 Kg/s il flusso di massa dell'ossigeno espulso, l'equazione del moto del carrello si ottiene uguagliando la spinta S = U Fm = 150 x 46,875 = 7031,25 N = 7031,25/9,81 = 716,743 kg-peso al prodotto della massa istantanea M(t) = Min - Fm t per l'accelerazione a(t) = dV(t)/dt:
S = UFm = M(t) dV(t)/dt = [Min - Fm t] dV(t)/dt;
dV(t) = UFm dt/[Min - Fm t];
Integrando si ha: V(t) = - U ln(Min - Fm t) + C.
C = V(0) + U ln Min;
V(t) = - U ln(Min - Fm t) + V(0) + U ln Min.
Essendo nulla la velocità iniziale V(0) del carrello, si ha:
V(t) = - U ln(Min - Fm t) + U ln Min = U ln [Min/(Min - Fm t)].
La potenza di spinta del gas è Ps(t) = S V(t) = UFmV(t) = U2Fm ln [Min/(Min - Fm t)]. Ps è nulla per t = 0 e cresce fino ad assumere il valore Ps(tfin) = U2Fm ln [Min/(Min - Fm tfin)] all'istante tfin corrispondente allo svuotamento della bombola.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re, le rivolgo la seguente domanda di idrodinamica:
un condotto verticale pieno d'acqua, del diametro di 0,40 m , della lunghezza di 6 m, viene continuamente alimentata con la stessa portata in uscita. Dopo 6m, subisce un restringimento conico per una lunghezza di 1,20 m e finendo con un diametro di 0,10 m. .Quale sarà la velocità di uscita dell'acqua? Il restringimento conico provoca un aumento della velocità?
Tantissime grazie Francesca.


Gent.ma Francesca,
Se S1 = 3,14 x 0,42/4 = 0,1256 mq è la sezione della parte cilindrica del condotto e S2 = 3,14 x 0,1 2/4 = 0,00785 mq è la sezione terminale della parte conica, indicando con h1 = 6 + 1,2 = 7,2 m. la lunghezza complessiva del condotto, con V1 la velocità relativa alla sezione S1 e con V2 quella relativa alla sezione S2, applicando l'equazione di Bernoulli e l'equazione di continuità S1 V1 = S2 V2, si ha:
V1 = S2 V2/S1 ;
Patm + (1/2)rV12 + rgh1 = Patm + (1/2)rV22;
(1/2)r[S2 V2/S1] 2 + rgh1 = (1/2)rV22;
rgh1 = (1/2)rV22[1 - (S2/S1)2];
V2 = SQRT{2gh1/ [1 - (S2/S1)2]}= SQRT{2 x 9,81 x 7,2/[1 - (0,00785/0,1256)2] } = SQRT [1,4126 x102/ (1 - 0,0039)] = SQRT(141,813) = 11,9 m/s.
V1 = S2 V2/S1 = 0,00785 x 11,9/0,1256 = 0,74375 m/s.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
un alternatore della potenza di 40.000 Kw- 50.000 Kw del tipo sincrono o asincrono, potrebbe funzionare "impulsato", ovvero potrebbe essere azionato per qualche decimo di secondo ogni secondo?  Potrebbe essere assistito da un dispositivo tale da rendere regolare il suo funzionamento? Tantissime grazie, Francesca.

Gent. ma Francesca
Il funzionamento impulsato di un alternatore si può ottenere collegandone meccanicamente l'albero rotorico ad un volano, la cui energia cinetica K = (1/2) J w2 viene periodicamente reintegrata applicando una coppia motrice impulsiva C di valore costante per un intervallo di tempo Ta (durata della fase attiva o motrice). In particolare,applicando la legge fondamentale della dinamica dei sistemi in moto rotatorio con un asse fisso ed indicando con J = (1/2) MR2 il momento d'inerzia del volano (che si suppone,per semplicità, cilindrico, con massa M e raggio R) e con w la velocità angolare, si ha: C = J dw/dt.
Integrando da 0 a Ta, si ottiene l'impulso angolare acquisito dal volano in un periodo T = Ta + Tp, dove Tp è la durata della fase passiva, durante la quale il volano non incrementa la sua energia cinetica, per mancanza della coppia motrice: integrale (da 0 a Ta) di [C dt] = integrale (da win a wfin) di [J dw];
CTa = J[wfin - win].
Per quanto concerne la potenza media Pm trasferita all'alternatore, deve aversi: valor medio della potenza trasferita dal motore primo al volano in un periodo = valor medio della potenza trasferita all'alternatore in un periodo.
Pm = (1/T) integrale (da 0 a Ta) [Pdt] = (1/T) integrale (da 0 a Ta) [Cwdt] = CwTa/T.
Se Pm = 40000 kw = 40 x 106 W alla velocità di 3000 giri/m, w = 6,28 x 3000/60 rad/s = 314 rad/s, T = 1 s e Ta = 0,2 s, bisogna disporre di una coppia impulsiva C = Pm T/(Ta w) = 40 x 106 x 1/(0,2 x 314) = 6,369 x 105 N. m = 6,369 x 105 /9,81 Kg-peso . m = 6,692 x 104 Kg-peso . m.
Riferimento web: http://fusfis.frascati.enea.it/FTUdoc/Ale/ALT-VOLG3.html (accessibile soltanto attraverso la cache di Google) .
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re, gentilmente le chiedo di risolvere il seguente problema di dinamica:
-una forza di 27000 N spinge un corpo su un piano rettilineo e senza attriti del peso di 128 Kg. per uno spazio di 4 m.
La forza si estingue gradatamente fino a zero. a fondo corsa. Il corpo al momento che viene spinto possiede una velocità di 18 m/s.
Una forza esterna, contrasta il moto del corpo gradatamente a partire dell'inizio della corsa fino a fermarlo a fondo corsa.
Si chiede la potenza assorbita dalla forza resistente.
Tantissime grazie Francesca

Gent. ma Francesca,
Consideriamo anzitutto l'andamento della forza motrice Fm(x), linearmente decrescente fino a zero, e della forza resistente Fr(x), nulla per x = 0 e linearmente crescente in modo tale da fermare il corpo per x = 4 m.
Poichè Fm(0) = 27000 N e Fm(x = 4 m.) = 0, è Fm(x) = 27000 - km x, con km = 27000/4 = 6750 N/m.
Poichè Fr(0) = 0, è Fr(x) = - Fr(0) - kr x = - kr x. Bisogna quindi applicare il teorema lavoro-energia all'intero spostamento di 4 m, tenendo conto della velocità iniziale vi = 18 m/s e della velocità finale vf = 0.
(1/2) Mvf 2 - (1/2) Mvi 2 = integrale (per x da 0 a 4 m) {[Fm(x) + Fr(x)]dx}= integrale (per x da 0 a 4 m) {[27000 - 6750 x - kr x]dx} = [27000 x - 6750 x2/2 - krx2/2](da 0 a 4 m.) = 27000*4 - 6750 *16/2 - kr*16/2;
kr = [27000 *4 - 6750 *16/2 + (1/2)*127* 182]/8 = 75574/8 = 9321,75 N/m.
Applicando il teorema lavoro-energia per 0 <= x <= 4 m., si ottiene v(x): (1/2) Mv(x) 2 - (1/2) Mvi 2 = integrale (per x da 0 a x) {[Fm(x) + Fr(x)]dx}= integrale (per x da 0 a x) {[27000 - 6750 x - 9321,75 x]dx} = 27000 x - 6750 x2/2 - 9321,75 x2/2;
(1/2) * 127v(x) 2 = (1/2)*127* 182 + 27000 x - 16071,75 x2/2; 63,5 v(x) 2 = 63,5*182 + 27000 x - 8035,875 x2;
v(x) = SQRT[(324 + (27000/63,5) x - (8035,875/63,5) x2]=
= SQRT[324 + 425,196 85 x - 126,54921 x2];
La potenza assorbita dalla forza resistente è Pr(x) = -Fr(x) v(x) = kr x v(x) = 9321,75 x v(x).
Essa è nulla per x = 0,essendo Fr(0) = 0, e si annulla per x = 4 m, essendo v(x = 4 m.) = 0.
Il valore massimo di v(x = 1,679 m.) è 26,099 m/s.
Tanti cordiali saluti

