Gent.mo Giuseppe,
-L'utilizzo del galistan (lega di Gallio-Indio-Stagno, Ga-In-Sn) per il
raffreddamento del nocciolo di un reattore nucleare comporta l'inconveniente
dell'elevata sezione d'urto di cattura dell'indio nei confronti dei neutroni
lenti, che verrebbero notevolmente assorbiti dal fluido refrigerante senza dar
luogoa fissione.
Le principali caratteristiche fisiche del galistan ,
confrontate con quelle dell'acqua sono:
punto di fusione a 760 mm di
Hg:galistan -19 °C - acqua 0 °C;
tensione di vapore: galinstan 10-8
mm di Hg a 500 °C - acqua 760 mm di Hg a 100 °C;
peso specifico:
galistan 6,44 g/cmc; acqua 1g/cmc
; viscosità: galistan 0,0024 poise a 20 °C;
acqua 0,01 poise a 20 °C
; - il costo del KWh prodotto da centrali nucleari
varia tra 0,02 e 0,03 euro, mentre il costo del KWh prodotto bruciando olio
combustibile o metano varia tra 0,08 e 0,09 euro.
- La velocità di un
motore passo-passo può variare a gradino da 0 ad un dato valore massimo, purchè
questo valore massimo sia inferiore a quello per cui la coppia si annulla lungo
la curva di “pull in”. La zona di funzionamento descritta dalla curva di “pull
in” è quella in cui il motore passo-passo è in grado di raggiungere rapidamente
la massima velocità (inferiore a quella di annullamento della coppia, per es.
400 giri/min). Se invece la frequenza degli impulsi di pilotaggio delle fasi
del motore viene fatta aumentare linearmente, per esempio con accelerazione
costante, si possono raggiungere velocità sensibilmente più elevate di quella
massima di pull-in, per esempio 3700 giri/min, facendo lavorare il motore nella
zona di “pull out”, caratterizzata da una velocità massima maggiore, fino al
raggiungere la velocità di annullamento della coppia di “pull-out”.
L'arresto rapido del motore, raggiunta la posizione prevista per effetto di un
dato numero di impulsi, si può ottenere soltanto facendo lavorare il motore
nella zona di “pull in”, con velocità massime tali da non fare diminuire la
coppia motrice al di sotto di quella resistente applicata al motore.
Cordiali saluti
Gent.mo
Giuseppe,
Per il teorema di equivalenza di Ampere il solenoide equivale ad
un magnete avente un momento magnetico M = m
o mrISNn, dove n è
il versore della normale alle spire, di area S = 3.14 x 0,122/4 = 1,
1304 x 10-2 mq, N = 1600 è il numero delle spire ed I è l'intensità
di corrente.
L'energia potenziale magnetica U del sistema nel momento in
cui il magnete permanente si introduce nel solenoide si calcola moltiplicando
il momento magnetico M del solenoide per l'intensità del campo magnetico
H (in Asp/m) = B/(mo
mr) generato dal polo entrante del magnete permanente con
induzione B = 0,2 T. Pertanto U = mo mrISN[B/(mo
mr)] = ISNB.
Poichè tra magnete e
solenoide si genera una forza attrattiva F = (30 Kg-peso x 9,81) N = 294,3 N,
che effettua un lavoro L = F x d, dove d = 0,4 m è la lunghezza del magnete,
coincidente con quella del solenoide, uguagliando il lavoro L all' energia
potenziale magnetica U, si ottiene l'intensità di corrente I che percorre le
spire del solenoide: F d = NSBI;
I = Fd/NSB = 294,3 x 0,4 /(1600 x 1,1304
x 10-2 x 0,2) = 32,543 A.
D'altra parte, quando il magnete
permanente viene attratto dal solenoide, per la legge dell'induzione
elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz, si genera nel circuito di
alimentazione del solenoide una f.e.m. indotta Eind = d
F(B)/dt = NSB/Dt = 1600 x 1,1304 x 10
-2 x 0,2/ 6 = 0,6028 V, essendo Dt = 6 s il
tempo impiegato dal magnete permanente per introdursi completamente nel
solenoide.
Pertanto, supponendo che il solenoide venga alimentato da un
generatore di corrente costante
I = 32,543 A, si ottiene la potenza P che
il generatore deve erogare durante il moto del magnete permanente all'interno
del solenoide: P = Eind x I = 0,6028 V x 32,543 A = 19,617 W, potenza che
ovviamente coincide, a meno di 0,01 W, con quella sviluppata dalla forza
attrattiva F nell'intervallo di tempo di 6 secondi: P = L/
Dt = F x d/Dt = 294,3 x 0,4/6 = 19,62 W. In
altri termini, il generatore di corrente continua, per mantenere la corrente
costante I = 32,543 A durante il moto del magnete,deve aumentare la tensione ai
suoi morsetti di 0,6028 V per compensare l'effetto della forza elettromotrice
indotta di pari valore che si oppone ad esso per la legge di Lenz.
Cordiali
saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
Per me va tutto bene. Grazie.
Come
mostra la prima figura, relativa ad un esempio di bobina a due strati della
stessa lunghezza, mentre le capacità parassite tra spire contigue di ciascuno
strato sono collegate in serie, dando luogo ad una capacità equivalente-serie
pari, in media, a quella tra due spire contigue divisa per il numero delle
spire, quindi con un contributo complessivo molto piccolo, le capacità
parassite tra le spire di due strati sovrapposti sono collegate in parallelo,
dando luogo ad una capacità equivalente-parallelo pari, in media, alla capacità
tra due spire corrispondenti ed appartenenti a strati contigui, moltiplicata
per il numero delle spire di ciascuno strato. Ovviamente il contributo delle
capacità parassite tra spire di strati contigui è molto maggiore di quello
dovuto alla capacità equivalente-serie delle spire di ciascuno strato. Ecco
perchè le capacità parassite vengono riportate in parallelo (R1 ed R2 sono le
resistenze ohmiche delle spire dei due strati).
Per quanto riguarda il
flusso disperso,la seconda figura mostra che in entrambi gli avvolgimenti
alcune linee di forza si chiudono nell'aria e non sono pertanto concatenate
all'altro avvolgimento. Poichè a questo flusso disperso si associa
un'induttanza di dispersione che causa cadute di tensione reattive in entrambi
gli avvolgimenti e poichè la permeabilità magnetica dell'aria è migliaia o
decine di migliaia di volte minore di quella del nucleo ferromagnetico, ne
derivano, per la legge di Hopkinson dei circuiti magnetici (analoga alla legge
di Ohm per i circuiti elettrici), una diminuzione della forza magnetomotrice
(in amperspire) agente nel circuito magnetico del trasformatore per la maggiore
riluttanza magnetica determinata dalle linee di forza che si chiudono nell'aria
(cadute di tensione magnetica, in amperspire) ed una conseguente diminuzione
del flusso magnetico effettivo passante nel nucleo. Tutto procede pertanto come
se in serie a ciascuno dei due avvolgimenti fosse collegata un'induttanza
aggiuntiva di valore tale da rendere conto delle effettive perdite di flusso
che si verificano nel circuito magnetico.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Giuseeppe,
Bisogna considerare che, essendo lineari le equazioni di Maxwell e l'equazione
delle onde (in quanto le derivate prime e seconde dei campi elettrico e
magnetico rispetto alle coordinate x,y,z e rispetto al tempo figurano alla
prima potenza), vale il principio di sovapposizione, che è fondamentale sia per
le onde acustiche sia per quelle elettromagnetiche, poichè esso implica
l'indipendenza della propagazione di un'onda da quella di tutte le altre onde
che si propagano nella stessa zona di spazio-tempo. Si pensi al fatto che
possiamo distinguere chiaramente i contorni ed i colori di un oggetto
nonostante siano contemporaneamente presenti tantissime altre onde luminose che
si propagano in tutte le direzioni. E si pensi alla possibilità di distinguere
in un'orchestra il suono di un particolare strumento nonostante suonino
contemporaneamente tanti altri strumenti.
La frequenza e la lunghezza
d'onda di un'onda acustica o elettromagnetica rimangono tali e quali in assenza
di fenomeni non lineari, cioè finchè vale il principio di sovrapposizione. Se
invece due onde, acustiche o elettromagnetiche, si propagano in mezzi con
caratteristiche di non linearità (per esempio particolari cristalli non lineari
che consentono a due fasci laser di interagire mutuamente), le loro frequenze
F1 ed F2 danno luogo a termini di intermodulazione con frequenze pari alla
somma ed alla differenza di F1 e di F2 ed alle varie combinazioni delle loro
armoniche: 2F1 + F2, 2F1 - F2, F1 + 2F2, F1 - 2F2, 3F1 + F2, 3F1 - F2, ecc...
.
Queste frequenze estranee sono tutte presenti assieme alle frequenze
originarie F1 ed F2.
Un discorso diverso bisogna fare per quanto concerne
la rivelazione dei debolissimi segnali radio provenienti da corpi celesti
lontanissimi ed inquinati da rumore elettrico. Si tratta di adottare
particolari tecniche di amplificazione, di contemporanea riduzione del rumore
[per es. riduzione del rumore termico mediante raffreddamento degli
amplificatori a temperature criogeniche (temperatura dell'elio liquido, 4 ÝK)]
e di filtraggio digitale, per far sì che il rapporto segnale/disturbo aumenti
in modo sufficiente per rendere identificabili i segnali radio utili, la cui
frequenza generalmente è quella corrispondente alla riga spettrale emessa a
1420 MHz dagli atomi di idrogeno neutro, la cui concentrazione nell'universo
predomina rispetto a quelle di tutti gli altri elementi.
Tanti cordiali
saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
L'esistenza di una capacità
parassita tra spire contigue si spiega fisicamente con l'esistenza di una
differenza di potenziale tra le stesse. La d.d.p. alternata,nel caso degli
avvolgimenti di un trasformatore, ed il campo elettrico variabile ad essa
associato, determinano effetti di induzione elettrostatica con periodici
aumenti e diminuzioni della carica indotta sui conduttori che formano le spire,
effetti tanto meno trascurabili quanto maggiore sia la frequenza di lavoro, per
l'aumento, direttamente proporzionale alla frequenza, della derivata temporale
del campo elettrico E sen wt (corrispondente alla
cosiddetta densità della “corrente di spostamento” di Maxwell,che è
direttamente collegata alla densità di carica elettrica
s che nasce per induzione elettrostatica, vedi teorema di Coulomb E =
s/(eoer) per il campo elettrico nei punti vicinissimi
alla superficie di un conduttore).
Per quanto concerne la modellizzazione
(serie o parallelo) delle predette capacità parassite, è senz'altro corretta la
Sua deduzione.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Giuseppe,
Grazie anzitutto per gli auguri
pasquali,che ricambio cordialmente.
- Applicando il principio di Bernoulli,
che esprime il principio di conservazione dell'energia per i fluidi,si ottiene
l'equazione:
po + ppompa = po + (1/2)
rV2 + rgH,
dove po è la pressione atmosferica, ppompa è la pressione
generata dalla pompa, V è la velocità di efflusso dell'acqua alla quota H del
serbatoio superiore e g è l'accelerazione di gravità.
Se Q è la portata in
mc/s, la potenza P (lavoro per unità di tempo) necessaria per il funzionamento
della pompa si ottiene moltiplicando la portata Q per la somma della pressione
dinamica (1/2) rV2 e della pressione
idrostatica rgH:
P = Q[(1/2)
rV2 + rgH] = Q (po +
ppompa - po) = Qppompa.
Pertanto si deduce
che la potenza di pompaggio P ,mentre è indipendente dalla pressione
atmosferica po, che assume,in prima approssimazione,lo stesso valore
alla superficie libera dell'acqua nei due serbatoi, aumenta linearmente con il
valore dell'accelerazione di gravità g. Esempio: Se H = 10 m , Q = 1 mc/s ,
r = 1000 kg/mc, g = 9,81 m/s2 e V = 5 m/s,
P =1 x [(1/2) x 1000 x 25 + 1000 x 9,81 x 10] = 1 x [12500 + 98100] = 110600W =
110,6 kW. Se invece l'accelerazione di gravità g fosse tripla, sarebbe
necessaria una potenza P = 1 x [12500 + 98100 x 3]=306800 W = 306,8 kW.
-La
risposta al secondo quesito è reperibile nella pagina 3 delle “risposte alle
vostre domande”, vedi pag.3.
Tanti
cordiali saluti ed auguri di Buona Pasqua.
1)L'uso di h tagliata si rende
necessario per semplificare la scrittura delle formule nelle quali h figura
divisa per 2p, per esempio: nel postulato di Bohr
relativo alla quantizzazione del momento angolare L = n h/(2
p) dell'elettrone nella teoria elementare dell'atomo di idrogeno (n = 1,
2,3, .....), nell'espressione esatta delle relazioni di indeterminazione di
Heisenberg DpxD x >
= h/(4p) e DEDt >=h/(4p) e nell'equazione di
Schroedinger.
Non è invece necessaria nella relazione di Planck E = nhn relativa alla quantizzazione dell'energia radiante , nella
formula di Einstein E = hn che esprime l'energia di un
fotone, dove n è la frequenza della radiazione
elettromagnetica, e nella formula di De Broglie che esprime la lunghezza d'onda
l = h/p associata ad una particella con quantità di
moto p.
2) Le relazioni esatte del principio di indeterminazione di
Heisenberg sono quelle riportate al punto 1): il prodotto delle incertezze di
due grandezze fisiche complementari (p e x) (E e t), che non possono cioè
essere misurate contemporaneamente con la massima precisione, non può in
nessun caso essere minore di h/(4p).
Le relazioni
approssimate (di quasi uguaglianza) Dpx
D x ~ h/(2p) e DED t ~ h/(2
p) sono invece utilizzate, per esempio, per un calcolo approssimato
dell'energia di confinamento di una particella in una regione di spazio di
dimensioni Dx,Dy,Dz [elettrone confinato in un atomo o nucleone (protone o
neutrone) confinato in un nucleo].
3) L'energia di Fermi EF è la
massima energia degli elettroni alla temperatura dello zero assoluto
(T =
0Ý K). Infatti, allo zero assoluto tutti gli stati quantici sono occupati da 2
elettroni con spin opposti da E = 0 fino a E = EF. All'aumentare
della temperatura, gli elettroni la cui energia è vicina al livello di Fermi
EF, per effetto dell'energia di agitazione termica occupano stati
con E > EF, ed il loro numero è tanto maggiore quanto maggiore è la
temperatura assoluta T (in ÝK).