Oggetto:schermatura dei cavi
Gent.mo professore, desidererei dei chiarimenti sui principi fisici che intervengono nella schermatura dei cavi di segnale.
In particolare vorrei capire cosa cambia "mettendo a terra" o meno la schermatura. Grazie, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
In un cavo costituito da più conduttori interni e da un conduttore esterno (calza di rame o foglio di alluminio), lo schermo elimina i segnali di disturbo generati da campi elettrici esterni, in base al principio della gabbia di Faraday.
Infatti, all'interno di uno strato metallico (o di una rete metallica) costituente uno schermo elettrostatico, gli elettroni di conduzione, spostandosi per effetto di campi elettrici generati da distribuzioni di cariche elettriche esterne allo schermo, generano (per induzione elettrostatica) un campo elettrico (indotto) che tende sempre ad opporsi alla somma vettoriale dei campi elettrici esterni, in modo tale da rendere sempre equipotenziale (il campo elettrico risultante è nullo) lo spazio compreso tra le superfici interna ed esterna che delimitano lo strato. Se, in particolare, questo è di forma cilindrica, come nel caso di un cavo schermato (coassiale o multifilare) , il campo elettrico si annulla nella corona cilindrica cilindrica costituente lo schermo, rendendo equipotenziale non soltanto lo spazio compreso tra le due superfici ma anche quello delimitato dalla superficie cilindrica interna. Ecco perchè un involucro metallico costituisce uno schermo elettrostatico per i conduttori in esso contenuti, che pertanto non vengono influenzati da campi elettrici esterni..
La necessità del collegamento dello schermo “a terra” ,considerando a parte le ordinarie norme di sicurezza elettrica nei confronti di tensioni di contatto, si spiega sia con l'esigenza di disperdere le eventuali cariche elettriche statiche accumulate dallo schermo per qualsiasi causa, sia con quella di garantire sempre l'equipotenzialità tra i punti terminali del cavo (si pensi alla trasmissione di segnali tra dispositivi o sistemi alimentati dalla rete e situati a distanze di qualche decina di metri e con potenziali di terra sensibilmente diversi per la distanza).
Per quanto riguarda i campi magnetici esterni, lentamente o rapidamente variabili nel tempo, lo schermo è sede di correnti indotte parassite (di Foucault), che circolando nello schermo determinano cadute di tensione ohmiche ed induttive, che alterano il comune riferimento di tensione per i segnali trasmessi dai conduttori interni, nel caso in cui schermo protettivo venga utilizzato anche come comune massa per i vari segnali.
Bisogna considerare inoltre che i segnali parassiti indotti da campi magnetici variabili nel metallo dello schermo sono molto meno importanti di quelli generati da eventuali anelli di massa, cioè da spire chiuse formate dallo schermo con il piano di massa del contenitore di un'apparecchiatura. Infatti, se lo schermo di un cavo multifilare viene collegato alla massa di un'apparecchiatura nei due punti terminali, i campi magnetici variabili dovuti a segnali a frequenze audio possono indurre significativi segnali di disturbo, generando correnti indotte circolanti nella spira chiusa formata dallo schermo con il piano di massa. In questo caso, per attenuare i disturbi è necessario fare un unico collegamento a massa,all' inizio o alla fine del cavo.
Invece, nel caso di disturbi indotti da campi elettromagnetici a radiofrequenza , bisogna collegare lo schermo a massa nei punti terminali, soprattutto se la lunghezza del cavo è prossima a multipli dispari di un quarto di lunghezza d'onda, per evitare che nell'estremità non collegata si localizzi un massimo di tensione (ventre), con una notevole amplificazione dei disturbi.
Collegando a massa entrambe le estremità i disturbi si attenuano notevolmente grazie alla presenza di minimi di tensione (nodi) ad entrambe le estremità.
Una soluzione valida in entrambi i casi consiste nel collegare direttamente a massa un'estremità dello schermo e l'altra estremità attraverso un condensatore di piccola capacità ,tale da presentare un' elevata reattanza alle basse frequenze (si elimina l'anello di massa) ed una piccolissima reattanza alle radiofrequenze (si forma l'anello di massa).
Tanti cordiali saluti