La formula E = p2/(2m) è la
stessa formula dell'energia cinetica E = (1/2) mv2, scritta in
funzione della massa m e della quantità di moto p = mv.
L'energia E
F si ottiene dividendo per 2m il quadrato della quantità di moto p
F di un elettrone con energia pari a EF.
Gent.mo Giuseppe,
- Considerando, per semplicità, il caso particolare di un magnete
permanente a ferro di cavallo,con una distanza d (in aria) tra i poli molto
minore della lunghezza L delle linee di forza magnetiche nel materiale
ferromagnetico, vale il teorema della circuitazione (Legge di ampere)
Hfm
x L + Haria x d = 0, non esistendo avvolgimenti percorsi da correnti elettriche,
dove Hfm è l'intensità del campo magnetico (in amperspire/metro) all'interno
del materiale ferromagnetico e Haria quella del campo magnetico uniforme (se d
è molto minore di L) tra i poli.
Pertanto Haria = - Hfm x L/d. Poichè
l'intensità del campo induzione magnetica Bfm nel materiale ferromagnetico è
uguale a Baria, per la continuità della componente di B normale alla superficie
di separazione tra due mezzi (aria e materiale ferromagnetico) (derivante dalla
solenoidalità di B: flusso magnetico entrante = flusso magnetico uscente, con
riferimento ad una superficie chiusa attraversata dalle linee di forza
magnetiche, div B = 0) , si ha: Bfm = Baria = m
o Haria = - mo Hfm x L/d. Se è
disponibile il ciclo di isteresi del materiale ferromagnetico (per es. acciaio),
tracciata la retta di equazione Bfm = - mo
Hfm x L/d nel piano Hfm, Bfm, si determina il valore di Bfm del magnete
permanente considerando il valore di Bfm (in tesla ) relativo al punto
d'intersezione (nel secondo o nel quarto quadrante, essendo negativa la
pendenza) tra la retta e la curva rappresentativa del ciclo di isteresi
magnetica. Il volume del materiale non ha alcuna influenza: tutto dipende dal
rapporto tra L e d e dalla forma del ciclo di isteresi. Se invece si considera
il flusso magnetico = BS (in Weber) attraverso i poli, il volume V del
materiale ferromagnetico interviene indirettamente attraverso la sezione S: S =
V/L.
- Nel caso di un magnete permanente tubolare contenente un nucleo di
ferro dolce di sezione S, il ferro dolce si magnetizza per induzione essendo
attraversato dalle linee di forza del campo magnetico H generato dal magnete
permanente, generando un campo di induzione magnetica B dipendente dalla sua
permeabilità magnetica relativa mr, che a
sua volta varia in funzione dell'andamento del ciclo di isteresi del ferro
dolce:
B = mom
rH.
- Per il calcolo della forza magnetica si può applicare il
criterio energetico valido nel caso di due solenoidi, considerando che il campo
magnetici H tra i poli, di segno opposto, di due magneti di sezione S, è in
prima approssimazione uniforme se la distanza y tra i poli N e S è molto
piccola
(y <= 0,1 L) rispetto alla lunghezza L di ciascun magnete. In
questo caso particolare la forza magnetica si può calcolare partendo
dall'espressione dell'energia potenziale magnetica immagazzinata nel campo
uniforme presente nella zona interpolare di volume V = Sy:
W = densità di
energia x volume tra i poli = (1/2) BH x V = (1/2) ySB2/(mo).
Pertanto la forza magnetica è Fm = dW/dy
= (1/2) B2S/mo.
Esempio: Se
B = 0,5 T , S = 1 cmq = 0,0001 mq, F = (1/2) x 0,52 x 0,0001 /mo = (1/2) x 0,52 x 0,0001 /12,56 x 10
-7 = 9,95 N = 9,95/9,81 = 1,014 kg-peso.
- Il problema richiede
la conoscenza del raggio R delle ruote del carrello e dell'accelerazione a
[oppure della velocità finale V = SQRT (2ax) relativa allo spostamento x] .
Infatti la coppia di attrito volvente Mv = k Mg delle ruote è direttamente
proporzionale, con k = 0,01 metri, al peso W = Mg.
Se non si conosce il
raggio R delle ruote, non è possibile determinare la forza resistente Fav =
Mv/R = k Mg/R dovuta all'attrito volvente, che si oppone alla forza motrice Fm
da applicare al carrello per farlo muovere con una data accelerazione a.
Conoscendo R, si ottiene l'equazione Fav = 0,01 x 5000 x 9,81 /R. Per ottenere
l'intensità della forza motrice Fm da applicare al carrello per farlo muovere
con l'accelerazione costante a, si applica la seconda legge della dinamica: Fm
- Fav = Ma.
Fm = Fav + Ma = 0,01 x 5000 x 9,81 /R + Ma.
Il lavoro
compiuto dalla forza motrice Fm per lo spostamento x è L = Fm x. La potenza
istantanea sviluppata da Fm è data da P = dL/dt .
Essendo x = (1/2)at
2 (moto uniformemente accelerato), si ha:
P = d(Fm x)/dt = Fm dx/dt
= Fm at = Fm (Fm - Fav)t/M.
- In base alle più recenti misure dei parametri
cosmologici, la velocità di espansione dell'universo tende ad aumentare
determinando un progressivo svuotamento dello spazio-tempo. L' accelerazione
dell'espansione dell'universo è dovuta al contributo dell'energia oscura
(intorno al 70% dell'energia totale dell'universo), che esplica un effetto
repulsivo analogo a quello della costante cosmologica introdotta da Einstein.
Questo effetto repulsivo bilancia e supera di poco quello attrattivo dovuto
alla materia ordinaria (visibile) (circa 5%) ed alla materia oscura (circa 25 %)
, la cui natura è tuttora sconosciuta. Per questo motivo i cosmologi escludono
il big crunch (un nuovo big bang connesso ad un universo chiuso) e propendono
per un universo aperto. Per quanto riguarda i buchi neri,è ipotizzabile che il
progressivo svuotamento dello spazio-tempo tenda a far diminuire la probabilità
di aggregazione della materia cosmica attorno ai buchi neri, rendendo
l'universo sempre meno denso e sempre più buio e freddo.
Tanti cordiali
saluti.
1) Il fenomeno è connesso
alle leggi dell'elettromagnetismo, in particolare alla condizione di continuità
cui deve soddisfare il campo elettrico in corrispondenza della superficie di
separazione di due mezzi dielettrici (es. aria e vetro, aria e acqua). In base
ad una delle quattro equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico,
considerato un ciclo rettangolare di area infinitesima, giacente in un piano
perpendicolare alla superficie di separazione dei mezzi dielettrici e
costituito dai lati L1 (nel mezzo 1 ,di provenienza della luce) , L2 (nel mezzo
2, riflettente e rifrangente) ed L3, L4 , perpendicolari alla superficie di
separazione e con contributi trascurabili rispetto a quelli lungo L1 ed L2, si
uguaglia a zero la circuitazione del campo elettrico E lungo il ciclo
infinitesimo L1>L3>L2>L4: E1 L1 + E3 L3 - E2L2 - E4 L4 ˜ E1L1 - E2L2 = 0.
Si ottiene quindi, essendo L1 = L2, e considerando trascurabili i termini E3L3
ed E4L4: E1 = E2.
Pertanto nel mezzo 1 la somma E1 = Ei + Er (componente
tangenziale, parallela alla superficie di separazione) dei campi elettrici Ei
dell'onda incidente ed Er dell'onda riflessa deve essere uguale al campo
elettrico Et dell'onda trasmessa (componente tangenziale, parallela alla
superficie di separazione) nel mezzo 2 dopo la rifrazione: Ei + Er = Et =
E2.
D'altra parte, per il principio di conservazione dell'energia,
l'intensità dell'onda incidente, proporzionale al quadrato di Ei deve essere
uguale alla somma delle intensità dell'onda riflessa nel mezzo 1, proporzionale
al quadrato di Er, e dell'intensità dell'onda trasmessa nel mezzo 2,
proporzionale al quadrato di Et: Ei2 = Er2 + Et
2. In base a queste due equazioni ed alla legge di Snell sen i = (n2/n1)
sen r della rifrazione della luce, considerando la somma di tutte le componenti
dei campi elettrici delle infinite onde non polarizzate incidenti con un dato
angolo d'incidenza i rispetto alla perpendicolare alla superficie di
separazione dei due mezzi, si ricava la condizione di polarizzazione di
Brewster tang i = n2/n1. Quando l'angolo i soddisfa questa condizione, i raggi
riflesso e rifratto sono perpendicolari tra loro , il campo elettrico Er del
raggio riflesso oscilla parallelamente alla superficie di separazione, mentre
il campo elettrico Et dell'onda trasmessa oscilla nel piano di incidenza. Per
angoli diversi da quello di Brewster, i raggi riflessi e trasmessi sono
parzialmente polarizzati, in quanto si propagano assieme ad altri raggi
riflessi e rifratti con i campi elettrici meno intensi ed oscillanti in altre
direzioni. Quindi, soltanto per i pari all'angolo di Brewster, la
polarizzazione dei raggi riflessi nel mezzo 1 e rifratti (trasmessi nel mezzo 2)
è totale, anche se bisogna considerare la bassa intensità del raggio riflesso
(alcuni % dell' intensità del raggio incidente).
2) Le superfici metalliche,
essendo caratterizzate da una piccolissima resistenza ohmica specifica, non
consentono di avere componenti tangenziali del campo elettrico di intensità
sufficiente a determinare i fenomeni polarizzazione che si verificano nel caso
dei dielettrici. Pertanto il campo elettrico dell'onda è quasi perpendicolare
alla superficie riflettente, mentre la componente parallela alla superficie
riflettente è praticamente nulla.
3) Si tratta di una convenzione
introdotta dal fisico Fresnel. Essa definisce piano di vibrazione quello in cui
oscilla il campo elettrico dell'onda luminosa e piano di polarizzazione quello
in cui oscilla il campo magnetico, che è sempre perpendicolare al campo
elettrico.
1) Il 2 al denominatore figura soltanto nella formula dell'energia
cinetica non relativistica
K = mv2/2 = m(p/m)2/2 =
p2/(2m), quando si esprime la velocità v come rapporto v = p/m tra
la quantità di moto p e la massa m.
Pertanto la formula della pressione è P
= npv = npp/m = np2/m, senza 2 al denominatore.
2) Nel caso
relativistico si assume che la velocità v sia così vicina a c che la quantità
di moto p cresca esclusivamente attraverso il rapidissimo aumento relativistico
della massa,
secondo la formula p = m(v) c = mc/sqr (1 - v2
/c2) (è più comodo per me scrivere sqr , cioè square root, al posto
del simbolo di radice quadrata), considerando in prima approssimazione v = c al
numeratore, ma non al denominatore,dove figura il quadrato di v e dove pertanto
è maggiore l'errore che si commetterebbe se si sostituisse c a v. Invece è
piccolo l'errore che si commette sostituendo nella formula P = npv c al posto
di v, P = npc, continuando per= a considerare la quantità di moto data dalla
formula p = m(v) c = mc/sqr (1 - v2/c2)
L'espressione corretta è
quella che si ottiene partendo dalla formula P = npv = np2/m
relativa alla pressione di un gas ideale e non da quella
dell'energia
cinetica. Infatti nella teoria cinetica dei gas la pressione di un gas ideale
si calcola considerando le forze per unità di superficie dovute agli urti
elastici tra le molecole e le pareti del contenitore del gas e non le loro
energie cinetiche. Per quanto concerne l'espressione "energia cinetica non
relativistica" K = (1/2)mv2 (formula della meccanica newtoniana),
bisogna considerare che essa si ottiene come limite (con uno sviluppo in serie)
della formula einsteiniana K = m[1/sqrt(1 - v2/c2) - 1]
quando v è molto minore di c.
Il primo
condensatore (bottiglia di Leida) fu realizzato nel 1745, per caso, dal fisico
olandese Petrus van Musschenbroek, eseguendo esperimenti con le macchine
elettrostatiche presso l'università di Leida. Dopo avere riempito d'acqua una
bottiglia, la rivestì esternamente con una sottile lamina metallica (stagnola)
ed inserì attraverso il tappo un'asticella metallica immersa nell'acqua e
terminante con una sferetta metallica. Dopo aver caricato di elettricità
statica la bottiglia tenendola in una mano e toccando per un istante il polo di
una macchina elettrostatica in funzione, distrattamente toccò con l'altra mano
l'asticciola ricevendo una scarica elettrica così violenta da rimanere
tramortito. La bottiglia di Leida costituiva un condensatore, cioè un
accumulatore di elettricità statica, le cui armature (elettrodi) erano
costituite dal rivestimento metallico esterno e dall'acqua,debolmente
conduttrice, nella quale pescava l'asticella. L'asticella posta a contatto con
il polo, per esempio positivo, della macchina elettrostatica, si era caricata
assieme all'acqua di elettricità statica positiva, in quanto gli elettroni di
conduzione del metallo erano stati attratti verso il polo positivo del
generatore ( macchina elettrostatica ) determinando nell'asticciola una carenza
di elettroni e quindi una prevalenza della carica positiva degli ioni del
reticolo cristallino del metallo, non neutralizzati. Contemporaneamente,
durante il contatto istantaneo della sferetta con il polo positivo del
generatore, le cariche positive accumulate dall'asticciola avevano determinato,
per induzione elettrostatica, un'attrazione e quindi un addensamento
superficiale di elettroni sulla faccia interna della lamina metallica che
rivestiva la bottiglia ed un simultaneo addensamento superficiale di cariche
elementari positive sulla faccia esterna della lamina metallica, in contatto
con la mano di Musschenbroek, il cui corpo chiudeva il circuito verso terra
attraverso le scarpe, umide e quindi non isolanti,con il polo negativo del
generatore. Il circuito di carica del condensatore era il seguente: polo
positivo del generatore-asticella metallica- acqua debolmente conduttrice per
gli ioni H+ e OH- - vetro- rivestimento metallico-corpo dello
sperimentatore-terra-polo negativo del generatore. Nell'istante in cui la
sferetta toccava il polo positivo del generatore, si stabiliva una corrente
momentanea di carica del condensatore, costituita da elettroni che
dall'asticella migravano verso il polo positivo del generatore e da elettroni
che dal polo negativo del generatore, attraverso la terra, raggiungevano il
corpo dello sperimentatore neutralizzando le cariche elementari positive
prodotte per induzione elettrostatica sulla faccia esterna del rivestimento
metallico della bottiglia. In altri termini, per effetto del contatto
momentaneo con il polo positivo, la bottiglia di capacità C si era caricata
alla stessa tensione V fornita dalla macchina elettrostatica (parecchie decine
di kV), accumulando sulle sue armature due cariche elettriche +/- Q = +/- CV
(per la formula C = Q/V che definisce la capacità di un condensatore) , uguali
e contrarie e nel campo elettrico tra le armature un'energia elettrostatica W =
(1/2)CV2.