Gent.mo Professore,
ho letto che indici dell'efficienza di un climatizzatore sono i parametri "EER" (Energy Efficiency Ratio) e "COP" (Coefficient Of Performance).
Ho pensato si trattasse di misure particolari del rendimento, ma dato che essi assumono sempre valori maggiori dell'unità, ho scartato questa ipotesi. Costoercando di documentarmi in rete riguardo il loro significato ho scoperto che "definiscono il grado di trasferimento del calore per ogni unità di energia fornita dall'esterno".
Non ho comunque compreso il loro significato e l'utilità della loro definizione, in altre parole :"Che informazioni forniscono sulla macchina?"
Oltre i climatizzatori esistono altre macchine caratterizzate usualmente dai suddetti parametri?
La ringrazio sin d'ora per la sua cortese risposta.
Tanti cordiali saluti, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
Se consideriamo il funzionamento di un climatizzatore come refrigeratore, indicando con Pest la potenza in kw termici ceduta all'ambiente esterno (calore a temperatura maggiore ceduto dal condensatore) , con Pel la potenza elettrica assorbita dal motore del compressore e con Pint la potenza termica estratta dall'ambiente da refrigerare (calore a temperatura minore assorbito dall'evaporatore) (Pest = Pint + Pel) , il parametro EER , definito dal rapporto EER = Pint/Pel, è molto utile in quanto rappresenta in modo molto chiaro dal punto di vista pratico,sia per l'installatore che per il cliente, quanti kw di potenza termica vengono estratti dall'ambiente da refrigerare per ogni kw di potenza elettrica assorbita dal motore. Per esempio, se si considerano due climatizzatori, il primo di classe A, con EER = 5 ed il secondo di classe C, con EER = 3, si ha un'idea immediata della convenienza del primo dal punto di vista del risparmio energetico conseguibile nella bolletta ENEL: il primo in un'ora estrae dall'ambiente 5 kWh di energia termica, pari 5 x 1000 x 3600 J/4,18 J = 4306220 cal = 4306,22 kcal consumando 1 kWh; il secondo estrae in un'ora 3 x 1000 x 3600/4,18 cal = 2583732 cal = 2583,732 kcal , a parità di energia elettrica assorbita; pertanto, per ottenere lo stesso abbassamento di temperatura occorre far funzionare il secondo climatizzatore per un tempo 4306,22/2583,732 = 1,67 volte maggiore (1,67 ore), con un consumo energetico maggiorato del 67 % (1,67 kWh).
Nel primo caso per estrarre 5 kWh termici dall'ambiente da refrigerare occorre assorbire 1 kWh di energia elettrica cedendo all'esterno 6 kWh termici; nel secondo caso, a parità di energia elettrica assorbita, vengono estratti soltanto 3 kWh termici dall'ambiente da refrigerare, cedendo 4 kWh termici all'ambiente esterno.
Pertanto EER è tanto maggiore quanto maggiore è la potenza termica , Pint,estratta dall'ambiente da refrigerare, per ogni kW di potenza elettrica assorbita dal motore.
In modo analogo si definisce il coefficiente COP per un climatizzatore funzionante come pompa di calore. Indicando con Pint la potenza in kW termici ceduta all'ambiente da riscaldare, con Pel la potenza elettrica assorbita dal motore del compressore e con Pest la potenza termica assorbita dall'ambiente esterno (Pint = Pest + Pel),il parametro COP è definito dal rapporto Pint/Pel.
Se, per esempio, COP = 4, per ogni kw di potenza elettrica , Pel, assorbita dal motore, vengono ceduti 4 kW di potenza termica, Pint, all'ambiente da riscaldare (calore a temperatura maggiore ceduto dal condensatore) , mentre 3 kW di potenza termica, Pest, vengono forniti dall'ambiente esterno (calore a temperatura inferiore assorbito dall'evaporatore). Pertanto COP è tanto maggiore quanto maggiore è la potenza termica,Pint, ceduta all'ambiente da riscaldare , per ogni kW di potenza elettrica assorbita dal motore.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
le propongo un quesito di dinamica da risolvere:
una macchina termica produce un lavoro di 10.000 KJ ogni 0,3 s. il cui ciclo si svolge ogni 1 secondo e venga supportato da un volano per sopperire al lavoro carente durante la fase di pausa. Quale sarà la potenza del ciclo?
Se invece la stessa macchina producesse il lavoro di 10.000 KJ in un secondo, il cui ciclo è pure di 1 secondo, quale sarebbe la sua potenza?
La ringrazio tantissimo e la saluto con tanta stima.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Nel primo caso, indicando con P1 = L1/t1 = 10000/0,3 = 33333,3333 KW la potenza costante sviluppata nell'intervallo di tempo t1 = 0,3 s, essendo il periodo T = 1 s., la potenza media sviluppata in un ciclo è Pm = (1/T) * integrale (da 0 a t1) di (P1 dt) = P1 t1/T = 33333,3333 x 0,3/1 = 10000 KW.
Nel secondo caso la potenza è costante, essendo t2 = 1 s e T = 1 s. Pertanto si ha: P2 = 10000/1 = 10000 KW; ed anche Pm = (1/T) * integrale (da 0 a t2) di (P2 dt) = P2 t2/T = 10000 x 1/1 = 10000 KW.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
anzitutto la ringrazio per la sua splendida collaborazione e nel frattempo le inoltro altro quesito da risolvere:
Se sopra ad un pistone di superficie  di x mq, insiste un peso di y Newton e, al di sotto dello stesso che scorre in un cilindro chiuso, vi è dell'aria secca a pressione z N/mq, che pressione avrà raggiunto l'aria contenuta nel cilindro quando il peso eserciterà la sua sollecitazione?
Quale sarà la corsa max raggiunta dal pistone?
Per rendere più esplicita la sua spiegazione mi potrebbe svolgere l'esercizio numericamente?
La ringrazio tantissimo.
Francesca


Gent.ma Francesca,
Definiamo anzitutto i seguenti simboli:
pi = 1 atm = 1,013 x 105N/mq: pressione iniziale (z) dell'aria nel cilindro (si suppone che sia pari alla pressione atmosferica pa = 1,013 x 105N/mq;
pf : pressione finale dell'aria nel cilindro, al termine della compressione adiabatica prodotta dal peso;
P = 10 kg-peso = 9,81 x 10 = 98,1 N: peso (y) che carica il pistone;
S = 0,01 mq = 100 cmq: sezione (x) del pistone;
d : corsa massima del pistone prodotta dalla compressione adiabatica;
(la corrispondente variazione di volume è (Vi - Vf) = S d);
Vi = 2000 cmc = 0,002 mc: volume iniziale;
Vf (minore di Vi): volume finale;
g = Cp/Cv = 1,4: rapporto tra i calori specifici dell'aria, a pressione costante Cp ed a volume costante Cv;
Supponendo che la compressione del gas sia così rapida da poterla considerare adiabatica, cioè senza scambio di calore con l'ambiente, uguagliamo la variazione di energia potenziale
P d = P (Vi - Vf)/S del peso al lavoro di compressione Lc effettuato sul gas:
Utilizzando l'equazione pi Vig = pf Vfg = pVg = costante , relativa alle trasformazioni adiabatiche, si calcola Lc:
Lc = - integrale (esteso da Vi a Vf) di [pdV] = - integrale (esteso da Vi a Vf) di [(costante /Vg)dV] = - (esteso da Vi a Vf) [costante V1 - g /(1 - g )] = -[costante Vf(1 - g ) - costante Vi(1 - g)]/(1 - g ) = - [pf Vf - pi Vi]/(1 - g );
Poichè in Lc figura la pressione finale pf, per determinarla bisogna considerare che al termine della compressione adiabatica, quando il pistone si ferma, la forza agente su di esso e diretta verso l'alto, pfS, deve equilibrare la risultante della forza paS, dovuta alla pressione atmosferica, e della forza P (peso):
pfS = paS + P; pf = pa + P/S = 1,013 x 105 + 98,1/0,01 = 1,1111 x 105 N/mq.
Si ha pertanto: P d = P(Vi - Vf)/S = - [pf Vf - pi Vi]/(1 - g );
P(Vi - Vf) (1 - g ) = pi ViS - pf VfS,
[P(1 - g ) - piS]Vi = Vf[P(1 - g ) - pfS];
Vf = [P(1 - g ) - piS]Vi/[P(1 - g ) - pfS]; =
= [98,1 x (-0,4) - 1,013 x105 x 0,01] x 0,002/[98,1 x (-0,4) - 1,111x 105 x 0,01] = 2,10448/1150,2 = 1,829 x 10-3 mc = 1829 cmc.
La corsa massima del pistone è pertanto d = (Vi - Vf) /S = 0,002 - 0,001829/0,01 = 1,71 x 10-2 m. = 1,71 cm.
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof.re,
gentilmente mi dovrebbe sciogliere un dubbio, che sicuramente per lei sarà elementare:
-il lavoro termodinamico svolto da un pistone durante la fase di compressione adiabatica in cui risulta un lavoro di z joule, è uguale a quella termica posseduta dall'aria compressa sotto forma di calore in x Kcal e stipata nel volume Vfin a temperatura Tfin ?
Tantissime grazie Francesca.