Quando Musschenbroek, continuando a tenere in mano la
bottiglia, toccò distrattamente l'asticciola, determinò la scarica del
condensatore attraverso il suo corpo: gli elettroni, accumulati in eccesso
sulla superficie del rivestimento metallico esterno, attraversarono il suo
corpo entrando attraverso una mano ed uscendo da quella che era in contatto con
l'asticciola, per neutralizzare le cariche elementari positive accumulate su
questa. Il circuito di scarica del condensatore era il seguente: rivestimento
metallico esterno-corpo-asticciola. Da queste considerazioni si deduce che per
caricare un condensatore bisogna realizzare in ogni caso un circuito costituito
dal generatore, dai fili di collegamento dei poli del generatore con le
armature del condensatore e dal condensatore da caricare. Per scaricare un
condensatore bisogna sempre mettere in contatto le armature, sia direttamente,
mediante un conduttore che le cortocircuiti dando luogo ad una fragorosa
scintilla,che si verifica se il condensatore ha una grande capacità (centinaia
o migliaia di microfarad) ed è carico ad una tensione di almeno un centinaio di
volt, sia indirettamente, attraverso una resistenza limitatrice di corrente.
N.B!!!: E' pericolosissimo intervenire all'interno di un'apparecchiatura
elettronica, per esempio un alimentatore di un computer, credendo erroneamente
di non correre pericoli per avere staccato la spina. Infatti vengono utilizzati
dei condensatori “serbatoio” con capacità di alcune centinaia di microfarad,
che rimangono carichi ad una tensione di oltre 300 V anche per parecchie ore ,
costituendo un pericolo mortale. Esempio: Se si suppone che la
resistenza di isolamento R del dielettrico posto tra le armature del
condensatore sia dell'ordine di 100 Mohm = 108 ohm, un condensatore
con capacità C = 500 microfarad = 5 x 10-4 farad può rimanere carico
ad una tensione pericolosa anche per un tempo pari a 5 volte il prodotto RC,
cioè per T = 5 x 5 x 104 = 250000 secondi = 250000/3600 = 69,44 ore
!!! Se fosse R = 1000 Mohm, a parità di capacità, T ammonterebbe a 694,4 ore
!!!
Mentre i condensatori con dielettrico in film plastico, con capacità
massime fino ad alcuni microfarad,non presentano polarità e quindi si possono
inserire in un circuito scambiando i terminali, i condensatori elettrolitici,
con capacità massime fino a parecchie decine di migliaia di microfarad
(addirittura fino ad alcuni farad) e dielettrico sottilissimo costituito da uno
spessore micrometrico di ossido di alluminio o di tantalio, richiedono il
rigoroso rispetto delle polarità. Infatti si comportano in modo analogo ad una
batteria di accumulatori, con il polo positivo ed il polo negativo. Poichè lo
strato di ossido si forma per elettrolisi soltanto se il polo positivo (anodo)
del condensatore è collegato al polo positivo del generatore e quello negativo
di questo è collegato al polo negativo del condensatore, se si invertissero le
polarità, si verificherebbe un intenso sviluppo di gas con conseguente
esplosione del componente !
In un circuito elettronico i condensatori
devono sempre essere collegati con entrambi i poli alle piste conduttrici,
altrimenti non potrebbero funzionare; svolgono diverse importanti funzioni,
basate sulla loro caratteristica fondamentale di opporsi a rapide variazioni
della tensione tra le armature, sia quando si caricano che quando si scaricano.
Si comportano in altri termini come serbatoi di energia elettrica, in grado di
fornire, al momento della scarica, determinata dalle modalità di collegamento
con altri componenti elettronici (resistori, bobine, diodi , transistor),
correnti temporanee decrescenti nel tempo con legge esponenziale, e non
continue come quelle fornite dalle batterie e dagli altri generatori
elettrici.
Grazie a questa loro caratteristica di far variare la tensione
ai loro capi tanto più lentamente quanto maggiore è il prodotto della
resistenza R collegata in serie (durante la carica) o in parallelo (durante la
scarica) per la capacità C, si impiegano, per esempio, nei circuiti di
conversione della corrente alternata in corrente continua (raddrizzatori) come
dispositivi di livellamento delle variazioni di tensione residue dovute alla
tensione alternata di rete, e nei filtri crossover inseriti tra gli
altoparlanti e l 'amplificatore audio per consentire, a seconda del prodotto RC,
di inviare i toni alti ai tweeter ed i toni bassi ai woofer.
Gent.mo Ing. Alessandro,
Se si suppone che la
differenza di potenziale tra A e B sia inizialmente nulla (condensatore scarico)
, il fenomeno di carica del condensatore, con il conseguente, progressivo,
aumento della d.d.p. tra A e B è dovuto sia all'accumularsi su B delle cariche
positive indotte, di segno contrario rispetto a quelle depositate su A (che si
suppone collegato al polo temporaneamente negativo del generatore), sia alla
contemporanea migrazione di elettroni, in numero uguale a quello delle cariche
elementari positive indotte, da B verso il polo temporaneamente positivo del
generatore sinusoidale, sotto l'azione della d.d.p. applicata al resistore R
collegato in serie al condensatore ed al generatore. In altri termini, una
carica negativa presente su A respinge una carica negativa uguale presente su B,
generando sulla faccia di B rivolta ad A, per difetto locale di
neutralizzazione, una carica positiva indotta uguale e contraria.
La carica
negativa che si localizza sull'altra faccia del piatto B, per effetto del campo
elettrico dovuto alla d.d.p. applicata a R migra verso il polo temporaneamente
positivo del generatore. Se il fenomeno di carica inizia all'istante T, quando
il polo del generatore collegato a B è temporaneamente positivo rispetto al
polo collegato ad A, la carica negativa infinitesima -dq depositata sul piatto
A (collegato al polo temporaneamente negativo,dove c'è eccesso di elettroni)
induce una carica infinitesima dq uguale e contraria su B, il cui potenziale
V(B) , inizialmente pari a V(A), diventa V(A) + dq/C = V(A) + I(T) dt/C, dove
I(T) = [ E(T) - (V(B) - V(A))]/R è l'intensità di corrente di carica del
condensatore di capacità C all'istante iniziale T. Questa intensità di corrente
è tanto maggiore quanto maggiore è la f.e.m. istantanea E del generatore
sinusoidale E(t) = Emax sen wt , quindi quanto maggiore è la d.d.p. [ E -(V(B)
- V(A)]ai capi di R, applicata agli elettroni che si allontanano dal piatto B
per generare in esso con il loro diradarsi le cariche elementari positive
indotte da A. In altri termini, il fenomeno di carica, a parità di C e quindi
di costante dielettrica dell'isolante, di superficie e di distanza tra i piatti
A e B, è tanto più rapido quanto minore è la resistenza ohmica R del circuito
che collega i piatti A e B al generatore. D'altra parte l'aumento della d.d.p.
tra i piatti A e B , V(B) - V(A) = Q(t)/C = integrale di I(t)dt/C è più rapido
quanto maggiore è la corrente di carica I(t) = E(t)/R e quanto minore è la
capacità C.
Con queste considerazioni si spiega la dipendenza della durata
dei transitori di carica e di scarica del condensatore dalla costante di tempo
RC. Infatti l'aumento di tensione tra A e B è tanto più rapido quanto minore è
la carica elettrica Q = C E che si deve accumulare con segni opposti sulle
armature perchè la d.d.p. tra queste raggiunga il valore E, quindi quanto
minore è C, a parità di E. Nel contempo , il fenomeno è tanto più rapido, a
parità di C, quanto minore è la resistenza R, che è inversamente proporzionale
alla corrente di carica I(t) necessaria per spostare dal piatto B al polo
temporanemente positivo del generatore, attraverso R, una carica negativa -Q
uguale e contraria a quella positiva +Q che viene prodotta per induzione dal
piatto negativo A respingendo dal piatto B tanti elettroni quante sono le
cariche elementari positive da accumulare sullo stesso. In altri termini, la
d.d.p. tra A e B si produce per effetto del campo elettrico indotto che si
genera tra le armature A e B via via che si accumulano le cariche per induzione
elettrostatica (mentre nel contempo cariche di segno contrario a quelle indotte
migrano attraverso il resistore connesso a B), e raggiunge sempre il valore
della f.e.m. E del generatore, indipendentemente dal valore della costante di
tempo RC. Al termine del processo di carica, quando la d.d.p. tra A e B
uguaglia la f.e.m. E, il condensatore si comporta come una batteria collegata
in opposizione rispetto al generatore E; pertanto, annullandosi la d.d.p. ai
capi di R, si annulla la corrente di carica ed il condensatore mantiene le
cariche accumulate, fino a quando esso non venga scollegato dal generatore e
scaricato attraverso un resistore.
Trattandosi di un generatore di f.e.m.
sinusoidale, i fenomeni di induzione elettrostatica hanno andamento periodico e
determinano periodici fenomeni di carica di C da parte del generatore e di
scarica di C sul generatore, secondo le alternanze della tensione nei due
semiperiodi,in quanto la tensione sinusoidale che si localizza ai capi di C
tende a seguire l'andamento della f.e.m. istantanea, mantenendo, in regime
sinusoidale permanente, cioè esaurito il transitorio iniziale, una corrente
sinusoidale in R sfasata in anticipo sulla f.e.m. del generatore di un angolo
pari all'arcotangente di [1/(wRC)], con un valore limite di 90Ý quando R è
trascurabile.
I fenomeni transitori di carica e scarica di C hanno luogo
con modalità analoghe a quelle descritte,indipendentemente dalla complessità
del circuito.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Giuseppe,
Se ad un solenoide avente N spire di sezione S (con R
resistenza ohmica dell'avvolgimento) si applica una tensione E(t) variabile nel
tempo, questa tensione fa circolare una corrente I(t) variabile nel tempo, la
quale a sua volta genera un campo magnetico H(t) di induzione B(t) variabile
nel tempo ed un flusso magnetico F(B) = NSB(t)
variabile nel tempo, concatenato alle N spire.
Per la legge di
Faraday-Neumann-Lenz che stabilisce che la f.e.m. indotta E ind(t) =
- dF(B)/dt indotta in un circuito da un flusso
magnetico variabile nel tempo è pari al rapporto, cambiato di segno, tra la
variazione infinitesima di flusso dF(B) e l'intervallo
temporale infinitesimo dt. Il segno meno sta ad indicare, in base alla legge di
Lenz che la f.e.m. indotta ha sempre polarità tali da opporsi alla causa che
l'ha generata e quindi alla tensione E(t) variabile nel tempo applicata ai capi
del solenoide. Nel caso del solenoide, la f.e.m. autoindotta Eind(t),
cioè indotta nel solenoide dalla variabilità del flusso magnetico da esso
stesso generato, si somma algebricamente (si oppone) alla tensione E(t)
tendendo diminuire la corrente circolante I(t): E(t) + Eind(t) =
RI(t), dove RI(t) è la caduta di tensione prevista dalla legge Ohm ai capi
della resistenza ohmica R delle N spire. Di solito, per esempio in un
trasformatore, la resistenza ohmica delle spire dell'avvolgimento primario,
alimentato dalla rete a corrente alternata, è piccola, il che consente di
trascurare il termine RI(t) rispetto a E(t) ed a Eind(t),cosicchè si
può assumere, in prima approssimazione, che la tensione applicata E(t) faccia
quasi equilibrio alla f.e.m. autoindotta Eind(t): E(t) circa uguale
a Eind(t) = dF(B)/dt.
Poichè nel caso
del trasformatore E(t) = Ep sen (2pft) è sinusoidale
con frequenza f , è sinusoidale anche il flusso magnetico
F(B) = NSB sen (2pft), e la tensione di rete
E(t) tende ad equilibrare la f.e.m. autoindotta Eind(t) = - dF(B)/dt = -NSB cos (2pft). In
definitiva, il valore di picco Ep della tensione di rete è quasi uguale al
prodotto NSB2pf. Pertanto, a parità di frequenza,
l'induzione magnetica nel solenoide percorso da corrente alternata è
inversamente proporzionale al prodotto del numero N delle spire per la sezione
S delle stesse.
Nel caso del solenoide percorso da una corrente continua (f
= 0) fatta circolare da una tensione continua V, il funzionamento è
completamente diverso. Infatti, essendo costante il flusso magnetico, non si ha
f.e.m. autoindotta e l'intensità di corrente I è limitata soltanto dalla
resistenza ohmica R = rl/S , in base alla seconda
legge di Ohm.
Pertanto I = V/R. Questo valore di I è legato al flusso
dell' induzione magnetica B dalla legge di Hopkinson per i circuiti magnetici,
che è una conseguenza della legge di circuitazione di Ampere HL = NI, dove L è
la lunghezza del circuito magnetico del solenoide, per esempio toroidale, cioè
un anello di materiale ferromagnetici lungo L - Lt, dove Lt è la lunghezza del
cosiddetto traferro, cioè la piccola distanza,in aria, tra i poli
dell'elettromagnete. La legge di Hopkinson è la seguente: NI (forza
magnetomotrice in amperspire) = RF(B) , dove
R = [(1 /mo m
r)] L/S è la “resistenza magnetica” del circuito, che prende il nome
di riluttanza e F(B) è il flusso magnetico, analogo
all'intensità di corrente nella legge di Ohm.
. In altri termini, stabilito
il valore di B che si vuole ottenere, basta calcolare la forza magnetomotrice
NI in base alle caratteristiche del circuito magnetico (sezione S ,lunghezza L
e permeabilità magnetica mr) e poi
calcolare in base alla legge di Ohm la resistenza R dell'avvolgimento
alimentato alla tensione V. Se, per es. NI = 10000 amperspire e si sceglie di
avvolgere N = 1000 spire percorse da una corrente di 10 A ed alimentate a 48 V,
si ha: R = V/I = 48/10 = 4,8 ohm (resistenza complessiva delle 1000 spire).