Gent.ma Francesca,
L'applicazione del primo principio della termodinamica (in forma differenziale)
dQ (variazione infinitesima del calore scambiato con l'ambiente)= dU (variazione infinitesima di energia interna) + dL = nCv dT + p dV ad una trasformazione adiabatica, essendo dQ = 0 grazie all'isolamento termico, conduce all'equazione (per n moli di gas perfetto):
0 = dU + dL; dL = - dU.
Considerando che si tratta di una compressione adiabatica, con Vfin minore di Vin e Tfin maggiore di Tin, si deduce che il lavoro effettuato dal gas, L = integrale (esteso da Vin a Vfin) di [p dV] è negativo, poichè è di segno opposto a quello che viene eseguito dal pistone sul gas.
Pertanto si ottiene: dL = - dU = - nCv dT ;
L = integrale (esteso da Vin a Vfin) di [p dV] = - n Cv ( Tfin - Tin).
Se il lavoro è L = - z joule si ha: - z = n Cv ( Tin - Tfin). Si deduce che l'energia interna finale del gas n CvTfin si ottiene sommando all'energia interna iniziale n CvTin il lavoro z eseguito dal pistone: n CvTfin = n CvTin + z.
L' energia interna U = (3/2) N k T = (3/2) n RT (pari all' energia cinetica totale di tutte le N molecole del gas) aumenta di una quantità pari al lavoro eseguito dal pistone ed il gas si riscalda.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
ho due domande di astrofisica:
 1) Ho letto che la sonda che ha scoperto l' acqua su Titano l' ha scoperta appunto, non "vedendola" , ma rilevando le  onde radio che essa emetteva,  perché si diceva, che grandi masse d'acqua le emettono . Ma che c'entra l' emissione di onde radio con la massa dell' acqua ?
 2) Nelle stelle, la luminosità è legata da una relazione ben precisa al raggio e alla temperatura. Ma di una stella leggevo che ingrandendosi 100 volte, la temperatura superficiale diminuiva di 10.000 gradi. Una relazione così puntuale tra questi due valori, per quanto abbia analizzato la legge di cui dicevo, abbia considerato le formule geometriche relative alle sfere, ecc. non l'ho trovata. Come si fa a dimostrare ciò ?
 Grazie . Francesco. Frattamaggiore ( Na )


Gent.mo Francesco,
1)Il fenomeno rilevato è tuttora misterioso. Gli scienziati che hanno elaborato i dati della missione Cassini-Huyghens sono alquanto perplessi, in quanto non sono ancora in grado di escludere l'ipotesi che l'onda elettromagnetica a bassissima frequenza a 36 Hz (ELF - Extremely Low Frequency) registrata dal sensore PWA (Permittivity Waves and Altimetry) dell' Huyghens Atmosphere Structure Instrument (HASI) sia stata generata non da un fenomeno naturale ma da un fenomeno di interferenza causato dalla stessa sonda spaziale per un fenomeno oscillatorio associato a due bracci metallici durante la discesa verso la superficie di Titano. Se si potrà escludere questa ipotesi, sarà difficile spiegare come l'onda ELF sia stata generata, dal momento che non sono state rilevate scariche elettriche violente come i fulmini dell'atmosfera terrestre. Per la Terra sono infatti noti fenomeni di risonanza elettromagnetica a bassissima frequenza (7 Hz) originati dalle scariche temporalesche e propagantisi per successive riflessioni tra la ionosfera ed il suolo fino a fare il giro del pianeta (risonanza di Schumann - vedi prima risposta a pag.9). Fernando Simoes (vedi link http://www.esa.int/esaMI/Cassini-Huygens/SEM17F9RR1F_0.html) pensa che si tratti di un'onda elettromagnetica prodotta dall'interazione del campo magnetico di Saturno con campi elettrici presenti in corrispondenza della corona sferica compresa tra lo strato di ghiaccio sotterraneo di Titano e l'oceano di acqua e ammoniaca sottostante. L'onda si propagherebbe per successive riflessioni fino a fare il giro di Titano, in modo analogo a quanto si verifica sulla Terra per la cavità geoionosferica soggetta alla risonanza di Schumann.
2) Considerando una stella di raggio R , irradiante una potenza elettromagnetica P, come un corpo nero (emettitore ideale di radiazione termica) il cui potere emissivo W (potenza elettromagnetica emessa per unità di superficie) è dato dalla legge di Stefan
W = sT4, essendo W = P/(4pR2), si ottiene: T = radice quarta di [W/s] = radice quarta di [P/(4pR2s)]. Si deduce che la temperatura assoluta T (in °K) della superficie della stella è inversamente proporzionale alla radice quadrata di R: T = [P/(4pR2s)] 1/4 = [P/(4ps)]1/4/R1/2= [P/(4ps)]1/4/sqrt(R). Pertanto T1/T2 = sqrt(R2/R1).
Esempio: se una stella con raggio R1 = 1000000 km e temperatura superficiale T1 = 15000 °K si espandesse fino a centuplicare R1 (R2 = 100 R1= 100000000 km ), si avrebbe: T1/T2 = sqrt (100) = 10; T2 = T1/10 = 1500 °K .
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
le espongo gentilmente un problema di termodinamica da risolvere:
Una bombola di gas contenente 15 Kg. di aria compressa alla pressione di 21 Kg/cmq ed alla temperatura di 40°C, affinchè tutto il contenuto sia scaricato in  1 sec. in libera atmosfera, che sezione dovrà avere il rubinetto di scarico ?
Tantissime grazie Francesca


Gent.ma Francesca,
Applicando l'equazione di stato dei gas perfetti, si calcola il volume della bombola V1:
p1V1= (m/M)RT1. Essendo p1 = 21 Kg/cmq = 21 x 9,81 x 10000 = 2,06 x 106 N/mq, T1 = (273 + 40) °K = 313°K, R = 8,31 J/(mole °K), si ottiene:
V1 = (m/M)RT1/p1 = (15000/28,8) x 8,31 x 313/2,06 x 106 = 0,657 mc = 657 dmc = 657 litri.
Essendo l'espansione adiabatica con p2 = 1 atm = 1,013 x105 e g = Cp/Cv = 1,4, si ottiene il volume finale V2: p1V1g = p2V2g;
V2 = (p1/p2)1/g V1 = (2,06 x 106/1,013 x105)(1/1,4) 0,657 = 5,6497 mc.
Per calcolare la velocità v di efflusso dell'aria dal rubinetto di sezione S, si applica l'equazione di Bernoulli, trascurando la velocità del gas all'interno della bombola: (1/2) rv2 = p1 - p2;
v = sqrt [2 ( p1 - p2)/r] = sqrt [2 x( 2,06 x 106 - 1,013 x105)/1,293] = sqrt(3,0296 x106) = 1740 m/s.
Pertanto, essendo la portata Q = V2 /1 secondo = 5,6497 mc/s, la sezione del rubinetto di scarico è S = Q/v = 5,6497/1740 = 3,247 x 10-3 mq = 32,47 cmq.
Tanti cordiali saluti

Egregio professore,
vorrei conferma su alcune cose che mi sembrano ovvie, però è bene accertarsi
. 1) In un circuito alimentato con corrente alternata , se al posto di un induttore metto una resistenza che abbia gli stessi ohm della reattanza induttiva della bobina, ottengo lo stesso risultato ?
2) Invece in un circuito alimentato da corrente continua, la bobina ha qualche effetto, o come penso,  funge solo da semplice conduttore ?
3) In un condensatore, in che cosa si " traduce" la maggiore capacità ? Immagino in una maggiore quantità di energia , un po’ come il wattaggio.
Ma se io carico due condensatori ,con capacità diverse, con lo stesso voltaggio, essi avranno comportamenti diversi quando verranno scaricati ? O sono uguali indipendentemente dalla grandezza della loro capacità di accumulare cariche ?
E poi i tempi di carica di un condensatore da che dipendono, dalla capacità e dal dielettrico, o anche da altro ?
Grazie. Francesco


Gent.mo Francesco,
1) L' intensità di corrente I (valore efficace) in un circuito alimentato con corrente alternata e costituito da un generatore con f.e.m. E , impedenza interna Zi trascurabile e frequenza f , collegato ad un induttore L ,è data dalla legge di Ohm I = E/X, dove X = 1/(2p f C) è la reattanza capacitiva. Se al posto dell'induttore si collega ai poli del generatore un resistore R = X, l'intensità di corrente non varia, ma la sinusoide che rappresenta la corrente alternata è sfasata in ritardo di 1/4 di periodo (90°) rispetto alla sinusoide che rappresenta la f.e.m. E.
Bisogna tuttavia tenere presente che, mentre nel caso dell'induttore la potenza attiva assorbita è nulla (P = EI cos 90° = 0) , pur essendo diversi da zero i valori di E e I, nel caso del resistore viene dissipata in calore (per effetto Joule) la potenza P = EI cos 0° = EI = RI2 = E2/R, essendo nullo (0°) lo sfasamento tra le sinusoidi rappresentative di E e I.
2) In un circuito avente resistenza R ed alimentato in corrente continua da un generatore con f.e.m. E, una bobina di induttanza L, costituita da un avvolgimento di filo di rame avente resistenza Rr, influisce sul valore dell' intensità di corrente soltanto nelle fasi transitorie di chiusura ed apertura del circuito, implicando un ritardo (T circa 5 L/(R + Rr)) nella variazione dell'intensità di corrente, rispettivamente da 0 a I = E/(R + Rr) in fase di chiusura e da I a 0 in fase di apertura. Raggiunto il valore a regime I = E/(R + Rr), l'induttanza non influisce più fino all'apertura dell'interruttore; in altri termini, in regime permanente, cioè quando I è costante, la bobina si comporta come una resistenza di valore Rr.
3) La capacità C = Q/V di un condensatore (C si misura in Farad ,F) è definita dal rapporto costante tra la tensione applicata V e la carica elettrica Q che si accumula con polarità contrarie sulle armature (lamine metalliche separate da un dielettrico con costante dielettrica relativa er). Un condensatore,quando viene caricato alla tensione V ,accumula un'energia elettrostatica W (in joule) 0 (1/2) CV 2 che viene recuperata scaricando il condensatore: per esempio sul flash allo Xenon di una macchina fotografica o su un resistore o semplicemente cortocircuitando le armature e provocando una violenta scintilla.
Il condensatore si comporta pertanto come un serbatoio di energia elettrostatica e può essere utilizzato per ottenere una corrente temporanea la cui durata è stabilita dalla cosiddetta costante di tempo T = RC, essendo R la resistenza attraverso la quale avviene la scarica (o la carica).
Se un condensatore elettrolitico C = 1000 m viene collegato ad una batteria da 100 V attraverso un resistore R da 10000 W, la carica si completa in un tempo circa uguale a 5 volte T, cioè 5 x 1000 x 10-6 x 10000 = 50 s, accumulando un'energia elettrostaticaW = (1/2) x cioè 5 x 1000 x 10-6 x 10000 = 25 J (joule), che può essere recuperata e dissipata in calore in circa 50 s escludendo la batteria e collegando il resistore R ai capi di C.
Esempio: La capacità C di un condensatore costituito da due fogli metallici (stagnola) di area S = 100 cmq = 0,01 mq, separati da un dielettrico (foglio di materiale plastico) con costante dielettrica relativa er = 5 e spessore d = 0,1 mm. = 10-4 m., è data dalla formula C = 8,85 x 10-12 erS/d = 8,85 x 10-12 x 5 x 0,01/ 10-4= 4,425 x 10-9 F = 4,425 nF (nanofarad).
Due o più condensatori C1, C2, .... Cn possono essere collegati in serie o in parallelo per costituire una batteria di condensatori. Vengono collegati in serie quando bisogna ottenere una capacità equivalente Ceq minore della capacità più piccola , ma capace di sopportare una tensione maggiore di quella nominale di un singolo condensatore. La formula del collegamento in serie é la seguente: Ceq = 1/[1/C1 + 1/C2 + .... 1/Cn] ( formula degli inversi). Se, in particolare, si collegano in serie n condensatori aventi la stessa capacità C ed una tensione di lavoro di 400 V, si ottiene un condensatore Ceq =1/[n/C] = C/n con una tensione di lavoro pari a n volte quella di ciascun condensatore (n x 400 V) .
Il collegamento in parallelo viene impiegato per ottenere un' elevata capacità , con la stessa tensione di lavoro di un singolo condensatore. La capacità equivalente si ottiene in questo caso sommando le capacità: Ceq = C1 + C2 + .... Cn . Per esempio, collegando in parallelo 10 condensatori da 500 mF, con tensione di lavoro di 400 V, si ottiene un condensatore equivalente da 5000 mF con la stessa tensione di lavoro.
Tanti cordiali saluti

 

Egregio prof.re,
in riferimento al quesito di termodinamica riguardante la bombola di gas, mi potrebbe dire se l'aria uscente dal rubinetto tende a raffreddarsi? E per effetto del raffreddamento potrebbe ridursi  la temperatura del gas ancora contenuto nella bombola ed anche quella che si espande in atmosfera?
Gentilmente mi potrebbe esporre numericamente il caso? Tantissime grazie Francesca


Gent.ma Francesca,
L'espansione adiabatica produce un notevole raffreddamento dell'aria fuoriuscita e di conseguenza anche la bombola si raffredda per conduzione a causa del calore ceduto all'aria fredda in prossimità del rubinetto.
Anche il gas all'interno della bombola si raffredda, sia pure molto meno di quello che fuoriesce dal rubinetto, per effetto del calore ceduto alla superficie interna della bombola.
La temperatura T2 dell'aria che fuoriesce si ottiene dall'equazione: T1 V1 g - 1 = T2 V2 g - 1.
T2 = T1 (V1/ V2)g - 1 = 313 (0,657/5,6497)(1,4 -1) = 313 x 0,1162890,4 = 313 x 0,42287 = 132,35 °K = (132,35 - 273)°C = -140,65 °C.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re, la ringrazio per le sue precise e chiare risposte ma, mi sorge un dubbio:
se il gas in uscita è freddo, vuol dire che possiede poca energia e per tale non sarebbe in grado di azionare alcun utilizzatore meccanico, per esempio una turbina. Dai dati acquisiti nei due quesiti precedenti, mi potrebbe quantificare quanta energia potrebbe assorbire una turbina per aria compressa?
Tantissime grazie,
Francesca.


Gent.ma Francesca,
Bisogna considerare che ciò che conta, ai fini del lavoro di espansione eseguito dall'aria compressa, è la variazione di volume da V1 a V2 associata alla variazione di pressione da p1 a p2. Quando si apre il rubinetto della bombola l'aria compressa, espandendosi e raffreddandosi, esegue lavoro contro la pressione atmosferica, senza alcuna possibilità di sfruttamento ai fini pratici. Se invece l'uscita della bombola alimenta una turbina, l'espansione dell'aria avviene ciclicamente (ad ogni giro) contro le pale della girante della turbina, con il concomitante raffreddamento conseguente al lavoro motore eseguito ad ogni giro. L'energia sviluppata si calcola con la formula E = L = integrale (esteso da V1 a V2)[pdV] = (esteso da V1 a V2) [costante V1 - g /(1 - g )] = [costante V2(1 - g ) - costante V1(1 - g)]/(1 - g ) = [p2 V2 - p1 V1]/(1 - g) = [ 1,013 x105 x 5,6497 - 2,06 x 106 x 0,657]/(1 - 1,4) = [5,723 x105 - 1,333 x106]/(-0,4) = - 7,607 x105/(-0,4) = 1,901 x106 J = 1,901 x106/3,6 x 106 KWh = 0,528 KWh = 528 Wh (1 KWh = 1000 x 3600 = 3600000 J).
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
sempre in riferimento all'esempio da lei esposto sulla turbina azionata da aria in pressione uscente da una bombola, lei accennava che l'aria dopo l'espansione, tende a raffreddarsi ad ogni giro della girante. In questo caso, di quanto si potrebbe raffreddare l'aria appena abbandona la turbina? E la pressione d'uscita è di 1,013 x 105 N/mq?
Tantissime grazie Francesca