Infine, in relazione alla temperatura di funzionamento del solenoide,che è
legata alle caratteristiche del sistema di raffreddamento (ad acqua circolante
in conduttori tubolari), si calcola la lunghezza l del conduttore: l = N pd, dove d è il diametro delle spire (dipendente da S) e
quindi la sezione s dello stesso.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
La risposta al quesito è
affermativa. Infatti il transitorio di carica Vc(t) di un condensatore in
risposta all'onda quadra si può descrivere agevolmente, senza ricorrere alla
trasformata di Laplace, applicando il principio di sovrapposizione degli
effetti e considerando come eccitazioni la tensione iniziale -Vin ai capi del
condensatore carico e la tensione finale di carica +Vin:
Vc(t) = - Vin
exp(-t/(RC)) + Vin [1 - exp(-t/(RC)) ] .
Considerando la corrente di carica
I(t) = dQ/dt = C dVc(t)/dt = CVin exp(-t/(RC))/RC + CVin exp(-t/(RC))/RC =
2(Vin/R) exp(-t/(RC)), si ottiene:
Vu(t) = R I(t) = 2R(Vin/R) exp(-t/(RC))
= 2Vin exp(-t/(RC)), il cui limite per t tendente a 0 (istante corrispondente
al fronte di salita dell'onda quadra) è 2Vin. Considerazioni analoghe valgono
durante il transitorio successivo al fronte di discesa dell'onda quadra, da
+Vin a - Vin. Infatti C, carico inizialmente alla tensione +Vin al termine del
primo semiperiodo dell'onda quadra, tende prima a scaricarsi fino a
Vc = 0,
per caricarsi subito dopo (con polarità contrarie) verso il livello basso
dell'onda quadra -Vin:
Vc(t) = Vin exp(-t/(RC)) - Vin [1 - exp(-t/(RC))
].
Considerando la corrente di carica
I(t) = dQ/dt = C dVc(t)/dt =
-CVin exp(-t/(RC))/RC - CVin exp(-t/(RC))/RC =
- 2(Vin/R) exp(-t/(RC)), si
ottiene:
Vu(t) = R I(t) = 2R(Vin/R) exp(-t/(RC)) = - 2Vin exp(-t/(RC)), il
cui limite per t tendente a 0 (istante corrispondente al fronte di discesa
dell'onda quadra) è -2Vin. Pertanto i valori di picco degli spikes sono pari a
+/- 2Vin.
Tanti cordiali saluti.
1) Esempio: La figura mostra il circuito di un raddrizzatore a semionda,
utilizzato per convertire la corrente alternata di rete in corrente continua.
Tenendo presente che il diodo è un componente con conducibilità unidirezionale,
che lascia passare la corrente soltanto quando la tensione applicata all'anodo
(triangoletto) è maggiore di quella applicata al catodo (lineetta), si deduce
che passano soltanto le semionde positive della corrente alternata di rete.
Poichè per= è presente il condensatore elettrolitico di livellamento collegato
in parallelo all'utilizzatore (carico Rc), si deduce che, non appena il
condensatore si sia caricato alla tensione positiva di picco Vp fornita dal
secondario del trasformatore di alimentazione, in attesa che si presenti la
successiva semionda positiva (le semionde negative vengono eliminate dal diodo),
il diodo, al cui anodo è applicata, per mezza semionda, una tensione minore
della tensione Vp applicata al catodo (tensione ai capi del condensatore) non
conduce. Di conseguenza il condensatore, che si comporta come un serbatoio di
energia elettrostatica [Energia accumulata W = (1/2)CVp 2], viene
isolato dal trasformatore , tramite il diodo bloccato, ed è costretto a
scaricarsi erogando corrente al carico Rc. La scarica prosegue con legge
esponenziale fino a quando la successiva semionda positiva non applichi
all'anodo del diodo una tensione maggiore di quella residua ai capi del
condensatore che intanto si è parzialmente scaricato su Rc. Il diodo riprende a
condurre ed il condensatore ricomincia a caricarsi,come in precedenza, al
valore di picco Vp, per scaricarsi di nuovo successivamente sul carico Rc
durante la fase di non conduzione del diodo.
2) I trasformatori funzionano
in base alla legge dell'induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz che
stabilisce che la forza elettromotrice indotta in un circuito dalle variazioni
temporali del flusso magnetico di induzione B concatenato al circuito è tanto
maggiore quanto più intense sono le variazioni di flusso e, a parità di
variazioni, quanto più rapidamente esse si verificano. Nel caso di un
trasformatore collegato alla rete a corrente alternata, si hanno
nell'avvolgimento primario con Np spire di sezione S (collegato alla linea)
variazioni di flusso proporzionali non soltanto all'induzione B (che è tanto
maggiore quanto maggiore è la permeabilità magnetica del materiale
ferromagnetico del nucleo su cui vengono avvolte le Np spire) associata al
campo magnetico alternato H generato dalla corrente alternata assorbita
dall'avvolgimento primario, ma al numero Np delle spire.
Pertanto si
dimostra che, se la frequenza della corrente alternata è f (in Europa 50 Hz ,
negli USA 60 Hz) , la tensione di rete Vp (tensione primaria) equilibra la
f.e.m. autoindotta dal campo magnetico generato dalle Np spire primarie sulle
stesse Np spire, le cui tensioni si sommano come quelle di tantissime pile
elementari collegate in serie. La formula di calcolo dei trasformatori,
derivata direttamente dalla legge di Faraday-Neumann, è la seguente: Vp = k
NpSBf, dove k è un coefficiente di proporzionalità che risulta pari a 6,
28/sqrt(2) =4,44.
Di conseguenza, grazie al fatto che la maggior parte
delle linee di forza magnetiche sono concatenate alle Ns spire del secondario
(collegato all'utilizzatore), si calcola con una proporzione, per un
trasformatore ideale, la f.e.m. indotta secondaria Vs: Vp/Np = Vs/Ns = kSBf.
Infatti anche Vs è dovuta alle f.e.m. elementari delle Ns spire collegate in
serie. Il fatto che il flusso magnetico concatenato ad un avvolgimento sia
proporzionale al numero dei "girotondi" delle N spire attorno alle linee di
forza magnetiche, richiama alla mente, per analogia, la fondamentale legge di
Ampere-Maxwell
NI = HL (legge di concatenazione o di circuitazione) che
sta alla base di tutti i calcoli di campi magnetici (L è la lunghezza delle
linee di forza magnetiche,che sono sempre chiuse ed attorno alle quali "girano"
le N spire di un avvolgimento).
Gent.mo Giuseppe,
Premessa: Un solenoide
toroidale (ad anello) oppure un solenoide rettilineo avente una lunghezza L
molto maggiore del diametro delle sue N spire, percorse da una corrente di
intensità I, generano un campo magnetico uniforme H = NI/L che si calcola
applicando la legge di circuitazione (o di concatenazione) di Ampere: HL =
NI.
Se il solenoide non contiene un nucleo di materiale ferromagnetico
(“solenoide in aria”) l'induzione magnetica B è dovuta soltanto al campo
magnetico generato dalla corrente e nel sistema M.K.S.A (Sistema Internazionale)
vale B (espresso in tesla, T) = m oH, dove
mo = 4 px 10
-7 è la permeabilità magnetica del vuoto.
Se invece il solenoide
contiene un nucleo di materiale ferromagnetico avente permeabilità magnetica
relativa mr, l'induzione magnetica B è
molto più intensa [da alcune centinaia ad alcune migliaia di volte per il ferro
ed i materiali ferritici, fino a valori prossimi a 100000 nel caso di leghe
ferromagnetiche come il permalloy (ferro-nichel)] , grazie alla magnetizzazione
del nucleo per effetto dell' allineamento della maggior parte degli spin
elettronici nella direzione e nel verso del campo magnetico H prodotto dalla
corrente I.
Un solenoide formato da N spire di sezione S, con resistenza
ohmica totale R, a partire dall'istante in cui è collegato, attraverso un
interruttore, ai poli di un generatore di f.e.m. continua E,è soggetto ad un
progressivo aumento dell'intensità di corrente I(t), con legge esponenziale
I(t) = (E/R)[1 - exp (-t/(L/R))] , fino a raggiungere, in pratica dopo un
tempo pari a 5 volte la costante di tempo L/R (L è il coefficiente di
autoinduzione, espresso in henry, H) il valore a regime I = E/R, in base alla
legge di Ohm.
Il fatto che l'intensità di corrente I(t) sia nulla per t=0
(quando viene chiuso l'interruttore) dipende dalla brusca variazione del flusso
magnetico che, inizialmente nullo a circuito aperto, assume valori crescenti
con legge esponenziale al crescere della corrente I(t). Infatti, per la legge
di induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann-Lenz, si genera nel circuito
una f.e.m. autoindotta Eaut = - dF o(B)/dt
= L dI(t)/dt, dove Fo(B) = NSB = LI è il
flusso magnetico concatenato alle N spire e proporzionale a I. Questa f.e.m.
autoindotta, massima per t=0, si oppone, per la legge di Lenz, alla f.e.m. continua del generatore,
decrescendo con legge esponenziale Eaut = - LdI(t)/dt = - Ld [(E/R)[1 - exp
(-t/(L/R))]]/dt = L(E/R)(R/L) exp(-t/(L/R)) = E exp (-t/(L/R)), fino ad
annullarsi per t pari a 5 L/R. Infatti, poichè per t = 5L/R l'esponenziale
exp (-5) = 0,00673 si può ritenere, in pratica, trascurabile, è lecito
considerare esaurito il fenomeno transitorio (extracorrente di chiusura) dopo
un tempo pari a 5L/R. Esempio: Se L = 100 mH e R = 1 W
, 5L/R = 5 x 0,1/1 = 0,5 secondi.
Di conseguenza, per effetto della f.e.m.
autoindotta
decrescente,l'intensità di corrente I(t), nulla per t = 0, cresce gradualmente
fino a raggiungere il valore a
regime E/R. L'equazione differenziale del circuito, durante la fase di chiusura,
è pertanto: E + Eaut = RI(t)= E - LdI(t)/dt = RI(t). La soluzione
dell'equazione è : I(t) = (E/R)[1 - exp (-t/(L/R))] .
Considerazioni
analoghe valgono per la fase di apertura del circuito, supponendo di sostituire
rapidamente il generatore con un cortocircuito, dopo che la corrente I(t) abbia
raggiunto il valore a regime I =E/R. In questo caso l'equazione del circuito,
essendo E = 0, è: Eaut = - LdI(t)/dt = RI(t) e l'unica f.e.m. agente
nel circuito è la f.e.m. autoindotta Eaut, che, per la legge di Lenz,si oppone
all'eliminazione del generatore E (che faceva circolare la corrente E/R) facendo circolare
ancora corrente per un tempo in pratica pari a 5L/R.
La soluzione è I(t) = (E/R) exp
(-t/(L/R)), con andamento esponenziale decrescente, il che implica che
l'extracorrente di apertura I(t) continui temporaneamente a circolare,
nonostante sia stato escluso il generatore, per un tempo pari, in pratica a
5L/R, come nel caso dell'extracorrente di chiusura. Se invece, raggiunta
l'intensità di corrente a regime I =E/R, il passaggio della corrente venisse
interrotto bruscamente aprendo l'interruttore, il circuito reagirebbe al quasi
istantaneo annullamento del flusso magnetico (la costante di tempo L/R, essendo
grandissima la resistenza R del circuito aperto, si annullerebbe) generando una
f.e.m. di autoinduzione non più di valore massimo uguale alla f.e.m. E del
generatore, come nella fase di chiusura, ma tanto maggiore di E quanto maggiore
fosse il valore del flusso magnetico Fo(B)
a regime (direttamente proporzionale al numero delle spire N, alla loro sezione
S ed all'intensità di corrente a regime I = E/R). Esempio: Con i valori B = 1 T
, N = 1000 spire, S = 100 cmq = 0,01 mq , considerando il tempo di apertura ta
dell'interruttore pari a 10 millesimi di secondo = 0,01 s, si genererebbe una
f.e.m. di autoinduzione pari a NSB/ta = 1000 x 0,01 x 1/0,01 = 1000 V !
Pertanto, qualora un avvolgimento debba subire rapidissime variazioni di
intensità di corrente e quindi di flusso magnetico, è necessario realizzare
l'avvolgimento con filo di rame smaltato con isolamento adeguato, distribuendo
le spire in molti strati, interponendo tra uno strato ed il successivo uno
strato di materiale isolante ed eventuamente impregnando l'avvolgimento con
apposite resine ad alto potere isolante (per prevenire la formazione di
scariche ad arco tra spire o strati di spire sottoposti ad elevate differenze
di potenziale.
I fenomeni transitori in un circuito RL
sono dovuti alla presenza dell'induttanza L (coefficiente di autoinduzione),
che indica quanto il circuito sia capace di generare flusso magnetico,per una data
intensità di corrente I, ed è espresso dal rapporto tra il flusso
Fo(B) e l'intensità di corrente I che lo genera.
L'induttanza è una sorta di inerzia elettromagnetica che si oppone alle variazioni
dell'intensità di corrente determinate da un generatore di tensione,proprio come
l'inerzia meccanica (massa)
m si oppone alla variazione di velocità per unità di tempo (accelerazione) di un
corpo sotto l'azione di una forza (a = F/m).
Cordiali saluti
Gent.mo
Ing. Alessandro,
1)Un induttore viene collegato in parallelo ad un tweeter
per ottenere un filtro passa-alto del II ordine (con 2 poli) , inserendo un
condensatore in serie al parallelo tweeter-induttore. In tal modo, al crescere
della reattanza induttiva XL = wL con la
frequenza, aumenta proporzionalmente l'ampiezza del segnale ai capi del
parallelo tweeter-induttore con il risultato di incrementare progressivamente,
in ragione di 40 dB/decade (12 dB/ottava), la risposta ai toni alti.
2)
Per quanto concerne la capacità parassita tra le spire di filo di rame smaltato
di un avvolgimento, in aria , come in presenza di un qualsiasi altro
dielettrico (olio isolante, resina epossidica, ecc...), è utile considerare le
due spire riportate in figura, dove si osserva che durante una semionda del
segnale, su una spira, per effetto della d.d.p. istantanea con la spira
contigua, si accumula una carica, per esempio positiva, che induce una carica
di segno opposto sulla spira contigua, il che implica che nel circuito di cui
fanno parte le spire , tra gli estremi di esse ed i poli del generatore di
segnale circolino delle correnti variabili di carica e scarica, cioè una
corrente sinusoidale capacitiva, sfasata in anticipo di 90Ý rispetto alla
tensione sinusoidale applicata alle spira. Pertanto si costituisce, per effetto
delle capacità parassite, un circuito LC parallelo che assorbe dal generatore
una corrente sinusoidale pari alla somma vettoriale della corrente induttiva e
della corrente dovuta alla capacità parassita. L'esistenza della capacità
parassita tra spire contigue è ovviamente direttamente proporzionale alla
costante dielettrica del mezzo isolante posto tra le spire, ma è presente, sia
pure in misura molto minore, anche quando il dielettrico tra le spire è il
vuoto. L'intensità della corrente capacitiva aggiuntiva è direttamente
proporzionale alla frequenza del segnale, il che significa che le correnti
generate dai toni alti passano molto più agevolmente attraverso il condensatore
equivalente alle capacità parassite tra spire anzichè attraverso l'induttanza,
la cui reattanza cresce proporzionalmente alla frequenza. In altri termini, al
crescere della frequenza, il parallelo tra l' induttore e la capacità
equivalente alle capacità parassite tende a comportarsi come un cortocircuito,
poichè la reattanza risultante tende a diventare sempre più piccola.
Tanti
cordiali saluti.
Gent.mo Ing.
Alessandro,
Quando si parla di segnali elettrici,ci si riferisce,
indifferentemente, a tensioni V(t) o correnti I(t) variabili nel tempo o, in
particolare, costanti (tensioni o correnti continue).
Esempi: Un
amplificatore, schematizzabile in base al teorema di Thevenin come generatore
reale di tensione con impedenza interna Za, fornisce ai diffusori un segnale
(eccitazione in tensione) Vu che in base all'impedenza Zc degli stessi,
determina un segnale (risposta in corrente)
Iu = Vu/(Za + Zc) nel circuito
amplificatore-diffusori. Se invece si utilizzasse uno speciale amplificatore in
grado di fornire una corrente Iu proporzionale al segnale audio, e pertanto
schematizzabile,dualmente, in base al teorema di Norton, come un generatore
reale di corrente con impedenza interna Za molto maggiore di quella dei
diffusori (per esempio Za = 10000 ohm e Zc = 8 ohm), ai diffusori verrebbe
applicata un'eccitazione Iu (segnale) in corrente, che determinerebbe ai capi
degli stessi una risposta (segnale) in tensione Vu = ZcIu. E così anche nel
caso di un filtro crossover interposto tra i diffusori e l'amplificatore.
Il segnale (eccitazione) in tensione Vu applicato all'impedenza d'ingresso
Zinput del filtro, determina in Zinput il passaggio di un segnale in corrente
(risposta) Iinput = Vu/(Za + Zinput). Parimenti, se il filtro ha un'impedenza
d'uscita Zoutput, la tensione Vu' (segnale in tensione) all'uscita dello stesso,
collegato in parallelo ai diffusori, determina in essi il passaggio di un
segnale in corrente (risposta) Iu = Vu'/Zc.
Tanti cordiali saluti.
Gent. mo Ing. Alessandro,
La Sua deduzione è esatta. Si tratta di un
autotrasformatore, cioè di un particolare trasformatore senza isolamento tra
primario e secondario, in quanto, se consideriamo che a-b sia l'avvolgimento
primario (cui è applicata la tensione Vab) ed a-d quello secondario, che
fornisce la tensione Vad, maggiore di Vab, le spire che fanno capo ai terminali
a e b non soltanto costituiscono l'avvolgimento primario, realizzato con un
conduttore di sezione maggiore e bassa resistenza,ma sono comuni
all'avvolgimento secondario, che impiega nella sezione b-d un conduttore di
sezione minore ed alta resistenza e nella sezione a-b lo stesso conduttore
dell'avvolgimento primario. In tal modo, pur con lo svantaggio della mancanza
di isolamento tra primario e secondario, inconveniente che non si riscontra in
un trasformatore convenzionale, c'è il vantaggio di un risparmio di rame, tanto
più marcato quanto meno i valori delle tensioni primaria e secondaria siano
diversi tra loro (la convenienza dell'uso dell'autotrasformatore sussiste fin
quando il rapporto Vab/Vad non risulti minore di 1/4, per esempio come quando,
prima della standardizzazione a 220 V della tensione di rete (nei primi anni
'60), per alimentare con la tensione di rete a 120 V o a 160 V gli
elettrodomestici funzionanti a 220 V si impiegava un autotrasformatore) .
Infatti, poichè la parte comune ai due avvolgimenti è percorsa da un corrente
di intensità pari alla differenza delle correnti primaria e secondaria, si può
impiegare per essa un conduttore di sezione minore, conseguendo un risparmio di
rame tanto maggiore quanto minore sia la differenza tra le due correnti.
Il
quarto terminale fa capo allo schermo elettrostatico, costituito da una sottile
lamina metallica con ottima conduttanza specifica, avvolta a spira aperta e
collegata a massa e quindi alla linea di messa a terra, per realizzare uno
schermo elettrico tra i due avvolgimenti, al fine di impedire, in caso di
guasto dovuto ad una sovratensione primaria (per esempio per effetto di
scariche atmosferiche negli autotrasformatori in discesa, riduttori di tensione)
, che il secondario assuma tensioni pericolose per le apparecchiature
alimentate e per gli utenti. Qualora invece non si tratti di autotrasformatori
funzionanti con tensioni elevate, lo schermo serve a fugare a massa eventuali
segnali di disturbo indotti dall'accoppiamento capacitivo tra i due
avvolgimenti. Con lo schermo i due avvolgimenti, pur connessi metallicamente
tra loro, non si influenzano capacitivamente.
Schermo elettrostatico e
schermo elettrico sono equivalenti. In particolare, il termine elettrostatico
richiama alla mente il principio della Gabbia di Faraday e l'annullamento del
campo elettrico all'interno dello schermo grazie alla distribuzione
superficiale delle cariche elettriche in presenza di campi elettrici
indipendenti dal tempo. Il termine schermo elettrico richiama alla mente il
fatto che, anche in presenza di campi elettrici variabili, come quelli
associati alle onde elettromagnetiche, un buon conduttore non può sostenere un
campo elettrico parallelo alla sua superficie; la direzione del campo elettrico
è tanto più prossima alla perpendicolare alla superficie conduttrice quanto
maggiore sia la conduttanza specifica dello schermo. Ed annullandosi anche in
questo caso il campo elettrico all'interno del conduttore, schermo elettrico e
schermo elettrostatico sono equivalenti.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
Con piacere rispondo
ai quesiti da Lei proposti.
La capacità parassita tra due strati contigui
di spire di raggi R1 ed R2 (R2>R1) può essere calcolata, in prima
approssimazione (cioè ragionando come se la sezione del conduttore fosse
quadrata e non circolare), con la formula del condensatore cilindrico: Cp =
2peo erL/[ln(R2/R1)],
dove er è la costante dielettrica dello smalto isolante che
riveste il conduttore dell'avvolgimento ed L la larghezza dello strato.
Assumendo, per esempio, i seguenti dati si ha:
-diametro del filo di rame
smaltato: 0,1 mm;
-spessore dello strato di smalto: 0,02 mm;
-R1 = 10
mm, R2 = 10 + 2 x 0,02 mm = 10,04 mm; - costante dielettrica relativa dello
smalto:3; L = 1 cm = 0,01 m; C = 6,28 x 8,855 x 10-12 x 3 x 0,01/ ln
(10,04/10) = 1,6682 x10-12/3,992 10-3 = 422,895 10
-12 F = 422,895 pF. Supponendo di isolare uno strato da quello successivo
con un foglio di mylar dello spessore di 0,2 mm e con costante dielettrica pari
a 3, il raggio R2 aumenta da 10,04 mm a 10,24 mm e Cp diminuisce da 422,895 pF
a Cp' = 1,6682 x10-12/ ln(10,24/10)= 1,6682 x10-12/23,716
10-3 = 69,99 x10-12F = 69,99 pF, con una diminuzione di
un fattore 6,04.
Se poi si considera che le capacità tra strati contigui
sono collegate in serie, la capacità parassita totale è inversamente
proporzionale al numero degli strati. Per esempio, se l'avvolgimento fosse
distribuito in 5 strati, la capacità calcolata in precedenza si ridurrebbe da 69,99
pF a 69,99/(5 -1) pF = 17,497 pF.
Per quanto riguarda lo schermo
elettrostatico tra primario e secondario, se esso è collegato a massa,
impedisce ai due avvolgimenti di influenzarsi elettrostaticamente.
E'
corretto realizzare il trasformatore come descritto nel quesito, applicando
sull'ultimo strato un foglio di mylar e la fascia antiflusso, che è costituita
da un foglietto di mumetal (lega formata dal 75% di nichel, dal 15% di ferro,
più rame e molibdeno) , dello spessore di 0,2 mm, o di skudoteck (vedi link
http://w3.uniroma1.it/emclab/testi/11.pdf) e svolge la funzione di schermo
magnetico ad altissima permeabilità. Il foglietto di mumetal, da avvolgere a
spira aperta per non costituire una spira in cortocircuito, concentra al suo
interno, grazia all'altissima permeabilità, la quasi totalità delle linee di
forza dei campi magnetici alternati dispersi a frequenza industriale (50 Hz) ed
a frequenza audio, impedendo ad essi di generare ronzio (hum) ed effetti di
reazione indesiderati alle audiofrequenze, causati da accoppiamenti
elettromagnetici con le piste ramate ed i fili degli stadi preamplificatori,
nei quali il rapporto segnale/disturbo è molto basso. Lo schermo
magnetico è particolarmente efficace quando le frequenze dei campi magnetici sono
medio-basse (da alcune decine di Hz fino a qualche decina di KHz, come nel caso
dei segnali audio), tali cioè che la componente radiativa (associata al termine
maxwelliano della legge di circuitazione di Ampere-Maxwell) sia piccola o addirittura
trascurabile e quindi non in grado di determinare la propagazione dei campi a distanza.
In questi casi prevalgono
per= gli effetti locali dei campi lentamente variabili, cioè le f.e.m. indotte
sui conduttori vicini ai quali si concatenano le linee di forza associate ai flussi
magnetici dispersi.
Tanti cordiali
saluti.
Gentile Alessio,
Il diagramma di Bode mette a confronto
l'andamento dei moduli del guadagno in assenza di reazione negativa (Avo) ed in
presenza di controreazione (Avoc). Si vede che l'aumento di larghezza di banda
(Bc) da circa 1 MHz a circa 30 MHz è direttamente proporzionale al fattore di
reazione (1 + Avob), mentre il guadagno Avoc è
inversamente proporzionale al predetto fattore. Pertanto l'aumento di larghezza
di banda (a - 3 dB) va a scapito del guadagno: si può ottenere una larghezza di
banda maggiore purchè si rinunci ad un elevato guadagno. In altri termini il
prodotto Avoc Bc = [Avo/ (1 + Avob)] x Bo (larghezza
di banda senza reazione negativa)/(1 + Avob) = AvoBo
si mantiene costante. Dal punto di vista fisico l'aumento della larghezza di
banda con la reazione negativa si giustifica considerando che l'applicazione
all'ingresso dell'amplificatore di un segnale pari alla differenza (segnale di
errore) tra il segnale d'ingresso ed una frazione del segnale d'uscita, fa in
modo che il decremento del guadagno in corrispondenza delle frequenze di taglio
a - 3dB dell'amplificatore reazionato determini un decremento del segnale
d'uscita Vu e di conseguenza, a parità di segnale d'ingresso Vi, un aumento del
segnale di errore Vi - Vu, tale da contrastare il decremento del segnale
d'uscita e stabilizzarne l'ampiezza ad un valore, sì molto minore di quello che
si ottiene in assenza di reazione, ma in compenso in un intervallo di frequenza
più ampio.
Il fatto che un sistema a banda larga sia più veloce si spiega
con la formula della frequenza di taglio di un filtro passa-basso: ft = 1/(6,28RC).
Infatti, passando dal dominio della frequenza a quello del tempo e considerando
la risposta di un circuito RC (filtro passa-basso del I ordine) al gradino, si
verifica (applicando la formula del
transitorio di carica di un condensatore) che il tempo di salita ts ( tempo
necessario perchè il transitorio aumenti dal 10% dell'ampiezza Vg del gradino al
90% della stessa) è legato alla costante di tempo RC dalla formula ts = 2,2 RC
= 0,35 /ft.
Da questo si deduce che la durata dei transitori rapidi applicabili
all'ingresso di un amplificatore e riproducibili dallo stesso senza distorsione,
è tanto più breve quanto maggiore è la frequenza di taglio
superiore ft, quindi quanto maggiore è la larghezza di banda B (supponendo,per
semplicità, che la risposta in frequenza si estenda dalla continua fino a
segnali con frequenza ft = B).
Ecco alcuni interessanti riferimenti web sulle auto ibride:
http://www.toyota.it/toyota/gamma/prius/welcome/
http://it.wikipedia.org/wiki/General_Motors_EV1
http://www.enea.it (Tecnologie per l'Energia, Fonti Rinnovabili e Risparmio Energetico)
http://www.ecoage.com/ambiente/automobili-ibride-faq.htm
http://www.repubblica.it/2006/04/motori/aprile2006/svolta-ibride/svolta-ibride.html
http://forum.wininizio.it/index.php?showtopic=24774&mode=linearplus
.
Buon lavoro e tanti cordiali saluti
Gent.mo Ing.
Alessandro,
Le Sue deduzioni sono esatte. In particolare, è corretto il Suo
ragionamento riguardante il funzionamento dello schermo elettrostatico.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
Le induttanze di dispersione primaria
e secondaria,essendo collegate in serie con i rispettivi avvolgimenti,
introducono delle reattanze di dispersione X= 6,28 f L direttamente
proporzionali alla frequenza, che causano sensibili cadute di tensione
induttive e conseguenti perdite di segnale che non possono essere trascurate
nei confronti delle componenti armoniche ad alta frequenza dello spettro audio.
Questo inconveniente altera pertanto la composizione spettrale dei segnali
audio di forma complessa causando distorsioni di ampiezza e di fase variabili
con la frequenza.