Gent.ma Francesca,
Supponendo che il lavoro L = E = 0,528 KWh , relativo all'esempio precedente, venga effettuato con una potenza media Pm = 1 KWh (valor medio della potenza erogabile dalla turbina), la durata dell'espansione è t = L/Pm = 0,528/1 = 0,528 h = 31,6 m. Se si fa l'ipotesi che il numero dei giri al minuto sia ,come valor medio tra il valore iniziale ed il valore finale, n = 3000 (giri/m), il numero dei giri compiuti dalla girante è N = nt = 3000 x 31,6 = 94800 giri.
Pertanto il raffreddamento di 20 °C - (-140,65 °C) = 180,65 °C si distribuisce in 94800 giri, in ragione di (180,65/94800) °C/giro = 1,9 x 10-3 °C/giro.
Quanto esposto vale se si suppone che lo scarico della turbina avvenga in aria libera, cioè con una pressione di 1,013 x105 N/mq.
Tanti cordiali saluti.

Gent.mo Professore,
a cosa è dovuto il forte rumore che si sente quando si è sottoposti ad un esame di Risonanza Magnetica Nucleare?
Potrebbe spiegare il principio di funzionamento di questo strumento di diagnosi?
Grazie per la sua ineguagliabile disponibilità, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
La scoperta del fenomeno della risonanza magnetica nucleare (Nuclear Magnetic Resonance) si deve ai fisici E.M. Purcell e F. Bloch nel 1946 (premi Nobel 1952) , che evidenziarono, indipendentemente l'uno dall'altro, la risonanza dei moti di precessione dei momenti magnetici associati agli spin dei nuclei atomici, per effetto di un campo magnetico costante e di un campo magnetico alternato, a radiofrequenza (alcune decine di MHz), applicato in direzione perpendicolare al primo.
Il fenomeno può essere compreso facilmente considerando il moto precessionale di una trottola, consistente nel fatto che il relativo asse di rotazione descrive una superficie conica il cui angolo di apertura tende ad aumentare gradualmente al decrescere della velocità di rotazione, fino al ribaltamento. La precessione di una trottola e così anche quella dell'asse terrestre (che dà luogo alla precessione degli equinozi in un periodo di circa 26000 anni) sono dovute all' effetto perturbativo di una o più coppie di forze tendenti a far ruotare l'asse di rotazione attorno ad un asse ad esso perpendicolare. In entrambi i casi le coppie che causano la precessione sono forze gravitazionali. In particolare, nel caso della Terra, si tratta di forze perturbatrici dovute agli altri corpi del sistema solare, mentre nel caso della trottola la forza peso, applicata al baricentro, tende a far ruotare l'asse determinando un momento angolare di precessione che si somma vettorialmente a quello intrinseco (di rotazione), ad esso perpendicolare, causando il ribaltamento della trottola quando, per effetto delle forze d'attrito e di resistenza aerodinamica, la velocità di rotazione si abbassa a tal punto da non essere più compatibile con un regolare moto conico di precessione dell'asse.
Nel caso della NMR la coppia perturbatrice agente sul momento magnetico di un nucleo atomico, il cui spin nucleare si può assimilare elementarmente ad una microscopica trottolina dotata di una carica elettrica positiva (multipla della carica del protone in ragione del numero atomico Z),è dovuta al campo magnetico costante H applicato al materiale. Pertanto, in modo analogo a quanto si verifica per la trottola, la coppia di origine magnetica tende a far ruotare l'asse dello spin nucleare attorno ad un asse ad esso perpendicolare, determinando un moto precessionale.
L'asse dello spin nucleare si muove descrivendo una superficie conica,avente per asse la direzione del campo magnetico, ruotando con una velocità angolare di precessione (di Larmor) , che risulta direttamente proporzionale all'intensità H del campo magnetico (in tesla ,T): wp = g H, dove il coefficiente di proporzionalità g è il cosiddetto fattore giromagnetico, pari a circa 2,68 x 108 radianti/(sec * T) nel caso del protone (nucleo di idrogeno), corrispondente ad una frequenza di precessione fp = .wp/6,28 = 42,67 MHz/T.
Questo significa che, impiegando un campo magnetico di 1,5 T, come nella maggior parte degli attuali sistemi diagnostici NMR, tutti gli spin protonici associati alle molecole d'acqua del corpo umano ruotano con una frequenza di 42,675 x 1,5 = 64,012 MHz.
Il principio di funzionamento di un sistema diagnostico NMR, i cui fondamentali vantaggi rispetto alla TAC (a raggi X) consistono nella possibilità di esaminare i tessuti molli (trasparenti ai raggi X) e di non comportare alcun pericolo, trattandosi di un esame non invasivo (in quanto non impiega radiazioni ionizzanti, ma soltanto campi magnetici e segnali a radiofrequenza (onde radio)),è il seguente:
Il paziente viene introdotto, attraverso un lettino motorizzato, in un tunnel nel quale viene generato un intenso campo magnetico costante (da 1,5 T fino a 3 T) mediante speciali bobine superconduttrici mantenute alla temperatura dell'elio liquido (2,7 °K). Le bobine superconduttrici in lega di niobio sono inserite in una speciale struttura criogenica che richiede un isolamento termico ottimale ed una circolazione continua dell'elio liquido, le cui perdite per evaporazione devono essere costantemente monitorate e compensate .
L'esame diagnostico si effettua avvalendosi di un sistema computerizzato che gestisce tutte le scansioni necessarie per acquisire punto per punto i dati relativi alla densità protonica dei tessuti biologici da esaminare. Ciascuna scansione si effettua facendo aumentare linearmente l'intensità del campo magnetico lungo l'asse del tunnel, mediante le bobine di gradiente, in modo tale che ad ogni posizione lungo l'asse sia associato un determinato valore della frequenza di risonanza: poichè il campo magnetico aumenta proporzionalmennte alla distanza dal punto iniziale della scansione, anche la frequenza di risonanza aumenta proporzionalmente a tale distanza. Contemporanemente viene fatta spostare lungo l'asse del tunnel una bobina di eccitazione - rivelazione, che, attivata da un impulso di corrente alternata, con frequenza pari alla frequenza di risonanza associata alla posizione ed al relativo valore del campo magnetico totale di scansione (campo costante + campo di gradiente), genera un campo magnetico alternato perpendicolare al campo magnetico totale di scansione. La bobina di eccitazione-rivelazione, posizionata in x, quando viene attivata dal predetto impulso di corrente alternata, genera un debole campo magnetico impulsivo risonante che eccita gli spin protonici in x, inizialmente allineati , prevalentemente, con il campo totale di scansione (quindi nello stato di energia potenziale magnetica minima), costringendoli, per un effetto di risonanza, ad invertire il loro allineamento rispetto al campo totale di scansione,effettuando una transizione verso uno stato quantico con energia potenziale magnetica maggiore di quella iniziale. Successivamente, trascorso un brevissimo intervallo di tempo di rilassamento, gli spin ritornano nello stato quantico precedente (stato fondamentale con energia minima) cedendo l'energia acquisita durante l'eccitazione, mentre la bobina è ancora nella posizione x e funge da bobina rivelatrice captando il segnale a radiofrequenza generato dalla transizione degli spin nello stato fondamentale. Poichè il segnale captato dalla bobina ha un'ampiezza direttamente proporzionale alla concentrazione protonica, è possibile acquisire, punto per punto durante la scansione, tutti i valori di densità protonica del tessuto biologico in esame.
La somma dei segnali elettrici relativi a tutti i punti di una scansione (asse dei tempi) viene opportunamente campionata e digitalizzata per essere elaborata in tempo reale con l'algoritmo della trasformata veloce di Fourier (FFT : Fast Fourier Transform), che fornisce lo spettro di potenza (potenza del segnale a radiofrequenza emesso dal tessuto biologico,in funzione della frequenza di risonanza,in ciascun punto di scansione).
Lo spettro di potenza viene infine convertito in spettro di densità protonica (concentrazione di H2O in ciascun punto).
L'elaborazione numerica dei segnali acquisiti si effettua con algoritmi analoghi a quelli della TAC: il corpo del paziente viene virtualmente tagliato a fette e per ogni fetta si acquisisce la densità protonica in funzione delle coordinate (x,y,z). Infine si ottengono le sezioni diagnostiche con sofisticate tecniche di elaborazione di immagini (con falsi colori).
I fastidiosi rumori periodici generati da uno scanner NMR sono dovuti alle intense forze elettrodinamiche che si esercitano tra le spire delle cosiddette “bobine di gradiente”, avvolte su supporti in fibra di vetro che entrano in risonanza a varie frequenze acustiche.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re,
le chiedo gentilmente un chiarimento riguardo alla condizione termica di un gas compresso: -se una bombola contiene 12 Kg. di CO2 alla pressione di 30 Kg/cmq,racchiuso in un volume di 0,09 mc, dovrebbe possedere una certa quantità di calore, che in termini di energia dovrebbe uguagliare quella espressa con la pressione mediante un utilizzatore?
La ringrazio tantissimo per la sua autorevole partecipazione attiva.
Francesca.