La suddivisione degli avvolgimenti primario e secondario
in tanti strati intercalati primario-secondario-primario presenta il vantaggio
di far sì che le linee di forza magnetiche generate dal primario si concatenino
strettamente al secondario anche in corrispondenza delle estremità
dell'
avvolgimento (in prossimità delle testate del rocchetto), dove presentano una
curvatura maggiore che tende a disperdere il campo inducente verso l'esterno. A
differenza di quanto si verifica con un unico avvolgimento secondario
realizzato sul primario, nell'avvolgimento a strati alternati uno strato
secondario avvolto tra due strati primari è concatenato agli archi delle linee
di forza con maggiore curvatura dovute sia allo strato primario interno che a
quello esterno. Pertanto risulta minima la percentuale delle linee di forza non
concatenate al secondario e che si chiudono nell'aria dando luogo al flusso
disperso.
Le consiglio i seguenti link:
http://www.jensen-transformers.com/an/Audio%20Transformers%20Chapter.pdf (Audio
transformers- Handbook for sound engineers)
http://homepages.tcp.co.uk/~sowter/2proaudio.htm
http://www.stevens-billington.co.uk/page103.htm
http://www.recherche.enac.fr/~puechmor/e_transfo/node5.html
http://www.recherche.enac.fr/~puechmor/e_transfo/node6.html#SECTION00031000000000000000
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
L'applicazione di uno strato di rame (non costituente spira in cortocircuito e
collegato a massa) dopo l'ultimo foglio di mylar esplica un'azione
schermante sul flusso disperso, per effetto della legge di Lenz. Infatti le
correnti indotte parassite (correnti a vortice, o eddy currents o di Foucault)
generate nello schermo conduttore dal flusso magnetico variabile disperso,
circolano sempre in modo tale da generare un campo magnetico le cui linee di
forza tendono ad opporsi, neutralizzandole parzialmente, alle linee di forza
del campo magnetico variabile inducente. La circolazione delle correnti
parassite, che si concatenano alle linee di forza incidenti non parallelamente
alla superficie dello schermo come tanti vortici aventi per asse le stesse, è
tanto più intensa quanto maggiore è lo spessore dello schermo (per la seconda
legge di Ohm), mentre la dissipazione termica della potenza ad esse associata è
ovviamente proporzionale alla resistenza specifica del metallo. Per valutare
con precisione l'effetto schermante si ricorre a modelli matematici (programmi
di simulazione) elaborati in ricerche specifiche sull'argomento, spesso oggetto
di brevetto. La regola qualitativa generale è aumentare, anche di poco,lo
spessore dello strato schermante e studiare sperimentalmente la graduale
riduzione dei disturbi indotti su spire vicine al trasformatore al crescere
dello spessore, fino a trovare le condizioni ottimali.
Riferimenti web:
http://www.vitatech.net/published_articles.php4
http://vitatech.net/pdf/ENG_GUIDE.pdf (pagina 22)
http://www.hpfem.jku.at/publications/talk_js_trafo.pdf
http://ieeexplore.ieee.org/Xplore/login.jsp?url=/iel1/20/7575/00312585.pdf?arnumber=312585
http://emeraldinsight.com/Insight/viewContentItem.do?contentType=Article&hdAction=lnkhtml&contentId=1455340&history=false
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Ing. Alessandro,
Il
foglio metallico schermante inserito tra il primario ed il secondario non deve
mai costituire una spira in cortocircuito, altrimenti la quasi totalità della potenza
erogabile dal secondario verrebbe assorbita dalla spira in corto,come si verifica, per esempio,
nel trasformatore di alimentazione di un saldatore rapido, il cui funzionamento
si basa proprio su un massiccio foglio di rame avvolto sul primario e cortocircuitato dalla
punta saldante. In particolare, nel caso di un trasformatore per trasferimento di
segnali audio a basso livello, la chiusura in
corto dello schermo mediante saldatura comporterebbe una sensibile diminuzione
dell'ampiezza del segnale erogabile dal secondario.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo
Giuseppe,
Conoscendo la pressione p del vapore, il diametro d e la corsa s
del pistone,si possono calcolare soltanto l'area A = 6,28 (d/2)2 del
pistone, la forza costante F = pA ed il lavoro L compiuto nella fase di
espansione:
L = F s = pAs.
Per calcolare la potenza P = L/t sviluppata dalla
forza F, bisogna conoscere la durata t della fase di espansione: P = pAs/t.
Tanti cordiali saluti.
Gent.mo Giuseppe,
La formula P = L/t serve a calcolare la potenza media Pm
sviluppata da una forza agente in un intervallo di tempo t. Invece, per ottenere
la potenza istantanea P(t) (quando la potenza varia istante per
istante) bisogna calcolare la derivata del lavoro rispetto al tempo, cioè,
considerato un dato istante t., bisogna calcolare il limite del rapporto
incrementale DL/Dt al
tendere a zero dell'incremento temporale Dt. Ciò
equivale a calcolare il valor medio della potenza nell'intervallo di tempo
Dt,computato a partire dall'istante t per cui si
desidera calcolare la potenza , e poi far tendere a zero l'intervallo Dt: P(t) = lim (per Dt -> 0) del
rapporto incrementale [P(t + Dt) - P(t)]/Dt. Pertanto P(t) = dL/dt (derivata del lavoro espressa con
la notazione di Leibnitz).
Nel caso proposto si ha: Pm (potenza media
nell'intervallo di durata t) = L/t = Fs/t. Essendo il moto uniformemente
accelerato (con accelerazione costante a) si ha: s = (1/2) at2 e Pm
= Fat/2 = F2t/(2m).
Eseendo L = Fs = Fat2/2 =
F2t2/(2m), la potenza
istantanea è
P(t) = dL/dt = d[F2t2/(2m)]/dt = F2
2 t /(2m) = F2t/m e cresce in modo direttamente proporzionale al
tempo.
In modo equivalente, essendo il moto uniformemente accelerato,
valgono le formule:
V = SQRT(2as) , V = at = (F/m)t, t = V(m/F). Pertanto,
sostituendo si ottiene:
P(t)= F2t/m = F2V(m/F)/m = FV
e si deduce che la potenza istantanea P(t) si ottiene moltiplicando l'intensità
F della forza per la velocità istantanea V.
La misura della potenza di un
motore elettrico si effettua con il banco di prova dinamometrico (basato su un
freno elettromagnetico a correnti parassite),applicando una coppia resistente
Cr tale che il motore possa girare ad una velocità sufficientemente minore di
quella di rotazione a vuoto (senza carico meccanico) . Si misura il relativo
valore N dei giri al minuto e si determina la potenza meccanica resa: P = 6,28
CrN /60 . Ripetendo la misura con coppie resistenti Cr diverse e misurando i
relativi valori di N, si tracciano le curve coppia/giri al minuto e
potenza/giri al minuto. Si può così determinare la coppia motrice massima del
motore, per un dato valore di N.
La corrispondente potenza elettrica
assorbita dal motore in condizioni ottimali di impiego (coppia vicina a quella
massima) si ottiene mediante uno o 2 wattmetri (inserzione di Aron) a seconda
che si tratti, rispettivamente, di un motore monofase o trifase. Se invece si
tratta di un motore a corrente continua, basta moltiplicare la tensione
applicata al motore per la corrente assorbita.
Tanti cordiali saluti.
L'energia associata alle reazioni chimiche che
sono alla base del funzionamento di una pila, per esempio una pila a secco
(derivata dalla classica pila Leclanchè), si converte in energia elettrica
quando i poli della pila vengono collegati ad un carico (utilizzatore). In
particolare, agli elettrodi della pila hanno luogo le seguenti reazioni
elettrochimiche (scritte in forma ionica):
-Al polo negativo (zinco) si ha:
Zn -> Zn++ + 2e- . Lo zinco cede ioni positivi bivalenti alla soluzione
elettrolitica di cloruro d'ammonio (NH4Cl), mentre
contemporaneamente due elettroni (2e-) si spostano dal polo negativo verso
quello positivo generando corrente attraverso il carico.
-Al polo positivo
[cilindretto di carbone metallico circondato da una miscela di carbone coke in
granuli e biossido di manganese (MnO2)] si ha: 2 NH4+
+ 2e- -> 2NH3 + H2. Due ioni positivi di ammonio presenti
nella soluzione di cloruro d'ammonio migrano verso il polo positivo
neutralizzandosi con 2 elettroni (2e-) provenienti dal carico per effetto della
corrente che lo attraversa. In tal modo si formano 2 molecole di ammoniaca ed
una molecola di idrogeno, il che implica lo sviluppo di bollicine di idrogeno a
contatto con l'elettrodo positivo di carbone. Lo sviluppo dell'idrogeno al
passaggio della corrente (a circuito chiuso) altera progressivamente le
proprietà elettrochimiche dell'elettrodo positivo, causando la cosiddetta
polarizzazione della pila, cioè la formazione di una forza controelettromotrice
di polarizzazione Ep che si oppone alla forza elettromotrice E dovuta alla
coppia zinco-carbone. Pertanto, trattandosi di due forze elettromotrici in
opposizione, che si sottraggono, la corrente erogata dalla pila attraverso il
carico tende progressivamente a diminuire. Contemporaneamente la guaina di
idrogeno gassoso che riveste l'elettrodo positivo causa un sensibile aumento
della resistenza interna Ri della pila, facendo diminuire ulteriormente la
corrente erogata. Questi fenomeni di polarizzazione sono in parte reversibili
quando la pila eroga corrente ad intermittenza, in quanto, durante i periodi in
cui il carico viene disinserito (pila a circuito aperto o a vuoto), l'idrogeno
che si sviluppa viene ossidato dal biossido di manganese, che è un energico
ossidante, dando luogo alla formazione di molecole d'acqua. Quando però
l'energia svolta dalle reazioni chimiche diminuisce notevolmente sia per il
consumo dell'elettrodo di zinco (che si scioglie dando luogo a cloruro di zinco
ZnCl2) sia per quello del biossido di manganese (depolarizzante), la
pila si esaurisce pur generando,a circuito aperto, una forza elettromotrice
quasi uguale a quella iniziale (1,5 V). Infatti, essendo grandissima la
resistenza del voltmetro (da centinaia di kiloohm a diverse decine di megaohm
nel caso dei multimetri digitali) ed essendo di conseguenza piccolissima la
corrente assorbita dal voltmetro,la pila funziona praticamente a vuoto,fornendo una forza
elettromotrice quasi uguale a quella nominale, come se fosse
carica. In realtà, non appena la pila venga collegata ad un
carico, la tensione V = E - RiI ai poli si abbassa notevolmente per effetto della
polarizzazione,non più neutralizzata dal biossido di manganese esaurito, e del
conseguente notevole aumento della resistenza interna Ri e della relativa caduta
di tensione RiI, mentre la corrente erogata I assume valori incompatibili con il
normale funzionamento del carico.
Gent.mo Giuseppe,
-Per rispondere al quesito bisognerebbe conoscere i
valori della tensione e della corrente di alimentazione richieste ed il tipo di
utilizzatore. Comunque, per fornire ad un circuito un'alimentazione con
tensione costante ma limitata nel tempo, si richiede l'impiego di un
temporizzatore (realizzabile con un multivibratore monostabile a transistor o
basato su porte logiche o sul timer integrato 555) che fornisca ad un relè
elettromeccanico (o a semiconduttore) un impulso rettangolare di tensione,
della durata di 0,1 - 0,2 secondi, con un'intensità di corrente sufficiente a
far commutare i contatti del relè.
In alternativa, per esempio per
accendere un LED per 0,1-0,2 secondi si potrebbe impiegare un condensatore
elettrolitico con capacità di alcune centinaia di mF ,
da caricare, per esempio con una batteria da 12 V, e da scaricare sul diodo LED
collegato in serie con un resistore da 1 kW, ottenendo
in questo caso una tensione di alimentazione Vc(t) decrescente nel tempo con
legge esponenziale: Vc(t) = Vo exp [-t/(RC)], dove Vo = 12V, C = 220 mF e R = 1 kW. In questo caso,
essendo la costante di tempo RC pari a 1000 x 220 x 10-6F = 0,22
secondi, dopo un tempo t = 0,22 secondi il condensatore avrebbe ancora una
tensione residua di 12 exp (-1) = 12/e = 12/2,7182 V = 4,414 V, più che
sufficiente per accendere il LED con intensità sufficiente.
- Bisogna
applicare alla molla la legge fondamentale dell'elasticità (legge di Hook), in
base alla quale la forza di richiamo esercitata dalla molla deformata di y
metri è F = - K y e la cui intensità decresce lineamente al decrescere di y,a
mano a mano che la molla si sposta verso la sua posizione di equilibrio (y=0),
dove la forza di richiamo si annulla. Il grafico del modulo di F in funzione
dello spazio y percorso è una retta con pendenza positiva pari a K.