Gent.ma Francesca,
Applicando l'equazione di stato piVi = n RTi, con n = 12000/peso molecolare = 12000/44 = 272,72 moli di CO2 , Vi = 0,09 mc e pi = 30 x 9,81 /0,0001 = 2,943 x 106, si calcola la temperatura iniziale del gas nella bombola: Ti = piVi/(nR) = 2,943 x 106 x 0,09/(272,72 x 8,31) = 116,87 °K = (116,73 - 273) °C = -156,27 °C.
Dalle equazioni dell'espansione adiabatica TiVi g - 1 = TfVf g - 1 e piVig = pfVf g si ricavano i valori finali Vf e Tf:
Vf = (pi/pf)(1/g)Vi = (2,943 x 106/1,013 x 105) 1/1,3 x 0,09 = 1,2 mc.
Tf = Ti(Vi/Vf)g - 1 = 116,87 x (0,09/1,2)0,3 = 116,87 x 0,0750,3 = 53,73 °K = (53,73 - 273) °C = -219,27 °C.
Il lavoro effettuato dal gas espandendosi a pressione atmosferica è L = [pfVf - piVi]/(1 - g) = [1,013 x 10 5 x 1,2 - 2,943 x 10 6 x 0,09]/(1 - 1,3) = (1,215 x 105 - 2,648 x 105)/(-0,3) = - 1,433 x 105/(-0,3) = 4,776 x 105 J.
In alternativa, il lavoro di espansione si può calcolare conoscendo il calore molare a volume costante dell'anidride carbonica, Cv = 6,65 cal/(mole /°C):
L = n Cv( Ti - Tf) = 272,72 x 6,65 x (116,87 - 53,73) = 1,145 x 105 cal = 4,18 x 1,145 x 105 J = 4,78 x 105J.
Il gas prima di espandersi possiede un'energia interna Ui = nCv Ti = 272,72 x 6,65 x 116,87 cal = 2,119 x 10 5 cal = 4,18 x 2,119 x 10 5J = 8,8567 x 105 J, pari all' energia cinetica totale (iniziale) di tutte le molecole. In seguito all'espansione viene compiuto dal gas il lavoro L = 4,776 x 105 J e rimane accumulata come energia cinetica molecolare l'energia interna U fin = nCv Tf = 272,72 x 6,65 x 53,73 cal = 9,74 x 104 cal = 4,18 x 9,74 x 10 4 J = 4,071 x 10 5 J.
Tanti cordiali saluti.

Gent.mo Prof. Cucinotta,
avrei piacere di conoscere quale sia il suo autorevole parere in merito agli incendi che nel 2004 si sono misteriosamente generati nella frazione di Canneto di Caronia.
Grazie. Saluti, Giuseppe.


Gent.mo Giuseppe,
Ti consiglio anzitutto di visitare la pagina di peoplephysics:
http://www.peoplephysics.com/fenomenielettromagneticirari.html,dove vengono spiegati alcuni effetti di rari fenomeni di concentrazione dell'energia elettromagnetica, in condizioni di risonanza con parti metalliche o conduttori nudi o isolati con lunghezza prossima a multipli dispari della semilunghezza d'onda, che fungono da antenne causando l'ignizione degli isolanti e conseguenti incendi.
Per quanto riguarda le cause dei fenomeni di Caronia (Messina),suppongo che esse siano senz'altro da ricercare in sorgenti artificiali,non aliene, di radiazioni elettromagnetiche emesse nella banda delle onde radio VHF, UHF, ma soprattutto in quella delle microonde, da satelliti lanciati nell'ambito di programmi di ricerca riguardanti sia armi elettromagnetiche, capaci di neutralizzare, incendiandoli con fasci di microonde ad elevata concentrazione, centrali elettriche e sistemi elettronici di controllo e di telecomunicazioni, sia sistemi di controllo della capacità riflettente degli strati ionosferici nei confronti delle onde radio, al fine di impedire la propagazione dei segnali radio su grandi distanze, per determinate zone del pianeta, rendendo critica l'utilizzazione delle onde corte per comunicazioni di emergenza, nei casi in cui sia impossibile disporre, in seguito ad azioni belliche,delle reti di telecomunicazione via internet e wireless di tipo cellulare o satellitare.
Ti fornisco i seguenti links:
http://www.haarp.net/
http://www.ufocui.it/cui/cui/caroniaita.htm
https://e7.eiscat.se/about
http://www.mariadinazareth.it/Rubrica%20Pianeta%20Terra/controllo%20climatico.htm
Cordiali saluti

Egregio prof.re,
le presento alla sua attenzione il seguente quesito:
un pistone del peso di 4 Kg. e del diametro di 11 cm. dovrà raggiungere il fine corsa del P.M.I.
posto a cm.9, alla velocità di 0,1 m/s. Si dovrà conoscere la pressione dell'aria racchiusa nel volume di 226 cmc. esistente sopra al pistone.
Tantissime grazie, Francesca


Gent.ma Francesca,
Indicando con S = 3,14 x 112/4 = 94,985 cmq = 0,0094985 mq la sezione del pistone, con Vi = 226 cmc = 0,000226 mc il volume iniziale e Vf = 94,985 x 9 = 854,865 cmc = 0,000854865 mc il volume finale, ed applicando l'equazione dell'espansione adiabatica pi Vig = pfVfg, si ottiene:
pi = pf (Vf/Vi) g.
Uguagliando il lavoro L fatto dal gas espandendosi all'energia cinetica K acquisita dal pistone, la cui corsa si suppone orizzontale per escludere l'effetto della forza peso, si ottiene:
L = [pf Vf - pi Vi]/(1 - g) = K = (1/2) Mv2 = 0,5 x 4 x 0,12 = 0,02 J.
Esprimendo pf in funzione di pi si ottiene:
L = [pi (Vi/Vf) gVf- pi Vi]/(1 - g);
L = [piVigVf - pi ViVfg]/[(1 - g)Vfg];
pi = [(1 - g)VfgL]/ [VigVf - ViVfg )] =
= [(1 - 1,4) x (0,000854865 1,4) x 0,02]/[0,000226 1,4 x 0,000854865 - 0,000226 x 0,0008548651,4] = - 4,0527 x 10-7/-4,7246 x 10-9 = 85,778 N/mq.
Tanti cordiali saluti