Tanti cordiali saluti
1)Il modello corpuscolare
newtoniano considera la luce costituita da tanti corpuscoli materiali emessi
dalle sorgenti luminose in tutte le direzioni. La teoria newtoniana è in grado
di spiegare i fenomeni di riflessione e rifrazione, compatibili con la
propagazione rettilinea di corpuscoli luminosi di colori diversi,
corrispondenti ai tanti raggi di luce monocromatici che si ottengono
proiettando su un prisma di vetro un raggio di luce bianca, contenente
corpuscoli luminosi di tutti i colori. La legge della riflessione (angolo
d'incidenza = angolo di riflessione) si spiega invece applicando le le leggi di
conservazione dell'energia cinetica e della quantità di moto ai fenomeni d'urto
elastico tra i corpuscoli incidenti sulla superficie riflettente e le molecole
della stessa, con modalità analoghe a quelle dei fenomeni d'urto elastico tra
una palla ed una superficie piana. La legge della rifrazione si spiega con gli
urti elastici tra i corpuscoli luminosi e le molecole, nel passaggio di un
raggio luminoso da un mezzo trasparente ad un altro, più o meno denso. Sono
invece inspiegabili nell'ambito della teoria newtoniana i fenomeni di
diffrazione della luce attraverso una o più piccolissime fenditure praticate in
uno schermo illuminato ed i fenomeni caratterizzati da frange d'interferenza
(zone alternate luminose ed oscure) prodotte dalla sovrapposizione della luce
emessa da due sorgenti. Invece, la teoria ondulatoria di Huyghens, basata sulla
propagazione di onde longitudinali, analoghe a quelle sonore, in un ipotetico
mezzo elastico denominato “etere” , che riempie tutto lo spazio, non solo
riesce a spiegare le leggi della riflessione e della rifrazione, considerando
ogni punto di un fronte d'onda piano (raggio luminoso) incidente su una
superficie riflettente o rifrangente come sorgente di tante onde sferiche
elementari il cui inviluppo costituisce il fronte d'onda successivo,ma anche
tutti i fenomeni di interferenza e di diffrazione, che si devono esclusivamente
al fatto che due o più raggi di luce nei fenomeni di interferenza si comportano
come onde e come tali possono interagire dando origine a zone alternate di luce
e di buio determinate rispettivamente dai fenomeni di interferenza costruttiva
(per somma) e distruttiva (per differenza), in funzione del rapporto tra le
differenze di cammino ottico tra due raggi provenienti da sorgenti diverse ed
incidenti su una data zona di uno schermo e la lunghezza d'onda della luce,
mentre i fenomeni di diffrazione consistono nella deviazione dalla propgazione
rettilinea quando un raggio di luce attraversa una piccolissima apertura di
dimensioni comparabili con la lunghezza d'onda. I fenomeni di interferenza e di
diffrazione furono studiati ampiamente nel diciannovesimo secolo da Young e
Fresnel, che basandosi sempre sulla teoria ondulatoria e sul comodissimo
principio di Huyghens, opportunamente adattato alle varie situazioni
sperimentali, riuscirono a spiegare la totalità dei fenomeni ottici conosciuti.
La teoria elettromagnetica della luce, dovuta a Maxwell (seconda metà del
diciannovesimo secolo), considera la luce un fenomeno ondulatorio dovuto alla
propagazione, con velocità c = 300000 km/s (nel vuoto) di onde
elettromagnetiche, non più longitudinali ma trasversali,come quelle che si
propagano in una corda, nell'ipotetico etere di Huyghens, giungendo nel
contempo a prevedere l'esistenza di onde elettromagnetiche non luminose,
soggette alle stesse leggi ed agli stessi fenomeni di riflessione, rifrazione,
interferenza, diffrazione e polarizzazione (onde con i campi elettrico e
magnetico oscillanti in due piani tra loro perpendicolari) tipici delle onde
luminose. La conferma sperimentale dell'esistenza delle onde elettromagnetiche
previste da Maxwell fu fornita da Hertz, il quale provò sperimentalmente
l'esistenza di onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda molto maggiore di
quella delle onde luminose e suscettibili di subire gli stessi fenomeni
osservati per le onde elettromagnetiche che costituiscono la luce. Si deve
infine ad Einstein, nell'ambito della teoria della relatività ristretta (o
speciale) l'eliminazione dell'etere di Huyghens-Maxwell, con la definitiva
enunciazione della propagazione delle onde elettromagnetiche (luminose e non)
nello spazio vuoto della fisica, senza che sia richiesto alcun ipotetico mezzo
che spieghi la propagazione delle onde elettromagnetiche trasversali. E' il
campo elettromagnetico che di per sè è una realtà fisica e come tale si propaga
nel vuoto con velocità c trasportando energia e quantità di moto di natura
elettromagnetica.
2) Per il dualismo ondulatorio-corpuscolare della
radiazione elettromagnetica e l'ipotesi dei fotoni di Einstein (1905)
consultare la seconda pagina della sezione “L'esplorazione del microcosmo nel
XX secolo” .
Gent.mo Pierpaolo
1) Per quanto riguarda lo sfruttamento dell'energia delle
scariche elettriche atmosferiche,bisogna considerare che, trattandosi di
fenomeni che si verificano in modo del tutto aleatorio ed imprevedibile in
funzione dei parametri meteo e dei relativi modelli matematici, a tutt'oggi
tutt'altro che completi ed affidabili, non è pensabile di ottenere energia in
modo continuativo e regolare per usi civili. Si potrebbe pensare di installare
su vaste aree tanti tralicci , distribuiti uniformemente sul terreno e da
utilizzare come parafulmini per catturare l'energia delle scariche elettriche
atmosferiche. Ma come immagazzinarla in modo tale da poterla utilizzare in modo
continuativo ? Occorrerebbero speciali batterie di condensatori con capacità di
decine di migliaia di farad ed in grado di funzionare con tensioni impulsive di
parecchi milioni di volt senza distruggersi ! Per esempio, considerando una
tensione massima V di 5 milioni di volt (5 MV), per immagazzinare un'energia
elettrostatica E = (1/2) CV2 di soli 3 MWh (megawattora),
corrispondenti a 3000000 (joule/s) x 3600 s = 10,8 x 109 joule = 10,
8 GJ (gigajoule) , per alimentare per un'ora mille appartamenti con potenza
massima di 3 kW, occorrerebbe una batteria di condensatori con capacità C =
SQRT(2E/V2) = SQRT(2 x 10,8 x 109 / 25 x 1012)
= 864 x 10-6F (farad), non di tipo elettrolitico, ma realizzati con
un superdielettrico in grado di resistere a tensioni di parecchi milioni di
volt ! Ed inoltre la tensione ai capi della batteria di condensatori ,
collegata ad un carico totale equivalente ad un resistore R = V2/P =
25 x 1012/3000000 = 8,333 x 10 6 ohm, decrescerebbe nel
tempo con legge esponenziale V(t) = 5 x 106 exp [-t/(RC)],
riducendosi a 5 x 106 e-1 = 5 x 106/ e = 5 x
106/2,718 = 1,839 x 10 6 V dopo un tempo t = RC = 8,333 x
10 6 ohm x 864 x 10-6F = 7199 secondi = 1,99 ore.
Speciali inverter in grado di funzionare regolarmente con tensioni continue
decrescenti verrebbero alimentati dalle batterie di condensatori fornendo
ll'alimentazione in corrente alternata agli utilizzatori. I problemi da
risolvere per passare dalla teoria alla pratica sono, come si può notare,
parecchi e tutt'altro che semplici.
2) Bisogna premettere che Newton, dopo
avere inventato il calcolo infinitesimale, lo applicò al problema della
determinazione della forza gravitazionale esercitata da un guscio di forma
sferica di spessore d (molto piccolo) e raggio R e contenente materia
distribuita uniformemente, su una piccola massa m posta prima in un punto
esterno Pe , a distanza x, maggiore di R, dal centro, quindi in un punto interno Pi a
distanxa x', minore di R, dal centro. Trovò che, mentre la forza gravitazionale esercitata
sulla massa m esterna al guscio (strato sferico) è uguale a quella esercitata
da una massa puntiforme pari alla massa totale M dello strato posta a distanza
x da m, la forza gravitazionale esercitata sulla massa m posta all'interno del
guscio, a distanza x' minore di R dal centro, è sempre nulla. Questo annullamento, dal
punto di vista analitico, dipende proprio dal fatto che la forza gravitazionale
decresce con il quadrato della distanza, cosicchè una massa m posta all'interno
a distanza x' minore di R è soggetta a tante coppie forze attrattive, con versi opposti,
esercitate da coppie di masse elementari appartenenti al guscio e disposte agli
estremi del segmento passante per il punto x' in cui è posta la massa m . Se la
forza gravitazionale non dipendesse dall'inverso del quadrato della distanza,
la risultante di tutte le forze di verso opposto (considerate a coppie) non si
annullerebbe. Il bilanciamento esatto dipende proprio dalla tipica legge della
forza gravitazionale e si verifica anche in elettrostatica per distribuzioni
sferiche di cariche elettriche, che esercitano forze coulombiane,anch'esse
dipendenti, come quelle newtoniane, dall'inverso del quadrato della distanza.
Il fatto che la forza gravitazionale esercitata da un corpo celeste di forma
sferica su una massa m posta al suo interno, decresca con il decrescere della
distanza dal centro, si spiega suddividendo il corpo celeste in tanti gusci
concentrici, ciascuno dei quali, se la materia è distribuita uniformemente (con
densità costante),non esercita alcuna forza su m. Pertanto, considerando la
Terra costituita, in prima approssimazione, da tanti gusci sferici concentrici
con densità costante e raggio compreso tra 0 ed R (6400 km), si deduce che una
massa m posta alla distanza r minore di R, al decrescere di r è soggetta soltanto alle
forze gravitazionali dovute agli strati sferici con raggi minori di r, mentre
gli strati sferici con raggi maggiori di r non esercitano su m alcuna forza. Di
conseguenza, poichè al decrescere di r, decresce la massa
M = (4/3)prr3contenuta nella sfera
di raggio r, formata da tanti strati sferici con raggi compresi tra 0 ed r,
decresce anche la forza gravitazionale, che risulta direttamente proporzionale alla
distanza r dal centro, annullandosi al centro della Terra ed assumendo il
massimo valore (corrispondente all'accelerazione di gravità g = 9,81 m/s
2), sulla superficie terrestre (r =R). Infatti la forza gravitazionale è data
da GMm/r2 = G(4/3)mprr3/r2 =
G(4/3)mprr (legge di proporzionalità diretta).
Invece, nei punti esterni alla
Terra (r > R = 6400 km) la forza gravitazionale decresce in modo inversamente
proporzionale al quadrato di r (legge di gravitazione universale), come se
tutta la massa M della Terra fosse concentrata al centro (r = 0).
Per quanto concerne l'aumento della pressione al crescere della profondità
(quando r decresce),bisogna considerare l'esempio della pressione idrostatica
che aumenta proporzionamente alla profondità,in quanto aumenta la forza-peso, per
unità di superficie, determinata dagli strati di liquido compresi tra un punto ad
una data profondità e la superficie. Se pertanto si considerano i materiali del mantello
e del nucleo terrestre come liquidi con alta densità r,
per calcolare la pressione idrostatica P = rgh + po (legge di Stevino) in un
punto Q alla profondità h, bisogna tenere conto della risultante di tutte le forze-peso
esercitate dalla massa contenuta in un cilindro o in in prisma
di altezza h e superficie di base unitaria (1 mq), aventi una delle basi alla profondità
h e l'altra in corrispondenza della superficie terrestre.
Per esempio, considerando
la densità media terrestre di 5,5 g/cmc = 5500 kg/mc, alla profondità
h = 100 km = 100000 m,con g (media) = 9,5 m/s2, si può valutare,
in prima approssimazione,un aumento di pressione (rispetto a quella po alla superficie terrestre)
pari a P = 5500 x 9,5 x 100000 = 5,225 x 109 newton/mq = 5,225 x 109/1,013 x 105=
51579 atmosfere.
Grazie
dei complimenti per il sito e tanti cordiali saluti.
- Le onde meccaniche (acustiche se la loro frequenza è compresa tra
20 Hz e 20000 Hz) si propagano nei fluidi esclusivamente come onde
longitudinali associate al periodico susseguirsi di zone di compressione e di
espansione del mezzo di propagazione, dotato d'inerzia (massa) e di elasticità.
Poichè infatti i liquidi ed i gas, a causa della notevole mobilità delle
molecole, non possono sostenere sforzi tangenziali (di taglio), cioè applicati
parallelamente alla superficie libera di un liquido o parallelamente alla
superficie del contenitore (rigido o elastico) di un gas, in essi si possono
propagare soltanto onde longitudinali (periodiche compressioni ed espansioni)
generate da sforzi di pressione, che agiscono sempre perpendicolarmente alla
superficie libera di un liquido o alla superficie del contenitore di un gas.
Esempio: Se consideriamo un liquido in quiete in un recipiente, le forze di
pressione esercitate sul liquido dalle pareti e dal fondo del recipiente, e
quelle di reazione esercitate dal liquido sulle pareti e sul fondo, agiscono
sempre perpendicolarmente alle pareti ed al fondo,altrimenti il liquido non
potrebbe essere in equilibrio idrostatico, ma sarebbe costretto a muoversi
parallelamente alle pareti, il che è assurdo.Nei solidi invece (si considerino
per esempio le onde sismiche), grazie al fatto che essi possono essere
sottoposti sia a sforzi perpendicolari alla superficie (pressioni), sia sforzi
paralleli alla superficie (sforzi di taglio), si possono propagare sia onde
longitudinali sia onde trasversali, con velocità di propagazione diverse (più
elevate per le onde longitudinali).
Il caso delle onde meccaniche che si
propagano su una superficie liquida si può studiare considerando che le forze
periodiche che determinano la propagazione ondosa non sono più le forze
elastiche intermolecolari che consentono la propagazione delle onde sonore nei
solidi, nei liquidi e nei gas, ma le forze-peso dovute all'accelerazione di
gravità g che determina la conversione di una cresta d'onda in un ventre d'onda
(con aumento di energia cinetica della massa d'acqua) e, viceversa, la
conversione di un ventre d'onda in una cresta d'onda (con diminuzione di
energia cinetica ed aumento di energia potenziale gravitazionale). Il moto
ondoso è generato da una combinazione di spostamenti periodici trasversali
(perpendicolari alla superficie liquida) e di spostamenti periodici
longitudinali (paralleli alla superficie liquida) che danno luogo a moti
circolari, con raggi decrescenti al crescere della profondità, se questa è
molto maggiore della lunghezza d'onda (distanza in orizzontale tra due creste o
due ventri consecutivi) ed a moti ellittici (con assi maggiori e minori di
lunghezza decrescente al crescere della profondità, se questa è minore della
lunghezza d'onda. In altri termini, per effetto del moto ondoso, le particelle
liquide si spostano periodicamente dall'alto verso il basso e dal basso verso
l'alto e longitudinalmente in entrambi in sensi, descrivendo circonferenze o
ellissi. Pertanto, a differenza delle onde sonore ed ultrasonore (ultrasuoni)
che si propagano sempre longitudinalmente, essendo generate dalle periodiche
compressioni ed espansioni del mezzo elastico liquido, le onde meccaniche
generate da un sasso o dall'impatto del vento o di un altro corpo contro la
superficie liquida consistono sempre in una composizione di moti periodici
longitudinali e trasversali delle particelle liquide.
- L'effetto
fotoelettrico fu scoperto da Hertz nel 1887 osservando l'intensificazione delle
scintille prodotte dal suo risuonatore elettromagnetico quando esso veniva
investito dalla radiazione ultravioletta prodotta dalle scintille
dell'oscillatore utilizzato per generare le onde elettromagnetiche. Wilhelm
Hallwachs , allievo di Hertz, nel 1888 verificò che una lamina di zinco, dopo
essere stata caricata negativamente, si scaricava quando veniva investita dalla
radiazione luminosa e che in particolare il fenomeno di scarica avveniva molto
rapidamente illuminando la lamina con la radiazione ultravioletta prodotta
dall'arco voltaico. Nello stesso anno Augusto Righi, presso l'Università di
Bologna, indipendentemente da Hallwachs, realizzò la prima “pila fotoelettrica”
e denominò effetto fotoelettrico il fenomeno per cui, per effetto della
radiazione ultravioletta prodotta dall'arco voltaico, si generava una
differenza di potenziale tra una lamina metallica ricoperta di selenio ed una rete metallica
disposta parallelamente ad essa, riuscendo a collegare in serie più elementi
fotoelettrici dello stesso tipo, le cui lamine , investite dalla radiazione
ultravioletta, perdevano cariche negative generando una differenza di
potenziale di contatto con la rete metallica antistante. La lamina ricoperta di
selenio emetteva cariche negative (elettroni) caricandosi positivamente ed
assumendo un potenziale positivo rispetto alla rete metallica ad essa collegata,
in modo analogo all'effetto osservato da Volta, che rilevò con uno speciale
elettroscopio a foglie di sua invenzione (elettroscopio condensatore) il
potenziale positivo assunto da un pezzo di zinco posto in contatto con un pezzo
di rame. Lenard nel 1902 , dopo la scoperta dell'elettrone da parte di J.J.
Thomson nel 1897, identificò come elettroni le particelle emesse da una
superficie metallica illuminata e misurò lo stesso rapporto (e/m) carica/massa
fornito da Thomson. Infine studiò quantitativamente l'effetto fotoelettrico
ricavandone sperimentalmente le leggi, ma non riuscendo ad inserirle in un
contesto teorico atto a spiegarle.
In particolare, scoprì che l'energia
cinetica dei fotoelettroni emessi dal fotocatodo di una cella fotoelettrica,
mentre è indipendente dall'intensità della radiazione, aumenta (dal
rosso all'ultravioletto) al decrescere della lunghezza d'onda della radiazione
utilizzata. Scoprì inoltre che l'effetto non ha luogo al di sopra di una
lunghezza d'onda massima (lunghezza d'onda di soglia, caratteristica di ciascun
metallo) e che l'intensità della corrente fotoelettrica è direttamente
proporzionale all'intensità della radiazione e non dipende invece dalla
lunghezza d'onda.
Fu Einstein nel 1905 a fornire con l'ipotesi dei fotoni,
pacchetti con un contenuto di energia elettromagnetica direttamente
proporzionale alla frequenza della radiazione, la spiegazione chiara e completa
delle leggi ricavate dalle esperienze di Lenard.
Gent.mo Giuseppe,
- Una sezione dell'avvolgimento
rotorico di un motore a c. c. , cortocircuitata temporaneamente da una spazzola
che metta in contatto due lamelle consecutive del collettore, essendo sede di
una f.e.m. indotta E = - dF (B)/dt generata (per la
legge di Faraday-Neumann-Lenz) dalla variazione (per effetto della rotazione)
del flusso d' induzione magnetica F (B) concatenato
alle spire della sezione, dà luogo al passaggio di una corrente di
cortocircuito che interagisce con il campo magnetico statorico, opponendosi
(per la legge di Lenz) alla causa che l'ha generata (la rotazione). Pertanto, al
cortocircuito delle spire di una sezione è associata una temporanea diminuzione
(variazione impulsiva) della velocità di rotazione per effetto della coppia
resistente (coppia frenante impulsiva). Durante il cortocircuito temporaneo
l'intensità di corrente nel circuito RL formato dall'induttanza L delle spire
coinvolte, collegata in serie con la loro resistenza ohmica R e con la f.e.m. E,
segue l'andamento tipico dell'extracorrente di chiusura di un circuito RL,
raggiungendo il valore a regime dopo un tempo pari a circa 5 volte la costante
di tempo L/R. E poichè, per la presenza del materiale ferromagnetico del rotore,
la sezione è assimilabile ad un solenoide dotato di un nucleo di materiale
ferromagnetico, l'induttanza L (coefficiente di autoinduzione) è relativamente
grande rispetto alla resistenza ohmica R che, se c'è spazio disponibile nelle
cave rotoriche, può essere leggermente ridotta maggiorando la sezione del
conduttore. Con questo accorgimento, non soltanto si ottiene un minore
surriscaldamento dell'avvolgimento (per la minore potenza dissipata per effetto
Joule), ma essendo grande la costante di tempo L/R, l'intensità di corrente
durante il cortocircuito temporaneo delle spire non ha a disposizione tempo
sufficiente per raggiungere il valore a regime E/R. Di conseguenza, se la
corrente di cortocircuito si riduce grazie al grande valore di L, diventa
trascurabile la diminuzione impulsiva della velocità di rotazione per effetto
della trascurabile coppia frenante impulsiva, il che consente anche di ridurre
il ritardo nella risposta del sistema rotante sottoposto alla coppia motrice
.
Al venir meno del cortocircuito delle spire, dopo lo spostamento della
spazzola sulla successiva coppia di lamelle del collettore, si determina una
variazione di flusso d'induzione così rapida che si genera per autoinduzione
tra le lamelle precedentemente cortocircuitate una differenza di potenziale più
che sufficiente a far scoccare una scintilla a causa dell'extracorrente di
apertura. Questa è la causa dello scintillio che si osserva nei motori a
collettore di tipo universale utilizzati in vari elettrodomestici (frullatori,
aspirapolvere, ecc...).
Tanti cordiali saluti.
1) Per quanto
concerne la distanza massima tra le sferette si tenga presente che sono stati
realizzati speciali rocchetti di Ruhmkorff della lunghezza di alcuni metri e
capaci di generare scariche elettriche di lunghezza compresa tra 50 cm e 100 cm,
con tensioni massime di alcuni milioni di volt. Considerando che la distanza
minima dmin tra le sferette, necessaria per l'innesco della scarica, dipende
dal rapporto E/p tra il campo e elettrico E generato dalla d.d.p. V tra le
sferette (fornita dal rocchetto) al momento della scarica e la pressione p del
gas , che il campo elettrico E ha un'intensità E = kV/d (espressa in volt/metro)
(k è una costante di proporzionalità che dipende dal raggio delle sferette)
direttamente proporzionale a V ed inversamente proporzionale alla distanza d
tra le sferette, e che inoltre, a causa della grande resistenza ohmica R del
sottilissimo conduttore dell'avvolgimento secondario (costituito da un numero
di spire tanto più elevato quanto maggiore sia la lunghezza della scarica, fino
ad un massimo di alcune decine di migliaia),la caduta di tensione RI che si
verifica al momento dell'innesco della scarica, per effetto dell'intensità di
corrente I , è anch'essa notevole, si comprende come sia necessario compensare
in fase di progetto il calo di tensione RI aumentando opportunamente la d.d.p.
a vuoto (forza elettromotrice) Vo ,generata dal rocchetto prima dell'innesco
della scarica, cioè quando è nulla l'intensità di corrente I, al fine di
ottenere tra le sferette, anche dopo l'innesco, una tensione V = Vo - RI più
che sufficiente al mantenimento della scarica. Il fatto che il tasso di
ionizzazione del gas dipenda dal rapporto E/p (legge di Paschen), si spiega
considerando che la percentuale di molecole ionizzate (che determinano
l'innesco della scarica) cresce, con una distanza d costante tra le sferette,
al crescere del cammino libero medio delle molecole tra due urti consecutivi,
quindi in modo inversamente proporzionale alla pressione del gas, e che d'altra
parte, con p e d costanti, la suddetta percentuale è direttamente proporzionale
alla d.d.p. V = Ed/k e quindi al campo elettrico E . Dal tasso di ionizzazione
dipende direttamente la distanza dmin tale che per d maggiore di dmin, per una
data pressione p del gas, dati i valori della d.d.p. Vo (a vuoto) e del raggio
r delle sferette, la scarica non si innesca. Con Vo ed r costanti, per d minore
di dmin, aumentano il campo elettrico E = kVo/d (maggiore di kVo/dmin) ed il
rapporto E/p e si verifica l'innesco della scarica. Per l'aria a pressione
atmosferica, il minimo valore del campo elettrico necessario per l'innesco
della scarica è 30 kV/cm (rigidità dielettrica dell'aria).
Esempio: per
ottenere scintille lunghe 10 cm occorre una d.d.p. V di almeno (30 kV/cm x 10
cm) = 300 kV, da maggiorare opportunamente, per esempio fino a Vo = 600 kV, per
garantire il mantenimento della scarica nonostante la caduta di tensione
determinata dal passaggio della corrente di scarica.
Il rocchetto
Ruhmkorff (rocchetto di induzione), primo esempio di macchina elettrica statica
ad induzione da cui derivano concettualmente gli odierni trasformatori,
funziona in base alla fondamentale legge dell'induzione elettromagnetica (di
Faraday-Neumann-Lenz; http://www.peoplephysics.com/leggi-fisica8.html ). Il
funzionamento è il seguente:
L'avvolgimento primario, costituito da Np
spire (alcune decine) di conduttore isolato di grande sezione (qualche mmq) ,
avvolte su un nucleo di sezione S, costituito da fili di ferro dolce verniciati,
è percorso da un'elevata intensità di corrente impulsiva Ip ottenuta con un
interruttore elettromeccanico ad intermittenza che richiama alla mente sia
l'elettromeccanismo a vibrazione tipico di un campanello elettrico sia il
sistema di accensione della miscela aria-benzina in un motore a scoppio
(costituito dalla bobina di accensione e dal ruttore). Le periodiche, rapide
variazioni del flusso di induzione magnetica F(B) =
NpSIp concatenato alle Np spire del circuito primario, generano per induzione
elettromagnetica una piccola f.e.m. (Es = NpSIp/Dt,
dove Dt è la durata della fase di apertura
dell'interruttore della corrente primaria) in ciascuna spira dell'avvolgimento
secondario, costituito da un numero molto elevato (fino a parecchie decine di
migliaia) Ns di spire di conduttore sottilissimo isolato (con diametro intorno
a 0,1 - 0,2 mm). Le f.e.m. indotte nelle Ns spire si sommano come quelle di
tantissime pile collegate in serie generando un'elevatissima d.d.p. di
potenziale Vo = NsEs . Se, per es. Np = 100 spire, Ns = 50000 spire, S = 5 cmq
= 0,0005 mq, Ip = 1A, Dt = 0,05 s, si ha: Es =
NpSIp/D = 100 x 0,0005 x 1 /0,05 = 1 V. Pertanto Vo =
NsEs = 50000 x 1 = 50000 V. Da notare che, essendo la durata della fase di
chiusura dell'interruttore maggiore di quella della fase di apertura, la
tensione secondaria Voc indotta dalla variazione della corrente primaria
durante la fase di chiusura è molto minore di quella indotta Voa durante la
fase di apertura, che è molto breve essendo determinata dal tempo di ritorno di
un contatto a molla nella posizione di equilibrio. Inoltre, poichè la corrente
indotta, per la legge di Lenz, tende sempre ad opporsi alla causa che l'ha
generata, la corrente secondaria che percorre il circuito secondario che viene
chiuso dallo scoccare della scintilla circola in verso tale da generare un
campo magnetico che si opponga alla diminuzione del flusso magnetico
concatenato al circuito primario causata dall'apertura di questo. Il circuito
primario, costituito da poche spire di filo grosso e caratterizzato da una bassa
resistenza R (inferiore a 1 ohm), può essere chiuso sulla batteria di f.e.m.
Vbb che lo alimenta senza che si verifichi un cortocircuito (con I =
Vbb /R), grazie al fatto che, chiuso il circuito per mezzo
dell'interruttore,l'aumento dell'intensità di corrente durante la fase di
chiusura viene notevolmente limitato al valore Ip, considerato in precedenza e
molto minore del valore a regime Vbb /R (legge di Ohm) , dalla
f.e.m. di autoinduzione , indotta cioè dal circuito su se stesso, per la legge
di Faraday-Neumann-Lenz. Questa f.e.m. di autoinduzione, che si genera per
effetto della chiusura del circuito e del conseguente aumento di flusso
magnetico a partire dal valore iniziale nullo, è inizialmente così grande
(all'inizio della fase di chiusura) da bilanciare esattamente la f.e.m. della
batteria Vbb . Successivamente decresce con legge esponenziale
tendendo ad annullarsi dopo un tempo pari, in pratica, a circa cinque volte il
rapporto L/R tra il coefficiente di autoinduzione L (che cresce con il quadrato
del numero delle spire e con la sezione S del nucleo). Nel caso del rocchetto
di Ruhmkorff, essendo molto grande il tempo 5L/R necessario alla corrente
primaria per raggiungere l'elevato valore a regime che le compete in base alla
legge di Ohm ( Vbb /R ), rispetto alla piccola durata della fase di
chiusura imposta dall'interruttore a vibrazione, si raggiunge al termine della
fase di chiusura un'intensità di corrente Ip molto minore del valore a regime
Vbb /R Se, per esempio, Vbb = 10 V , R = 0,1 ohm, 5L/R =
0,5 s e la durata della fase di chiusura è tc = 0,02 s, l'intensità di corrente
viene limitata al valore Ip = (10/0,1) x 0,02/0,5 = 100 x 0,04 = 4 A, invece di
assumere il valore ohmico a regime di 100 A ! Ecco perchè si può collegare una
pila ad un filo chiuso avvolto a spire (solenoide) su un nucleo di materiale
ferromagnetico, purchè la corrente possa essere fatta passare ad intermittenza
con una durata della fase di chiusura molto minore dell'intervallo di tempo
necessario alla corrente, in funzione del numero delle spire avvolte, per
raggiungere il valore ohmico a regime. E' questo il principio di funzionamento
del trasformatore ,con la differenza che nell' avvolgimento primario la
corrente non viene interrotta da un vibratore, ma segue le variazioni della
tensione alternata di alimentazione. E' questo uno dei motivi per i quali si è
adottato il sistema di distribuzione dell'energia elettrica in corrente
alternata invece che in corrente continua, per la grande semplicità di
funzionamento dei trasformatori che consentono, senza alcun organo
elettromeccanico, di elevare o ridurre la tensione alternata con due soli
avvolgimenti (primario e secondario) isolati tra loro e realizzati su un unico
nucleo di materiale ferromagnetico.