Egregio prof.re, le sono enormemente grata per la sua preziosa collaborazione, comunque, a riguardo al precedente quesito, ponendo il caso che il cilindro fosse posto in senso verticale, in maniera che il peso del pistone collaborasse in modo attivo all'accelerazione e, sempre con gli stessi dati , la pressione dell'aria nel cilindro, quale potrebbe essere?
Tantissime grazie Francesca


Gent.ma Francesca,
Se il pistone si muovesse verticalmente, bisognerebbe aggiungere al lavoro L di espansione del gas la variazione di energia potenziale gravitazionale Mg( sf - si) dalla posizione iniziale si = Vi/S = 226/94,985 cm = 2.379 cm alla posizione del P.M.I. sf = 9 cm: L + Mg( sf - si) = K = (1/2) Mv2 e risolvere rispetto a pi,in modo analogo al caso del pistone non soggetto alla forza di gravità. Ma in questo caso, anche se fosse L = 0 (cioè anche non considerando il lavoro fatto dal gas), per effetto della sola accelerazione di gravità, trascurando gli attriti, la velocità v sarebbe pari a SQRT[2g( sf - si)] = SQRT[2 x 9,81 x (0,09 - 0,02379)] =SQRT(1,299) = 1,1397 m/s, che è oltre dieci volte maggiore della velocità di 0,1 m/s al P.M.I. . A maggior ragione la velocità di 0,1 m/s è incompatibile con L diverso da zero, che implicherebbe una velocità ancora più grande di 0,1 m/s. Infatti, una velocità di 0,1 m/s implicherebbe una pressione p negativa, il che è fisicamente assurdo. Bisogna pertanto correggere il dato di velocità al P.M.I.
pi = [(1 - g)Vfg(K - Mg( sf - si))]/ [VigVf - ViVfg )] =
= [(1 - 1,4) x (0,000854865 1,4) x (0,02 - 4 x 9,81 x (0,09 - 0,02379) ) ]/[0,000226 1,4 x 0,000854865 - 0,000226 x 0,0008548651,4] = - [(2,026 10-5 x (0,02 - 2,598) ]/-4,7246 x 10-9 = = 5,223 x 10-5/-4,7246 x 10-9 = - 1,105 x 104 N/mq !
Affichè la differenza K - Mg( sf - si) sia positiva,l'energia cinetica K al P.M.I. deve essere maggiore di 4 x 9,81 x (0,09 - 0,02379) J = 2,598 J, con una velocità v al P.M.I. pari a SQRT(2K/M) = SQRT (2 x 2,598/4) = SQRT (1,299) = 1,139 m/s (oltre 10 volte maggiore di 0,1 m/s).
Tanti cordiali saluti.

Egregio prof. re,
voglia gentilmente chiarirmi un dubbio di termodinamica:
- se una bombola di ossigeno del volume di 0,8 mc ed alla pressione di 8o Kg/cmq., scarica tutto il suo contenuto in una turbina in 225 secondi, l'energia sviluppata va considerata metà di quella potenziale che possedeva all'inizio,in quanto la pressione era al massimo, mentre, mano mano che la bombola si svuota,tende a diminuire fino ad approssimarsi allo zero ?
Tantissime grazie  Francesca


Gent.ma Francesca,
Essendo l'espansione adiabatica con V1 = 0,8 mc, p1 = 80 x 9,81 x 10000 = 7,608 x106 N/mq, p2 = 1 atm = 1,013 x105 e g = Cp/Cv = 1,4, si ottiene il volume finale V2: p1V1g = p2V2g;
V2 = (p1/p2)1/g V1 = (7.608 x 106/1,013 x105)(1/1,4) 0,8 = 75,1 0,7142 x 0,8 mc = 21,856 x 0,8 mc = 17,484 mc.
L = [p2 V2 - p1 V1]/(1 - g ) = [ 1,013 x105 x 17,484 - 7,608 x106 x 0,8]/(-0,4) =
= [1,7711x106 - 6,086 x 106]/(-0,4) = -4,414 x 106/(-0,4) = 1,1035 x 107 J.
Dividendo il lavoro L per la durata del funzionamento della turbina, 225 s, si ottiene una potenza media Pm = 1,1035 x 107/225 = 49040 W = 49,04 Kw.
Bisogna considerare che la potenza istantanea, massima all'inizio, essendo massima la pressione, decresce gradualmente fino ad annullarsi all' istante t = 225 s, quando la pressione uguaglia quella atmosferica .
Per valutare la potenza istantanea bisogna considerare la portata gassosa Q = 17,484/225 mc/s = 0,0777 mc/s = 77,7 dmc/s (litri/s), per calcolare il volume V(t) = Q t del gas scaricato dall'istante di apertura della valvola di scarico (t = 0) all'istante t generico, ed acquisire periodicamente la pressione p(t) ad intervalli di tempo Dt molto piccoli rispetto alla durata di 225 s, per esempio ogni 2 s.
Il rapporto P(Dt) = L(Dt)/Dt tra il lavoro L(Dt) = [p(t + Dt) V(t + Dt) - p(t) V(t)]/(1 - g ) effettuato dall'istante t all' istante t + Dt e l'intervallo di tempo Dt, fornisce, al limite per Dt tendente a zero, in base alla definizione di derivata di una funzione, la potenza istantanea P(t) = dL(t)/dt.
Calcolo della potenza istantanea P(t) = dL(t)/dt:
p(t)V(t)g = p1V1g;
p(t)(Qt)g = p1V1g;
p(t) = p 1 [V1/(Qt)]g;
L(t) = [p(t)V(t) - p1V1]/[1 - g ] =
= {p1[V1/(Qt)]g Qt - p1V1}/[1 - g ]=
= {p1(V1)gQ1 - gt1 - g - p1V1}/[1 - g ].
P(t) = dL(t)/dt = [p1(V1)g]/ [Q g -1 t g] .
P(t) = (7,608 x106 x 0,8 1,4)/[0,0777 0,4 t1,4]=
= 5,566 x 106/(0,3598 t1,4) = 1,5469 x 10 7/t1,4.
Per t tendente a 0, P(t) tende all'infinito, mentre per t tendente all'infinito, P(t) tende a zero.
In particolare, si ha:
per t = 1 s, P(t= 1 s) = 1,5469 x 10 7/1 = 1,5469 x 10 7 W = 15469 KW ;
per t = 10 s, P(t= 10 s) = 1,5469 x 10 7/25,118 W = 615853 W = 615,853 KW ;
per t = 50 s, P(t= 50 s) = 1,5469 x 10 7/239,08 W = 64702 W W = 64,702 KW ;
per t = 100 s, P(t = 100 s) = 1,5469 x 10 7/630,95 W = 24516,99 W = 24,5169 KW;
per t = 225 s P(t = 225 s) = 1,5469 x 10 7/1963,6 W = 7877,87 W = 7,877 KW.
Tanti cordiali saluti.

 
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